Anche l’ibiscus, pianta tropicale, coltivato in vaso davanti la nostra casa ha risentito dell’eccessiva calura di questi giorni. Chinando il capo alla veemenza dei raggi solari, ha lasciato cadere a terra i suoi boccioli prima di poterli dischiudere. Forse i boccioli si sono immolati per non succhiare l’energia della pianta madre svigorita dal sole. Tutto sa chinare il capo e attende il ristoro della pioggia.
Desio inizio estate 2012
Mi rimane impressa una espressione di Gesù ascoltata nel vangelo di giovedì 28 giugno. Eccola: “Beato chi non sarà scandalizzato in me!” (Luca 7,23). Nel vangelo di lunedì 2 luglio, Gesù afferma di parlare in parabole “affinché vedendo non vedano, e ascoltando non intendano” (Luca 8, 8,10). Sono frasi inconsuete al nostro consueto modo di pensare Gesù; eppure il vangelo sovrabbonda di inconsueto. Paolo nella prima lettera ai Corinzi parla del cammino di fede come scandalo. “Noi predichiamo Cristo crocefisso, scandalo…” (1 Cor 1,23). Quindi, il vangelo è scandalo; eppure, Gesù afferma: “Beato chi non si scandalizza”.
Chi si scadalizza, dopo tutto rimane nel suo consuetadinario. Infatti, facendo lo scadalizzato, uno si ritira nel suo consuetudinario e chiude la porta. Occorre, invece, stare di fronte allo scandalo senza fare lo scadalizzato. Come gli alberi di montagna che stanno nel bel mezzo della bufera senza fare la vittima. Occorre resistere. Per resistere senza scandalizzarsi, occorre essere convinti che rersistere è atteggiamento di fondo della vita quotidiana. Un augurio cordiale al popolo emiliano che, provato dal terremoto, ha proclamato di voler resistere.
Certamente il Gesù del Vangelo che parlava in parabole “affinché vedendo non vedano, ascoltando non intendano” risulta scandaloso verso tutti i catechismi che, invece, spiegano tutto così bene da lasciar intendere che se uno dissente merita l’inferno. Gesù non voleva i facili ho capito. Per Gesù la verità è qualcosa a cui ci si apre. Per Gesù l’esperienza del non intendere è la porta della comprensione.
La religione è intimamente uno scandalo. Infatti è la via alla verità universale percorrendo il sentiero della propria individualità nuda e povera. Se uno mi chiede perché credo nel Vangelo, e se a questa domanda io rispondo senza raggiri e imbrogli, non ho che da testimoniare che credo perché credo. Le tante prove riportate sui libri, compresa la Bibbia, oppure dall’insegnamento della chiesa, hanno un senso soltanto se io, di mio, glielo do. La religione è scandalo: infatti è fare esperienza della comunione universale abitando la tenda della propria solitudine esistenziale. E’ lo scandalo di accogliere l’universo dentro la nuda tenda della propria esistenza; ed è dischiudere la tenda della propria solitudine al coro celestiale.
La religione troppo spiegata, troppo ben riuscita, troppo d’accordo con la ragione, col tempo si svigorisce, come l’albero protetto nella serra. Sembra quasi che la religione finisca per ridursi lei stessa alla funzione della serra in cui l’uomo si rifugia per evitare l’urto dello scandalo. La religione paraurti! Certamente non fu questa la testimonianza di Gesù. Andava ripetendo a chi lo seguiva che le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido; ma il figlio dell’uomo non ha un sasso su cui posare il capo quando riposa. Noi lo chiamiamo Figlio di Dio; lui si diceva figlio dell’uomo. I teologi non hanno resistito allo scandalo dell’uomo nudo sulla croce, e lo hanno decorato di tanti e tanti titoli gloriosi. Ma sono titoli. Il loro valore è quello che ciascuno dà dall’interno della propria esperienza. Lo scandalo in religione è proprio questo: osare di dire verità universali, avendo come unica prova valida la voce della propria esperienza. E’ far passare l’universo attraverso la porta stretta della propria individualità. E quale prova ci è data che la propria individualità non sia condizionata da attaccamenti e passioni? Che non ci stiamo imbrogliando? La prova più confortante ci viene dal non giostrare noi le prove, ma dal lasciare la vita libera nel suo giudicarci. Sì, perché in religione il grande pericolo è quello di formattarci noi la religione a nostro uso e consumo, che ci garantisca che siamo bravi, santi e illuminati. Per fortuna la vita non ci sta e, prima o poi, con una soffiata fa cascare il castello. Mi viene da dubitare di quelle persone che in santità hanno sempre avanzato di bene in meglio, senza lo scandalo di vedersi un giorno tutto il loro castello in frantumi, forse per un’attimo di distrazione che ha lasciato riemergere una passione ormai data per vinta. Quante volte mi sento dire nelle confessioni: “Dopo tanti anni che tutto è andato bene, non pensavo mai di essere ancora così debole…”. Proprio come accadde a Pietro e a Paolo. Gesù, l’uomo dello scandalo, aveva detto: “… ci sarà più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza” (Lc 15,7).
La naturalezza della madre natura e la nudità dei fatti storici sono la via maestra del cammino di fede. I cristiani non hanno retto a tanta povertà e si sono rivalsi dando super valore alla Bibbia, alla Chiesa, alla tradizione, ai miracoli. La madre natura ha dovuto farsi da parte, non ostante che il figlio dell’uomo avesse lasciato come sigillo i segni del lavacro nell’acqua, della condivisione del pane spezzato e del vino versato, dell’unzione col tenero olio d’oliva sul corpo dei malati, dell’unione di corpo e di cuore fra l’uomo e la donna… come sacramenti del regno di Dio. I fratelli buddisti, forse, con le loro pratiche di silenzio possono mettere a tacere anche la voce della storia. E’ sempre possibile fare tanto i cristiani o tanto i buddisti da perdere il cuore religioso. La religione può sempre decadere in scandalo che impedisce, se ne mitighiamo la carica di scandalo che libera.
“Beati voi poveri…. Guai a voi quando tutti diranno bene di voi…” (Lc 6,20-26).
La chiesa cattolica ha tanti castelli,fatti di mura ma anche di dogmi, progettati per evitare lo scontro faccia a faccia con lo scandalo, quello che libera. Questi castelli colpiscono molto anche l’interesse dei mass media. Ci sono anche tanti che vivono la vita nella nudità del rapporto cristico con la natura e i fratelli. Il 30 giugno Andrea, un giovane di Viadana, è stato ordinato sacerdote saveriano. Alla sua ordinazione erano presenti i suoi amici, cristiani e mususlmani, con i quali da anni ha fatto visita alle carceri di Parma. A settembre partirà per il Mozambico, sua nuova patria, ovviamente con la sua chitarra sulle spalle. Andrea, auguri!
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