«Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato.
Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portane il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà».
* Il pensiero divino si fa carne: la testimonianza
«Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera». Gesù, che aveva detto di sé «lo sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), ora afferma che sarà lo Spirito a condurre i discepoli alla verità tutta intera. Aveva chiamato i discepoli incontrandoli lungo il suo camminare fra la gente, li aveva ammaestrati con cura rivelando loro i sensi profondi delle parabole, li aveva amati fino alla fine dando loro il suo corpo e il suo sangue in cibo e bevanda, li aveva costituiti pietra angolare della sua Chiesa! Eppure tutto ciò non era ancora la verità tutta intera. Egli dovrà separarsi da loro ed essi, privati del Maestro, dovranno attraversare il buio dello smarrimento! E lungo le curve della vita lo Spirito di Dio, la carità di Dio in persona, li forgerà alla completezza. Questo radunare presso di sé e poi affidare allo Spirito è «la via, la verità e la vita» del Cristo. Come ogni genitore che alleva i figli con sacrifici e poi li affida allo Spirito che li condurrà fuori dalla casa paterna e materna, attraverso i sentieri scoscesi della vita, affinché portino a maturazione la loro vocazione.
Lo Spirito è la coscienza divina che abita nel profondo di ogni coscienza; è il pozzo dell’acqua pura da dove si attinge da bere, è la falda profonda della vena acquifera che fa vivere l’universo. Lo Spirito è il seno materno di Dio. Lo Spirito è come vento che, soffiando, crea le cose e la comunione feconda fra le cose; come una madre partorisce i figli e poi la comunione fraterna che unisce i figli. Gesù disse: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,8). Non basta seguire Cristo, non basta appartenere alla Chiesa cristiana, non basta compiere rigorosamente le pratiche prescritte dalla tradizione per entrare nella verità tutta intera; bisogna affidarsi alla fantasiosa opera dello Spirito e lasciarsi plasmare, giorno dopo giorno, dal suo soffio creatore. Bisogna, in un certo senso, buttarsi oltre lo steccato religioso dove siamo cresciuti, e pascolare liberamente sui colli e nelle valli. Un giorno Gesù diede un severo avvertimento: «A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro» (Mt 12,32). Sì, perché bestemmiare contro lo Spirito Santo è bestemmiare contro la sua opera dentro di noi che ci guida a Cristo; è parlar male dell’orecchio che intende e dell’occhio che riconosce. Può vedere chi non ha l’occhio per vedere? Può udire chi non ha l’orecchio che intende?
Nell’opera dello Spirito, ciò che prima era creduto sulla parola del Maestro, ora lo è per intima convinzione. Se prima era la parola del Maestro che indicava la verità, ora è la verità interiore che indica il Maestro. Gesù parla della venuta dello Spirito Santo come dello svezzamento del discepolo. Seguendo Gesù, il discepolo diventa capace di ascoltare il Vangelo dalla stessa fonte da cui Gesù pure lo ascolta. Così Gesù che indica e i discepoli che ascoltano sono l’unico Cristo, nella comunione dello Spirito che anima Gesù a indicare e i discepoli ad ascoltare. Come un violinista, esercitandosi al suo violino, a un certo punto raggiunge la perfetta armonia col suo violino, sicché lo strumento violino e il musicista violino suonano in sintonia la stessa melodia. Così come il frutto diventa custode del seme che riproduce l’albero da cui è stato prodotto. Il frutto, quando è maturo, si stacca dall’albero, perché ormai ha dentro di sé la stessa vitalità che fa vivere l’albero, ossia il seme che riproduce l’albero. Allora, l’albero stesso lo lascia cadere; meglio, lo offre alla sua funzione.
«Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio». «Il consolatore»: questa è la traduzione del nome con il quale Gesù chiama lo Spirito che, nel testo originale del Vangelo suona: o Parakletos. Il Parakletos è colui o ciò che chiama in favore, che protegge, che incoraggia, che indica, che convince. A volte viene reso in italiano come Avvocato. C’è qualcosa che è più avvocato a favore di una realtà che il sapore e il profumo di quella stessa realtà? Il fiore finto ha colori che lo fanno assomigliare a quello vivo; o, nientemeno, ha colori ancora più sgargianti; ma è senza profumo. La vita è dura, ma il sapore e il profumo delle cose che maturano nella vita la consolano.
Anche il cammino di fede è verificato dal suo sapore e dal suo profumo, e non tanto dalle teorie che vengono costruite in favore di quel cammino. I veri testimoni del Cristo non sono i teologi, ma i mistici. Il mondo della fede rimane sempre misterioso e la nostra mente non potrà mai sondarlo. Tuttavia il sapore del cibo scaturisce proprio mangiando e il profumo si espande attorno mentre si cammina. L’uomo non può conoscere la verità affrontandola come in un duello, faccia a faccia; se così avvenisse, potrebbe carpirla e fame un suo ostaggio. La verità non svela mai al completo il suo volto, ma si lascia percepire attraverso il profumo che espande, passandole accanto. Anche un giovane e una giovane si accorgono di amarsi fino in fondo quando il loro incontrarsi non è più una serie interminabile di parole o di baci, ma è piuttosto silenzioso profumo del volersi bene.
Lo Spirito è il vento che disturba quando noi ci coccoliamo nella mediocrità; è la brezza che consola, incoraggia, dona energia quando l’asperità del cammino ci spossa. «Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera». Il cammino dentro la verità e verso la verità, non ha fine. Non esiste religione che possieda la verità tutta intera, perché non è qualcosa che possa essere posseduto. Come il cielo, se fosse rinchiuso in un pur vasto schema, non è più il cielo. Dobbiamo mollare la presunzione di raggiungere la verità e invece lasciarci guidare dallo Spirito. Così, per conoscere il cielo dobbiamo mollare la presunzione di contenerlo; invece dobbiamo respirarlo dentro e affidargli la nostra esistenza. La verità tutta intera è proprio questo dimorare nello Spirito. Se il vento si fermasse non sarebbe più il vento, né ci sarebbe più la vita. Ciò ci consola: il nostro peregrinare avviene nel vento dello Spirito. E lo Spirito non è l’opera delle nostre mani; ma l’energia che dà alle nostre mani la forza di operare.
p.Luciano
* Un cuore grande, un ascolto onesto, una testimonianza sincera
Una delle argomentazioni più radicali di chi si oppone al dialogo paritetico fra il cristianesimo e il buddismo è che tale dialogo è sostanzialmente impossibile perché il cristianesimo è religione rivelata da Dio all’uomo, mentre il buddismo è religione scoperta dall’uomo in se stesso: si tratta quindi di due piani diversi, incomunicabili.
Curiosamente, questa concezione è argomento a sostegno di un malcelato senso di superiorità, sia da parte del cristiano che da parte del buddista: per il cristiano che, depositario e latore della rivelazione divina, si sente con le spalle al sicuro proprio per essere stato scelto da Dio come ricettore della sua rivelazione; per il buddista che si fa forte di non aver bisogno di riferimenti esterni a sé, e di trovare in se stesso la porta della liberazione. Cosicché, mentre si nega la possibilità del dialogo per manifesta differenza di livelli, si riscontra identità al livello più basso, quello del senso di superiorità uno sull’altro. Così aumentano confusione e pregiudizio: le possibilità e le prospettive di un dialogo che di fatto avviene ce le indicherà la realtà storica che si avvera, la quale è più forte, e soprattutto più efficace di tutte le elucubrazioni e le argomentazioni a favore o contro.
Piuttosto, è interessante notare che l’enunciazione della rivelazione trasmessa dal cristianesimo con la Pentecoste smonta qualunque possibilità di fondare un senso di superiorità sulla rivelazione stessa.
La Pentecoste è l’evento che completa e perfeziona la rivelazione biblica: credo che su questo punto non ci siano obiezioni di sorta. La discesa dello Spirito che procede dal Padre per mezzo del Figlio è l’evento che rende prima di tutto i discepoli di Gesù e poi ognuno partecipe e testimone del piano divino: «Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio». L’apice della rivelazione non è la venuta di Gesù Cristo, che chiama Padre Dio e che Dio chiama Figlio, ma la venuta dello Spirito, che testimonia la verità al cuore e nel cuore di ciascuno. Quella verità che neppure il Vangelo può contenere tutta intera, nella sua multiformità: e questo lo attesta il Vangelo stesso: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera».
Per lasciarsi guidare alla verità tutta intera ci vuole un cuore grande: non può bastare un cuoricino angusto che divide ciò che è grande da ciò che è piccolo in base ai criteri che gli sono congeniali e favorevoli. Un cuore grande, infatti, è proprio il cuore che non discrimina il piccolo dal grande: qui la testimonianza del buddismo e del cristianesimo è unica. Nel buddismo grande non è tale in rapporto a piccolo, ma è ogni cosa nella sua autenticità, quando non è definita o riconosciuta in relazione alle altre cose, ma nel suo valore e nella sua dignità intrinseca, unica e assoluta, che è sempre grande. Nel cristianesimo, è Gesù stesso a scompaginare una visione relativistica di grande e piccolo, definendo il più grande colui che è piccolo come un bambino. Per lasciarsi guidare alla verità tutta intera non ci vuole un cuore che si senta depositario del grande in rapporto a chi è depositario del piccolo: un cuore simile non è abbastanza grande.
Solo un cuore così grande da essere umile può accogliere la verità tutta intera: la quale è cammino a venire e non definizione compiuta. Perchénon parlerà da sé,ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Lo Spirito parla perché ode: lo spirito che non ode non parla. Così funziona anche il cuore: se non ode, non può accogliere la testimonianza dello spirito. Chi non ode, se parla, parla per sé: solo chi ode rende testimonianza in base a ciò che ha udito. Tutto si fonda sull’onestà dell’udito: è questa onestà dell’udito che rende grandi e uguali, ugualmente grandi, tutti i testimoni della verità. Chi ode silenzio, testimonia silenzio: chi ode parola, testimonia parola: la parola non è più grande del silenzio, il silenzio non è più grande della parola: grande è ogni testimonianza vera di un ascolto retto. Lo spirito non ode e non annunzia le cose passate, ma le cose future, le cose che vengono,come si esprime il testo greco. E le cose che vengono sono cose nuove, che prima non c’erano, che man mano si fanno presenti: non dobbiamo giudicarle con parametri vecchi.
Ciò che lo spirito ode non è mai farina del sacco dell’io: l’orecchio dello spirito non è sintonizzato sulla banda dell’io, perché lo spirito sa che la musica dell’io è inaffidabile: lo sa l’orecchio che ode lo spirito parlare la lingua di Cristo, lo sa l’orecchio che ode lo spirito parlare la lingua di Budda. La Pentecoste ci mostra il preambolo necessario, che predispone e rende possibile ogni dialogo della verità: un cuore grande, un ascolto onesto.
Poi la specificità, la parte di ciascuno, che dà senso al dialogo in quanto rapporto con l’altro: la testimonianza sincera. «Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà». Lo spirito che annunzia la verità al cuore che ode, testimonia che la verità è indivisibile e contiene tutta la verità. Quando annunzia la Pasqua di Cristo, annunzia tutta la verità: annunzia che nella Pasqua di Cristo c’è tutta la verità, quindi anche il risveglio di Budda. Questa la testimonianza che il cristiano ode dallo spirito e attesta, e che il buddista deve ricevere da lui.
Ma è la stessa Pentecoste, discesa dello Spirito della verità, a testimoniarci che lo spirito che annunzia, al cuore che ode, il risveglio di Budda, annunzia tutta la verità: nel risveglio di Budda c’è tutta la verità, quindi anche la Pasqua di Cristo. Questa è la testimonianza che il buddista ode dallo spirito e attesta, e che il cristiano deve ricevere da lui. Finché non ci accorgiamo che il nostro cuore deve farsi così umile da divenire così grande da aprire l’orecchio all’ascolto della testimonianza incondizionata della verità che lo Spirito attesta, anziché limitarsi all’ascolto di definizioni precostituite della verità, è più onesto astenersi da ogni dialogo che altro non sarebbe che scambio di monologhi fra sordi.
Jiso
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