lettera
Vangelo e Zen
“Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli risposero: “Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?”. Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”
brano aggiunto (secondo Giovanni 5, 39-44)
“Gesù disse ai Giudei: “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?”
Ottenere la consapevolezza della verità è la molla della storia umana. Nulla ricompensa l’uomo come l’esperienza di sentirsi nella verità. Ma il raggiungimento di questa consapevolezza costa la vita e le sue innumerevoli prove, attraversate sulla navicella della libertà. E’ l’annuncio del Vangelo di questa terza domenica di quaresima: “Conoscete la verità e la verità vi farà liberi”.
Può l’uomo essere realmente vero e realmente libero? Oppure la consapevolezza di verità e libertà che raggiunge rimane pur sempre un’illusione? Certi incontri improvvisi e inaspettati hanno la forza di liberarci dalla morsa letale di questo dubbio e ci incoraggiano a credere che la verità c’è e l’uomo la può incontrare.
Mi ritorna alla mente l’episodio del clochard che tirava fuori dal cassonetto i resti di pizze e panini buttati dagli ospiti della vicina pizzeria e li spezzava ai colombi di Piazza Duomo, quella mattina in cui la piazza era coperta di neve gelata e a nessun turista veniva minimamente in mente di fermarsi a dare del mangime ai colombi affamati e, così, immortalarsi con la foto di questo suo gesto di bontà. Ricordate? Ne ho parlato nella lettera precedente.
Giovedì 15 marzo un altro clochard mi ha fatto intravedere la verità. Nel Corso Vittorio Emanuele, Milano, nei pressi della chiesa di San Carlo, sorge un piedistallo che riporta in rilievo metallico la mappa del centro della città. L’avevo sempre creduto un elemento decorativo, anche se alquanto stravagante. Quel giorno, passandovi vicino, vidi un signore, forse cinquantenne, che con un temperino stava pulendo le viuzze incavate nella lastra di metallo. I passanti vi avevano infilato i mozziconi di sigaretta e vi avevano gettato dei chewming gum. Lo ringraziai per il gesto volontario di pulire quel curioso monumento. “Questa lastra è la mappa dei ciechi. Toccando questi rilievi e leggendo l’alfabeto Morse che è inciso nei canaletti, capiscono il punto dove si trovano e verso dove devono andare- Ma se i canaletti sono ostruiti dai mozziconi, i ciechi si smarriscono”. Mi disse che veniva dal Brasile e che da anni dorme sui marciapiedi di Milano. Nel mentre la gente ci passava accanto frettolosa, stringendo borse firmate Armani, Zara, Rinascente…
Giovedì 21 marzo. Una signora si accosta al confessionale in duomo e mi chiede di benedire un rosario. E’ australiana e parla solo l’inglese. Gli australiani, com’è noto, hanno norme dure contro gli immigrati, quasi razziste. Per cui, recitando la benedizione mi viene spontaneo augurare che la preghiera del rosario, come una catena di fratellanza, unisca la ricca Australia ai bambini affamati dell’Africa. A quelle parole la signora piange e mi dice: “Io, australiana, ho amato un africano, l’ho sposato ed è il papà dei miei figli”. Mi inchino. Lasciato il confessionale, l’australiana si accosta a un uomo nero che l’attendeva e insieme vanno verso l’uscita del duomo. “Conoscete la verità e la verità vi farà liberi”.
Il Vangelo di Giovanni, scritto forse 50 dopo gli avvenimenti storici che riguardano Gesù, anziché distendere i discorsi di Gesù lungo i 3 anni di predicazione come fanno Matteo, Marco e Luca, compendia l’insegnamento di Gesù in due circostanze. La prima è la diatriba con i Giudei, la seconda è l’ultima cena. Praticamente, quando Giovanni scriveva, era venuto meno l’interesse alla cronistoria di Gesù, ed era cresciuto quello al nucleo del suo insegnamento. Nella diatriba coi Giudei Gesù parla a chi avversa il suo insegnamento; all’ultima cena parla ai discepoli, quindi a chi intende seguire il suo insegnamento. La quaresima è il tempo opportuno per coinvolgerci nella diatriba di chi avversa l’insegnamento di Gesù. Perché, di fatto, lo avversiamo un po’ tutti; per lo meno il sottoscritto lo fa.
Ci sono due espressioni nei brani di Vangelo sopra riportati che hanno la potenza di una catapulta sugli schemi del nostro quieto vivere. Sono:
- “E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?”;
- “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
Le due espressioni, benché registrate in capitoli differenti, si richiamano nel dirci un messaggio unico e fondamentale. Gesù grida ai Giudei che non potranno mai conoscere la verità, perché sono frullati dalla bramosia di cercare gloria l’uno dall’altro, per cui tutte le parole che si scambiano sono diplomaticamente soppesate in modo da procurare un ritorno di gloria e di compiacenza. Il vocabolo della lingua italiana che più fedelmente traduce questo atteggiamento è adulazione. L’adulazione devitalizza la parola dalla sua originaria carica di verità. Non c’è verità dove un interesse privato o personale condiziona il linguaggio. Ci vengono alla mente gli atteggiamenti dei politici che misurano non solo le parole, ma condizionano anche i giudizi allo scopo di confermare il loro potere e i loro interessi. Anche il principio della democrazia, ossia il misurare il bene e il male con il misurino del 50% + 1, si presta ottimamente a coprire con la quantità la mancanza di qualità. La verità è incondizionata dal numero di chi approva o disapprova! Gesù afferma che vi si accede soltanto posizionandosi davanti a Dio, alla condizione di non dire il nome di Dio invano; ossia, stando davanti a Dio, senza farsi alcuna immagine di Dio né nella mente né nel cuore. Il buddista dice: mollare tutto. Mollare tutto purché l’uomo non rimanga rinchiuso in un tutto ancora misurato dall’io che dice di mollare. La verifica che il mio ricercare la verità è vero è dato dal fatto che io, ricercando la verità, non assorbo dentro di me l’altro. Occorre l’altro che rimane altro, che non si riduce mai a me, per attraversare il confronto reale che introduce nella verità incondizionata. Quindi, la ricerca della verità esige l’esperienza del limite; anzi, il rispetto religioso del limite. Io mi conosco veramente, quando sono consapevole di ciò che non sono; e ne gioisco. Invece, quando la distinzione e il confronto evaporano nell’indistinto, dove non c’è più alcuna soglia che separa il fuori e il dentro, non rimane che monotonia e impercettibilità.
Qualcuno cerca quella religione che meno lo disturba; anzi, che gli dà appagamento. Ovviamente, quella religione per lui diventa l’unica vera; e questa supposta unicità lo dispensa dal confronto con le altre vie. I cattolici hanno il loro papa infallibile, i protestanti la loro bibbia infallibile, gli ortodossi la loro tradizione infallibile, i musulmani sono certi che Dio parla arabo, i buddisti detengono la chiave dell’illuminazione. L’uomo che cerca la verità nella religione, cerca la verità a basso prezzo, quasi la verità fosse una merce che si compera. Allora i salamelecchi abbondano. Allora si prende gloria gli uni dagli altri. Non è la religione che guida alla verità, ma è l’atteggiamento di fondo con cui si cerca la verità che conduce alla religione. La mancata esperienza della solitudine originaria in cui sostare ascoltando Dio prima di adorare Dio, assaporando la propria libertà prima che altri ci dicano come comportarci, questa assenza dell’esperienza della solitudine inaridisce la nostra anima. Che vale la luce di tutte le stelle del cielo, se questa piccola sfera che è l’occhio non si dischiude incondizionato a coglierla?
“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
p.Luciano
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