Sab 11 Nov 2006 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Riceviamo questo commento al libro Delle Onde e del Mare, e col permesso dell’autore lo pubblichiamo…

Delle Onde e del Mare

Caro Padre Luciano,

ho letto con attenzione e con passione il libro.

L’ho trovato molto bello, molto “interessante”,.. ma nonostante questo non pensato subito a scrivere un mio commento.

Occorreva che qualcosa d’altro accadesse!

Occorreva che cambiassi io!

In effetti tra quando ho letto il libro la prima volta (più di tre mesi fa) e oggi, io sono profondamente cambiato.

Ho dovuto distruggere alcune parti di me che erano davvero sbagliate, che erano croste che non mi permettevano di vivere, di vedere, di sentire.

Non che ora queste cose non esistano più, ma almeno mi sento in cammino!

Ma torniamo al libro:

Ora penso di poter dire che la chiave di volta è stata per me la sua personalità, intendendo con questo il suo stile che racconta tutto in I° persona, che parla di una persona che cerca, che si interroga, che è tormentata, che non ha pace.

Per chi conosce Padre Luciano non è difficile immaginarlo nei panni del protagonista, mentre si interroga sul senso della vita o del cammino religioso o anche mentre prepara una tazza di tè.

Ma credo che per tutti, o almeno per me, il fatto più importante è vedere se stessi in quei panni!

Ecco la svolta: questo cammino è qualcosa che risuona pienamente nel mio essere.

Non nella vita pratica, ovviamente, e neanche nelle scelte fatte, ma soprattutto nelle domande di fondo relative all’esistenza ed a questa impossibilità di trovare pace, se non continuando a domandarsi, se non continuando a muoversi sulla strada della ricerca dell’essere.

Questo è ciò che spalanca la porta alle mie domande e permette alla mia inquietudine ed ai miei frammenti di pace di specchiarsi in quelli del protagonista.

La cosa impressionante è il capire come le domande profonde siano in realtà pochissime; non più di 2 o 3. Pochissime cose che ogni volta ti sembra di “conoscere” e puntualmente capisci che ti sono sfuggite,.. che sei troppo piccolo per capirle.

Ma sono sempre quelle 2 o 3 domande che, pur sotto mille riflessi diversi, fanno andare avanti la tua esistenza.

Ecco come si presentano alla mia riflessione, in questo momento:

  • Il nulla e il vuoto.

Per lungo tempo ho considerato queste due espressioni come sinonimi. Ma la vita aveva in serbo qualcosa.

I momenti più bui, più difficili della mia vita sono quelli che associo istintivamente e razionalmente al “nulla”.

Diverse volte la vita mi ha portato sull’orlo di un precipizio e, sia che io ci arrivassi per errori miei, sia che qualcuno o qualcosa mi sospingesse, guardare giù e fissare il buio profondo è stata fuori da ogni dubbio l’esperienza più terrorizzante di tutta la mia vita.

E’ come cadere in un sogno, … o meglio non sei tu che cadi, ma è la realtà che si scioglie, si sfarina, si autodistrugge nella tua mente.

Tu cerchi qualcosa cui aggrapparti, un appiglio anche minimo, ma appena lo tocchi svanisce ed evapora..

Le cose che fai, le persone che ti stanno vicino, l’amore, le cose materiali che ti stanno attorno, mentre cerchi di toccarle con la tua mano ricoperta di sudore gelato, si disfano, rivelandoti di essere fatte di niente. Il nulla è il buco nero che inghiotte il mondo e l’universo intero.

Finché ti accorgi di esistere.

E ti sembra che l’unico punto per cui puoi uscire da questo incubo terrorizzante è quella minuscola fiammella che è accesa lì proprio al centro del tuo stesso essere e che, sola in tutto l’universo gelido, costituisce la ragione del tuo esistere.

Allora, piano piano, dopo essere precipitato all’infinito provi a ricostruire dentro di te un’immagine del mondo,… sapendo che tutto è niente, ma che tutto esiste in te perché in te esiste quella fiamma nel vuoto.

Quella fiamma, o meglio quella luce, o meglio ancora quel tepore nel mezzo del gelo è per me la rappresentazione più semplice e personale della mia comprensione di Dio.

Ovviamente non posso esprimere con le parole ciò che l’essere percepisce, ma posso solo avvicinarmi per immagini. Ebbene, quello che ho descritto è un procedimento di discesa nel fondo del mio essere in cui tutto si distrugge e poi si ricostruisce in maniera assolutamente e profondamente nuova e diversa.

Niente è più come prima!

Ora, parlare di “vuoto” dopo esperienze come questa ha per me due significati.

Da un lato ho una comprensione perfetta e inequivocabile di come occorra fare svanire il mondo e rifarlo davvero. E la vita mi pone continuamente di fronte a situazioni in cui è evidente che devo cambiare radicalmente.

Non solo; la vita mi invita a percorrere le sue strade, discendendo nel nulla da solo per poi risalire in un posto diverso…. E se io non lo faccio fa sempre accadere qualcosa che mi costringe a farlo.

Dall’altra parte la mia esperienza del nulla è di puro terrore!

E’ una cosa che, nonostante stia alla base della mia esistenza, vorrei evitare più di ogni altra.

Il solo pensiero mi fa venire i brividi. Ed i fatto di scrivere queste parole evoca la sensazione più brutta che io sia in grado di ricordare.

Questo mi ha spinto, negli anni, a costruire delle barriere, delle protezioni.

Mi ha costretto a costruire dei meccanismi che spengono il mio cervello dopo la seconda domanda del tipo: “ma in fondo questa cosa cos’è realmente? Posso appoggiarmici quando sono stanco?”

Siccome la risposta è sempre: “questa cosa è inconsistente, è niente, e se ti appoggi muori….” il mio istinto di sopravvivenza ferma la reazione termonucleare prima che sia troppo tardi, coprendola con una coltre immensa di cemento armato.

Finché il rischio non diventa l’asfissia.. allora si ricomincia.

Ecco allora la mia riflessione, dichiaratamente soggettiva e personale: il nulla e il vuoto sono i nomi di cose diverse.

Il nulla è nulla, è non-mondo, non-io, non Dio. E’ ciò che vedi mentre precipiti, è ciò che temi più di ogni altra cosa, è buio, è morte, è gelo.

Il vuoto è la strada per la comprensione della vita, è l’essenza della vita.

Il vuoto, nella mia esperienza, è ciò che resta quando togli tutto.

Il vuoto, in fondo, è ciò che cerchi quando ti siedi in Zazen o quando preghi profondamente. E’ il silenzio del mondo che ti fa sentire il riflesso di Dio al centro del tuo essere.

Ora, non è che la differenza è tra un niente “buono” (il vuoto) ed un niente “cattivo” (il nulla). La differenza sono io. E’ il mio operare soggettivo che fa la differenza: in un caso sprofondo in un mare totalmente fuori di me; nell’altro sono io che mi sforzo di togliere pezzi dal mio essere, … di non essere altro che ciò che già sono.

Il nulla è ciò che temo ma che, per fortuna, non posso affermare perché è fuori di me; il vuoto è ciò che resta quando ho tolto tutto da me. E’, in un certo senso, ciò che non posso affermare, è semplicemente ciò che va oltre al mio intelletto; ciò che va oltre il mio essere e quindi è il vero collegamento con l’essere universale.

C’è un’immagine che ricorre spesso nella mia mente (da una delle volte che sono sprofondato) ed è quella di noi esseri umani e di me come di zattere in mezzo al mare, al buio.

Noi non sappiamo né dove siamo, né dove ci spinge la corrente, né “perché”. Sappiamo che ci muoviamo e che abbiamo un limite e che se ci sporgiamo da quel limite sprofondiamo nell’abisso…

Ma questo non vuol dire che sprofondiamo comunque, non vuol dire che il mondo non è; vuole solo dire che ciò su cui poggiamo il nostro essere (l’acqua) ha una consistenza diversa dalla nostra (il legno), ma ciononostante ci dà sostentamento, scopo e direzione.

Non sappiamo se all’alba saremo in salvo sulla spiaggia, sfracellati sugli scogli o ancora in alto mare… e in verità non dipende da noi.

Possiamo solo ascoltare e intuire verso “dove” ci portano le onde.

Certo, la mia debolezza mi spinge a “fare delle preferenze”, mi spinge a sperare che il mondo SIA e non che NON SIA, e quindi mi fa scappare terrorizzato dal nulla e mi fa cercare il vuoto.. ma capisco anche che in realtà sono due fratelli, sono due porte sull’essere, una che passa da fuori ed una che passa da dentro, ma entrambe sono l’unica vera via per conoscere Dio dentro di te.

  • Deus Intimior

Una delle cose più sorprendenti è capire come al di fuori di te non esista nulla.. e dentro di te esista solo qualcosa che va oltre ciò che sei; qualcosa che puoi conoscere solo perché è dentro di te e non sei tu.

E’ davvero più intimo a te di te stesso.

In uno dei momenti di caduta libera ricordo che il destino (?!) mi mise in mano in modo apparentemente casuale un libro di Sant’Agostino

Da lì si formò in me l’immagine di quella fiammella.. di Dio che arde nel mio essere con una fiamma piccolissima, che io continuamente copro e soffoco, ma che continua ad ardere. E l’immagine di Dio, davvero fonte sia di me, sia del mondo fuori di me.

Infatti, quasi cartesianamente, non posso non affermare che io sono, ma anche che il mondo è.

E anche se niente di ciò rimarrebbe in piedi dopo due domande a me stesso ben assestate, è anche vero che mi sembra di essere fatto per ammirare non solo Dio dentro di me, ma anche le sue infinite e splendide forme fuori di me, che ora mi appaiono tutte scintillanti come le spade nelle fiabe sui cavalieri ed i principi azzurri!

  • La Bellezza

Certo, non sono io il motore di questo, dato che io stesso non sono niente se non Dio dentro di me.

Mi sembra di essere molto più d’accordo con chi afferma “cogitor ergo sum” che con l’originale… e mi lascio sopraffare…. mentre mi domando da cosa, mi accorgo di avere già la risposta: dalla bellezza.

Questo mi pare il vero motore della vita!

Questo mi pare il legame tra le forme che Dio costruisce dentro me con quelle che costruisce fuori.

Questo è il richiamo continuo tra le due vie che si intrecciano per portare al nocciolo: a Dio stesso.

Attraverso la bellezza del mondo superi i tuoi limiti, gli ostacoli, le paure; attraverso le sue forme intuisci il niente dentro e fuori di te che rimanda all’origine.

E soggettivamente senti la forza poderosa della vita, l’unica che sento con la stessa intensità quando ti spinge alla contemplazione, al silenzio, al vuoto o all’azione più sfrenata, all’annullamento di te quando sei travolto dall’onda della bellezza…

Certo, la bellezza è corrispondenza di forme profonde e quindi non è solo esteriore, non è solo superficie ma è legame tra essere-persona ed essere-mondo.

  • Deus Caritas Est

Ed eccolo, l’Amore! Forse l’amore non è altro che la Bellezza Suprema; il legame più diretto tra le diverse forme di Dio. E’ ciò che lega le forme più profonde, e quindi più vicine, a Dio stesso.

A me sembra che Amore e Bellezza non siano altro che diverse gradazioni o sfumature sulla scala dell’essere, così come lo sono luce e colore.

Allora non posso non pensare a quanta energia Dio usa per riempire il mio niente per legarmi alle persone accanto, ma ancor prima per legarmi a quella fiammella, di cui tutte le persone non sono altro che un pallido riflesso e non posso pensare a quanta differenza vi sia tra i noccioli delle forze e le loro superfici, ossia quanto amore vi possa essere nel mondo, una volta che uno riesca a superare i gusci che ognuno si costruisce intorno – proprio come me – per proteggersi dal nulla delle proprie paure!

Ma allora è su questo che bisogna costruire la vita!

  • Push e Pull

Ed eccomi arrivato ad uno dei punti cruciali, ossia la risposta alla domanda “Cosa devo fare, cosa è giusto? Che senso ha ciò che faccio?”

E’ ovvio che “agere sequitur esse”, ma man mano che mi allontano dal nucleo dell’essere e della questione, sento crescere il rischio di “sbagliare”, ossia di deviare, di porre qualcosa di me, qualche frammento di guscio..

E qui ritorno al libro.

Una delle riflessioni che mi ha indotto è quella sulla ricerca dell’escathon. Forse la mia cultura occidentale (ed ancor più il mio lavoro che ne è una derivazione diretta) mi spinge sempre a tendere verso un obiettivo, mi spinge a fare, fare, cercare di raggiungere, pianificare…

Ma l’essere viene da dentro, il senso va ascoltato. Non programmato!

E così mi sto sforzando di essere push e non solo pull, ossia di farmi spingere dal mio essere nella direzione che lui vuole, più che pianificare ciò che io voglio e poi cercare di raggiungerlo.

Vedo mille difetti, mille residui.. a cominciare dal mio Zazen, tutt’altro che senza scarto tra cielo e terra e sempre turbato da incessanti pensieri su ciò che sono o, peggio, su ciò che devo fare e per finire con l’organizzazione della mia vita in cui devo ancora trovare il modo di bilanciare l’essere ed il fare, il combattere l’ansia e le paure con l’ascolto ed il silenzio, l’amore e la bellezza con la fatica quotidiana che tende a fare spegnere tutto.

Ma almeno vedo un movimento, un tentativo, una vita che si muove… ed un pensiero che mi appare risuonare col mio.

Stavo morendo e stavo soffocando, mentre ora sono vivo, e nel percorso verso il nulla e ritorno questo libro e Padre Luciano hanno pronunciato la loro parola.

Grazie.

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