lettera
Vangelo e Zen
Vangelo secondo Luca 14, 1a.15-24
LNelle chiese cattoliche del mondo il 1 novembre è la Festa dei Santi, anche se cade in domenica; invece a Milano la domenica di turno ha la precedenza sulla festa. Il Vangelo che questa domenica ci regala è la parabola degli invitati al banchetto offerto da un signore che nella parabola indica Dio. Il banchetto è il simbolo della festa dell’esistenza compresa come comunione. Gli invitati di riguardo rifiutano l’invito, perché impegnati nei loro affari: chi ha comperato un campo e chi 5 paia di buoi, chi ha appena preso moglie. Comunque, tutti sono impegnati nelle loro cose e vicende. Per questi la vera natura della vita è gli affari privati e individuali. Il banchetto della comunione viene dopo: è solo un accessorio alla vita che rimane fondamentalmente affare privato. La ricchezza e gli onori del loro rango hanno spento o soffocato il gusto di stare assieme agli altri, se non c’è nulla da guadagnare.
Allora quel signore, Dio, dà ordine di chiamare al banchetto “poveri, storpi, cechi e zoppi” e, siccome la sala non è ancora piena, dice ai servi di uscire “lungo le strade e le siepi” e spingere ad entrare chiunque incontrassero. Lungo le strade e le siepi, allora come adesso, non si trovavano persone così per bene! Secondo Matteo, Gesù iniziò la predicazione del Vangelo gridando: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. I poveri sono quelli che accettano l’invito ed entrano alla festa. Per fare festa bisogna sperimentare la povertà: sperimentare la fame per gustare il cibo, la sete per brindare con allegria, il peccato per gioire all’incontro con la grazia. Per Gesù, l’accumulo delle ricchezze che ruba all’uomo l’esperienza di aver bisogno dell’altro e gonfia di presunta autosufficienza è maledizione. “Guai a voi ricchi perché siete sazi” (Luca 6,24-25).
La tentazione dell’opulenza disturba la società, la religione, l’individuo. Noi critichiamo quei gruppi sociali o nazionali che respingono i poveri che hanno attraversato il mare in cerca di un pezzo di pane. Critica sacrosanta, condivisa da chi si dice religioso come da chi si dice ateo. Eppure, il Vangelo indica qualcosa di ancora più radicale: annuncia la beatitudine di chi non si arricchisce, perché ha compreso in radice che la vita non è per arricchirsi, nemmeno per aiutare gli altri con le proprie ricchezze. La vita è vera e beata quando non è disturbata dall’ansia dell’accumulo e ogni giorno si esaurisce nella sua pena. Beata è l’umanità quando non ci saranno sperequazioni sociali che dividono in ricchi e poveri, nemmeno nei ricchi buoni che aiutano i poveri.
La tentazione dell’opulenza disturba le religioni, che credono di esistere per aumentare il numero dei fedeli e, quindi, il loro potere spirituale. Fortunatamente il buon diavolo dell’antireligione si intromette e purifica. La forte affermazione di Gesù: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Marco 2,27) non ha trattenuto la chiesa dal cedere alla tentazione dell’opulenza spirituale. Anche ciascuno di noi è continuamente sfidato dalla tentazione della sua privata opulenza, spirituale e materiale. L’arricchimento privato o famigliare è la vera aspirazione e gioia; la festa della comunione esistenziale è solo un accessorio: quel tanto di volontariato che arricchisce il nostro nome e la quiete della nostra coscienza. Quanto ci è difficile credere che la nostra vera dimora è la comunione! Eppure, il Vangelo comincia da lì: “Beati i poveri in spirito …”. Il comunismo storico è fallito e molti ne hanno goduto. Doveva fallire, perché senza cuore. Eppure, diceva papa Giovanni Paolo II, il comunismo fu un errore, ma fu necessario.
L’uomo ha un cuore e l’umanità ha un’anima universale. Il Vangelo annuncia che quest’anima è la stessa anima di Dio: lo Spirito Santo. Il cuore di ognuno è fatto pulsare da una fiammella di quell’unica grande fiamma. La nostra vera natura è la comunione, la reciprocità, l’armonia. Il povero in spirito è beato; sì, perché lui è il se stesso che tutto e tutti gli chiedono di essere, come ogni stelo d’erba del prato è la sua unicità che abbellisce il grande prato. Là dove individualità e comunione si identificano, c’è beatitudine. L’amore verso gli altri e verso sé è uno. E’ la figliolanza divina.
Voglio testimoniare la bellezza della celebrazione eucaristica domenicale, dove bambini e anziani, credenti convinti e credenti che dubitano, persone devote e distratte, santi e peccatori, partecipano all’unica festa della comunione esistenziale. Il pane e il vino, il cibo e la bevanda, sono il sacramento della comunione in cui l’un e l’altro sono reciprocamente alimento. Che perdita umana quell’ansia lavorativa e di altro genere che ci dissuade dall’esperienza comunitaria della messa! Come se quel lasciarsi fagocitare dagli affari privati ci facesse guadagnare gioia di vivere! Come se l’ansia di eccellere sugli altri ci donasse amabilità e pace! Chissà se al funerale di un ricco c’è qualcuno con lacrima agli occhi! “Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena”.
Termino con una notizia che mi conforta e mi incoraggia. Dal 1 novembre, Giuseppe Jiso Forzani è nominato Direttore dell’ufficio di coordinamento dello Zen dell’Europa, che ha sede in Parigi. E’ la prima volta che l’incarico di guida del cammino Zen di un intero continente è affidato a un non giapponese. A Jiso tutti i nostri auguri. La notizia testimonia la natura universale e moderna dello Zen. Questa notizia mi reca profonda gioia. Dal settembre 1993 al giugno seguente sono stato ospite del monastero zen Stella del Mattino nelle Marche condotto da Jiso, e ogni giorno assieme abbiamo praticato le 2 ore di Zazen dalle 5.00 del mattino, e la sera un’ora di Zazen e la celebrazione eucaristica. Insieme abbiamo aperto la casa di Galgagnano alla pratica dello Zazen e del Vangelo e abbiamo commentato i Vangeli e alcuni testi di Dogen. Jiso è pure confondatore dell’associazione Vangelo e Zen che anima la Villa Vangelo e Zen di Desio. A Jiso l’augurio di continuare a testimoniarci uno Zen semplice, che parla al cuore di noi europei senza deturpare la nostra radice occidentale: uno Zen amico di Gesù e che, con Gesù, è amico dell’uomo.