lettera
Vangelo e Zen
sesta domenica del tempo di Pasqua
Nel Vangelo di oggi Gesù confida la sua nostalgia di ritornare dal Padre. Afferma: “Se mi amate, dovreste rallegrarvi che io vada dal Padre perché il Padre è più grande di me”. Si sentiva nomade, pellegrino verso ciò che è più grande; eppure viveva incarnato nel tempo e nello spazio della storia.
Così ci testimonia il modo di amare visceralmente ciò che è piccolo e limitato nella storia, proprio grazie alla intensa aspirazione verso ciò che è più grande, oltre la storia. Chi ha preteso di amare la storia senza aspirare a ciò che è più grande, ha finito per assolutizzare il suo punto di vista e, quindi, imporlo con la forza o gettando fango su chi non accetta. E’ l’aria che si respira a Milano in questi giorni di pre-ballottaggio. Il colpevole di tutti i mali è lo zingaro, l’immigrato, l’omosessuale, il mussulmano e, ovviamente, la fazione politica che dialoga con questi gruppi umani.
Venerdì scorso stavo scendendo la scala mobile per salire in metropolitana, quando un giovane africano mi raggiunse precipitosamente. Era avvenuto che, per il mio vizio di muovermi a scatti anche quando non c’è alcun bisogno, estraendo la tessera di abbonamento ai mezzi pubblici feci balzare fuori dalla borsa anche il salvadanaio di stoffa in cui tengo la moneta. Il salvadanaio era aperto e la moneta si sparse sul pavimento che, in quel momento, era pestato da una fila ininterrotta di passeggeri. Io non mi ero accorto di nulla. “Signore, le è caduto il portafoglio. Ho raccolto tutte le monete che ho trovato per terra. Eccolo”. Ci volle un istante per rendermi conto di ciò che mi era accaduto; poi non potei far altro che dire un grazie sincero al giovane africano. Questi annuì e subito si eclissò fra la folla. Avevo recuperato quasi tutti i circa 10 euro che tenevo nel salvadanaio; qualche euro deve essere rimasto tra i piedi dei passanti. 10 euro: poca cosa! Ma il gesto del giovane africano che ha spigolato i pochi euro tra i piedi dei passanti ed è corso a restituirmeli, mi commuove.
Il centro di Milano è tappezzato di manifesti elettorali. Quello più persistente dice così: “Con la sinistra (la controparte di chi ha messo i manifesti) ritorna l’abusivismo Rom”. Milano zingaropoli! Altri manifesti profetizzano la minaccia di terroristi. In altre parole, si vuole istigare nella gente la fobia verso gli zingari e altri gruppi umani affinché tale fobia si traduca in scelta politica condizionata dalla fobia. E’ triste che una città faccia le sua scelte politiche inzuppandole di fobia verso gruppi umani che pure la compongono. Certamente gli zingari con la loro cultura e abitudini comportano problemi alle nostre città. Il culto del maschio che vuole che siano le donne ad elemosinare lungo le strade non è accettabile; come pure la montagna di rifiuti che lasciano al loro passaggio. C’è senz’altro un cammino di integrazione da compiere. Due donne laiche consacrate vivono in una ex casa agricola a Porto di Mare, periferia Sud di Milano. Si dedicano alla scolarizzazione dei ragazzi nomadi. Hanno una convinzione: Se riusciamo a far assaggiare il valore della scienza e dell’arte ai ragazzi zingari, questi faranno valere il loro diritto allo studio. Nell’Epifania 2010 tre di questi ragazzi, coi capelli a lunghe trecce intrecciate, suonarono il violino in Duomo durante la messa presieduta dal cardinal Tettamanzi.
Noi che ci chiamiamo sedentari siamo nomadi che da una certa epoca in poi ci siamo fermati in un posto; ma il DNA nomade ci è rimasto nel sangue e di tanto in tanto esplode. Molti giovani italiani partono verso il Nord Europa o l’America, altri ancora verso l’Oriente o l’Africa. Dall’altra parte molti giovani giapponesi, sazi di formalità nipponica, salgono sugli aerei diretti ai paesi del Mediterraneo, Italia in testa. Nomadi per eccellenza sono i volontari e i missionari. C’è una buona dose di nomadismo in alcuni fenomeni discutibili o trasgressivi del nostro tempo. Un giovane che sfida il pericolo della corrente elettrica e di notte si inoltra nel deposito sotterraneo dei vagoni della metropolitana per segnarli con le sue scritte, anziché dormire in pace nella camera attigua a quella dei suoi genitori, è disturbato da un nomadismo represso. Nel bene o nel male siamo tutti nomadi, perché dentro di noi c’è come la memoria di un Eden perduto dove si poteva passeggiare liberi e contenti senza dover nascondere la propria natura con delle foglie di fico.
E’ la nostra natura nomade che alimenta in noi le passioni per l’arte e per le avventure naturalistiche e spirituali. Quando l’anima umana va a campi, le sue parole si fanno poesia, i suoi suoni si fanno musica, le sue immaginazioni si fanno affresco. Ogni anno la diocesi di Milano promuove il concorso di poesie e saggi scritti dagli immigrati, che poi raccoglie in un libro dal titolo IMMIGRANDO.
Una città che basa la sua politica sulla fobia dello straniero arresta la sua creatività e si chiude in un monocolore che, come le fotocopie, si fa sempre più sbiadito.
Passando davanti alla montagna di sale con cavalli, opera del Paladino, eretta davanti al Palazzo Reale al lato destro del Duomo, vedo i cavalli distrutti dai tifosi del Milan che così hanno voluto celebrare lo scudetto. L’anno scorso lo stesso vandalismo fu perpetrato dai tifosi dell’Inter contro edicole e altre strutture. Vedo qua e là tante discariche abusive di valori civili! Vedo tanta randagiosità nei gruppi umani, di cui io sono parte, anch’io con la mia parte di randagiosità. Gli alberi di un bosco si danno battaglia per non lasciarsi portare via dai rami del vicino il diritto di vedere il sole. Sono anch’essi randagi. Eppure il bosco è bello. Come trovare armonia senza reprimere o cacciare via?
Se penso al paradiso del Signore dove il peccatore che si converte porta una montagna di gioia, mentre i 99 giusti autosufficienti fanno solo numero e peso, mi viene da credere che il nomadismo ha a che fare con la santità. Anche Gesù, pur circondato dai suoi apostoli, si sentiva nomade. Sognava di andare in un mondo più grande: nel cuore di Dio. “Avete sentito quel che vi ho detto prima: Me ne vado, ma poi tornerò da voi. Se mi amate, dovreste rallegrarvi che io vada dal Padre, perché il Padre è più grande di me”. Il priore della comunità dei monaci benedettini di Taberine, Algeria, quelli del film “Uomini di Dio”, nel suo testamento aveva scritto: “In paradiso, comprenderò perché Dio ha voluto l’Islam”. E anche i nomadi!
E’ più vera e fiduciosa, più audace e pacifica, più realistica e speranzosa, la visione del mondo, religiosa o politica che sia, quando la si professa come la propria convinzione dal proprio angolo di vista, dentro però a ciò che è sempre più grande della propria convinzione e del proprio angolo di vista. Quel “sempre più grande”, creduto e amato, tiene la propria convinzione limitata dal proprio punto di vista duttile e viva. La custodisce nella custodia del suo limite, sempre aperto all’illimitato. Finché ci si accorge che anche il limite fa parte dell’illimitato. Così Dio vede gli uomini.
p. Luciano
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Lettera 29 maggio 2011