Riportiamo uno stralcio di un interessante articolo apparso su Adista, cui rimandiamo per una lettura integrale.
DOC-2364. ROMA-ADISTA. Se «la fedeltà alla Bibbia e al magistero della chiesa non è principalmente una questione di parole» – se, cioè, l’ortoprassi è davvero più importante dell’ortodossia – allora è assai probabile che una nuova definizione di una tradizionale verità di fede in grado di consentire una più profonda adesione al Vangelo possa essere considerata come una “reinterpretazione” fedele, ortodossa, di quella verità di fede, «indipendentemente dalla differenza sul piano terminologico». E indipendentemente anche dal fatto che tale nuova definizione possa nascere dal dialogo con un’altra tradizione religiosa. È qui, nel «tentativo di distinguere tra una nuova concezione della fede intesa come reinterpretazione o, invece, come rifiuto della fede stessa», che si sviluppa l’avventura spirituale del teologo statunitense Paul Knitter, uno dei massimi rappresentati della Teologia del pluralismo religioso, così come egli stesso la racconta nel libro Senza Buddha non potrei essere cristiano, appena pubblicato dalla casa editrice Fazi (Roma, 2011, pp.320, euro 19), seconda uscita della collana di libera ricerca spirituale “Campo dei Fiori”, diretta da Elido Fazi insieme a Vito Mancuso (e inaugurata dal capolavoro dell’ex frate domenicano Matthew Fox In principio era la gioia, v. Adista n. 33/11). Si tratta della testimonianza, personale e avvincente, di chi ha attraversato la frontiera del buddhismo per abbracciarlo e poi l’ha riattraversata per tornare alla propria religione: «Il mio dialogo con il buddhismo – si chiede l’autore – mi ha reso un cristiano buddhista? O un buddhista cristiano?
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