Riporto – senza commentarla – una notizia del Corriere della sera di oggi 26 agosto 2007. Credo che non occorra commentarla perché un fatto del genere si commenta da solo. Pierinux
MILANO —Aborto selettivo, con un doppio dramma. Una donna incinta di due gemelli — uno sano e l’altro con malformazioni — decide di abortire il feto malato. Ma per errore i medici eliminano quello sano. È successo all’ospedale San Paolo di Milano, duemila parti l’anno per settecento interruzioni di gravidanza. Italiana, 40enne, la donna scopre dopo il terzo mese di gravidanza che uno dei due gemelli in pancia è destinato a nascere con gravi handicap. Di qui la difficile decisione di tenere solo il bebè senza problemi.
Gli esami per la diagnosi prenatale non lasciano dubbi: uno dei due ha alterazioni cromosomiche inequivocabili, per l’altro invece non vengono riscontrate malformazioni. Purtroppo, però, i due feti morfologicamente sono uguali. L’ecografia non permette di evidenziare nessuna differenza: identica la lunghezza degli arti, lo stesso vale per sviluppo delle ossa e degli organi. Quando la donna entra in sala operatoria, i medici sanno solamente che devono intervenire sul feto posizionato a destra (o viceversa).
Nel frattempo, all’interno della placenta, i due si sono invertiti. Questa almeno l’ipotesi, al momento, più accreditata. Le analisi fatte dopo l’aborto sono da choc: in pancia è rimasto quello malato. Con ogni probabilità, la donna ha fatto, nei giorni seguenti, un’ulteriore interruzione di gravidanza. Questa volta sul feto con malformazioni. Sulla vicenda è stata, poi, sporta denuncia alle forze dell’ordine. Il medico che ha praticato l’aborto — anche lei donna — è considerata un’esperta. È una ginecologa universitaria che per anni ha lavorato con Giorgio Pardi, uno dei più noti abortisti d’Italia (scomparso a maggio). Per il San Paolo lo sbaglio è legato all’eccezionalità della situazione: un solo gemello con gravi handicap, ma con le stesse sembianze dell’altro.
L’ospedale, tra i più quotati della città, ha avviato, comunque, un’indagine interna. Ma il caso è destinato a sollevare un acceso dibattito bioetico, come già accaduto per l’aborto selettivo del Sant’Anna di Torino nell’ottobre 2000 (un feto era stato sacrificato per tentare di salvarne altri tre). La 194 del ’78 prevede l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni. Dopo scatta — come sembra nel caso in questione — l’aborto terapeutico, previsto in due circostanze: a) quando la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la vita della donna; b) quando sono accertate malformazioni del nascituro, che possono provocare problemi per la salute fisica o psichica della donna.
Alberto Berticelli, Simona Ravizza – 26 agosto 2007
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