lettera
Vangelo e Zen
Vangelo secondo Matteo 22, 15-22
«Rendete a Cesare quello che è di Cesare,
a Dio quello che è di Dio»
Il Vangelo di questa domenica ci regala una notissima frase che Gesù disse quando gli chiesero se si deve o no pagare le tasse. Frase molto attuale, quindi, perché le tasse anche noi facciamo fatica a pagarle e spesso ci facciamo la stessa domanda: se proprio si devono pagare o no. Tutti sappiamo che l’evasione fiscale è uno dei tumori che corrode la nostra comunità nazionale. Tutti a parole la biasimiamo, ma quando dobbiamo aprire il portafoglio, la tentazione è sempre lì, con tutte le scuse già confezionate per giustificarci. Eppure, il seme del rispetto e della solidarietà non ha altro terreno per mettere radici che la nostra vita quotidiana. Beato chi a una cosa crede al punto da metterla in pratica senza pretendere che prima lo facciano gli altri. Beati coloro che sono i primi testimoni di ciò che credono.
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio”.
Forse nessun altro iniziatore di cammino religioso è stato così incondizionato dal potere politico come Gesù. Eppure, la chiesa cristiana ben presto ha stretto le mani con imperatori, re, politici. Alcune chiese cristiane hanno perfino consacrato il loro rapporto con l’autorità politica; basti ricordare quella anglicana che ha come apice l’autorità regale britannica. La chiesa cattolica, stando a questo aggettivo cattolico ossia universale, dovrebbe essere immune dall’adulazione politica. Invece, la tentazione si traveste in infiniti abbigliamenti, tutti con nomi religiosi. Ricordiamo bene il partito Democrazia cristiana. Anche tuttora alcuni partiti vantano origini cristiane e vari movimenti pretendono di tenere il piede contemporaneamente nella staffa religiosa e politica. Né vera politica, né vera religione.
Qualcuno ritiene che il papa possa meglio confermare la comunione ecclesiale, come disse Gesù a Pietro “Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32), se gode del titolo di capo di stato. Per lo meno siamo tantissimi che invece gradiremmo un papa senza stampelle politiche, ricco della sola povertà del Vangelo. Potrebbe essere che la discriminazione fra cattolici nazionalisti e cattolici fedeli al papa, di cui oggi l’autorità politica cinese fa abile uso – proclamando che il Vaticano è uno stato nemico perché riconosce Taiwan – tutta questa robaccia intrigata non avrebbe motivo di essere. E quel sacerdote e quella suora cinesi, messi a morte alcuni giorni fa perché fedeli al papa, sarebbero ancora vivi e dediti alla loro missione. Ovviamente non c’è cattolico che si riconosca nazionalista e senza il legame con tutta la chiesa e con il papa; ma ciò sarebbe più limpido, semplice, meno abusabile, se il papa non fosse un capo di stato.
Anche il Buddismo e, forse, tutte le religioni nella loro storia hanno compiuto atti di adulazione verso i potenti, da cui furono ricambiati con privilegi di ogni sorta. Non c’è una religione che sia innocente, immune da tale tentazione; perché nessuno, non certo il sottoscritto o ciascuno di noi, è immune da questa tentazione. Quando la legislazione statale proibiva il lavoro domenicale, compresa l’apertura dei negozi, indisturbati dal frastuono degli affari ci era molto più semplice e gradevole frequentare la messa domenicale ed, eventualmente, fermarci all’oratorio anche nel pomeriggio. Personalmente tuttora invoco il ritorno alla santa gratuità che caratterizzava il giorno del Signore. Ritengo questo ritorno una riqualificazione dei rapporti umani. Detto questo, il mio maestro mi dichiara: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio”. Ossia, mi raccomanda di non demandare al sistema politico ciò che invece deve rinasce solo attraverso la gravidanza religiosa della conversione. E’ stata debole la chiesa italiana che ha demandato l’istruzione religiosa confessionale al sistema scolastico statale; è stato debole lo stato italiano che ha demandato alla chiesa cattolica l’istruzione religiosa che è uno degli ambiti fondamentali del conoscere per chiunque, credente o no. Oggi siamo qui, con le classi spezzate in studenti che fanno religione e in esenti. E la religione stessa fa la brutta figura di materia secondaria, mentre riguarda la parte più intima degli uomini.
Certamente sia la religione, sia la politica sono al servizio dell’uomo. Come possono essere al servizio, se dobbiamo dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio? La tentazione è implacabile; riappare continuamente. Bisogna sperimentare in noi la genuina qualità umana, quella di Gesù, per riconoscere che la netta distinzione fra ambito religioso e politico è un bene sommo. E’ dignità! Grande maestro e testimone ne è l’albero. L’albero è la sua parte esteriore, fusto, rami, foglie, fiori, frutti ecc.. Contemporaneamente l’albero è la sua parte nascosta nel terreno: le radici. La parte esteriore richiama subito l’attività sociale, culturale ecc. che è l’ambito in cui agisce la politica. Le radici nascoste indicano molto bene l’attività religiosa. Le radici con tutte le loro forze fanno le radici, rimanendo sempre sotterra. Non balzano mai fuori pretendendo riconoscimenti: lo facessero morirebbero essiccate. Ugualmente il fusto e i rami con tutte le loro forze svolgono il compito di fare foglie, fiori e frutti. Eppure la funzione vitale dell’albero è una, comprende le radici come i rami. Quindi, anzitutto sia la religione sia la politica devono riconoscere volentieri la parzialità del loro servizio per l’uomo.
Dobbiamo curare il cammino di fede, attività intima e nascosta di ciascuno di noi. “Quando preghi, entra nella tua camera interna, chiudi la porta e prega nel segreto…” raccomandò il maestro. La fede è il flusso della comunione con Dio, che è più intimo a noi che non la nostra stessa anima. In chiesa dobbiamo preoccuparci di scendere nel profondo e non dobbiamo preoccuparci di programmare rivoluzioni sociali; ma piuttosto di nutrirci di quell’energia che, nel sociale, ci renderà rivoluzionari, quando occorre essere rivoluzionari. Nessun cambiamento sociale e culturale deve nascere come prodotto religioso; ma come gemma, fiore, frutto dell’uomo sociale e culturale che è tale grazie alla radice nascosta e che rimane nascosta. Paolo afferma che non è la circoncisione o la non circoncisione che conta, ma l’essere creatura nuova. In politica non occorre sbandierare l’appartenenza religiosa; anzi è di grande inciampo. Occorre una cosa sola: essere persona umana genuina, tanto genuina che per presentarsi non occorre dire la provenienza religiosa. Basta essere creatura nuova.
Crediamoci a questo Vangelo, in quest’epoca in cui l’uniformismo partitico dispensa dall’avere una radice propria, dal pensare in proprio.
p.Luciano
Innanzitutto, grazie per le belle riflessioni. Mi chiedo: da dove, da chi ci viene la forza di rimetterci in piedi dopo essere caduti, di continuare a cercare senza stancarci mai, nonostante gli insuccessi o le risposte non soddisfacenti? Siamo forse fatti per questo? Per non avere mai la risposta definitiva, perché la nostra fede sia costretta a vivere ogni giorno di se stessa, mentre va verso ciò che la oltrepassa? Forse in questo continuo interrogarsi (Ma Tu chi sei per me?) sta la nostra pace e, paradossalmente, la vera armonia.