Commemorando i 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano secondo, il papa ha indetto “l’anno della fede”. I cattolici nel mondo hanno accolto l’iniziativa come un’occasione di grazia. Ovunque si avverte la necessità di purezza e profondità nel cammino di fede, perché oggi la fede è particolarmente appesantita e frastornata da cose in più. Il settimanale cattolico giapponese pubblica già da tempo delle riflessioni e testimonianze sulla fede oggi. L’anno della fede sia l’occasione perché ciascuno chieda a se stesso se la sua è vera fede, oppure opportunismo religioso. Un modo semplice per questa verifica è chiedersi se crederemmo lo stesso qualora vivessimo in un ambiente avverso, dove credere è andare contro corrente. Crederemmo lo stesso con la gioia nel cuore? L’augurio quindi è che questo anno non decada in una serie di manifestazioni esteriori, tipo l’anno santo, ma invece sia un tempo di ascolto profondo. Sia un anno in cui lasciamo emergere i dubbi tenuti nascosti o in catene, appunto per non perdere la fede. La fede vera è quel qualcosa che sussiste sotto i dubbi che essa stessa suscita. “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”, sta scritto nella Bibbia (Eb 11,1). Per essere fondamento della nostra speranza, la fede deve essere profondamente radicata in noi, al punto da sostenerci nel continuare a sperare e ad attendere ciò che ancora non è, al punto che ciò che ancora non è realmente diviene e nasce. La fede è come il seno gravido della donna che tutto fa per quel bambino che ancora non ha visto, finché quel bimbo nasce davvero. La fede vera genera ciò che crede, dopo averlo gestito a lungo nel silenzio.
“La fede è prova delle cose che non si vedono”. Per credere così, occorre buttarsi nel cammino della vita e spremere le proprie energie, al punto di giungere al limite dal cui bordo si percepisce l’oltre il limite. Nella chiesa cattolica ci sono i gesti che suscitano la fede: sono i sacramenti, dove gli elementi naturali quale l’acqua, l’olio, il pane, il vino insieme con la parola e la preghiera dischiudono alla dimensione della fede. Ci sono anche ostacoli alla fede: sono i dogmi che interpretati come definizioni mortificano la verità e la grazia dentro il limite delle parole stesse. Nella fede, ogni definizioni ha il valore di simbolo, perché la fede dischiude la parola a oltre la parola.
Torino Spiritualità ha pubblicato: “PERCHE’ CREDO – interviste su Dio” (Edizione SEI FRONTIERE – Euro 13,00). Il libro contiene 23 interviste a testimoni del cammino di fede, uomini e donne, la maggior parte laici. Le domande poste sono personalizzate con ogni testimone. Contiene anche una mia testimonianza che il lettore di questa lettera ha già sentito tante volte e può ritenersi dispensato dal rileggerla. Alcune testimonianze sono molto attuali, profonde e coraggiose. Da tali testimonianze ho tratto grande conforto: sono quelle di Maurizio Maggiani giornalista, di Telmo Pievani docente universitario, di Antonietta Potente teologa che vive fra gli indio della Bolivia. Altri nomi che seguono: Luigi Ciotti, Vito Mancuso, Gabriella Caramore, Marco Guzzi, Fredo Olivero… Invito caldamente alla lettura di queste testimonianze, non come risposte ai propri dubbi, ma come conforto fraterno nel pellegrinaggio variopinto dentro la verità, sempre più grande e profonda del nostro cammino e che contemporaneamente lo contiene e lo permea.
Oggi mi sono procurato l’ultimo numero di MicroMega. Il tema trattato è: “la Chiesa gerarchica e la chiesa di Dio”. Prima di scrivere questa lettera, ho avuto solo il tempo di leggere l’intervista di Scarpinato a mons. Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, dal titolo: “Dio, mafia, potere”. “Siamo in clima di restaurazione” riconosce il vescovo. L’anno della fede deve essere la chiesa cattolica un tempo di onestà storica. La fede che per stare in piede deve nascondere la realtà storica è finta. Quello che di vero e di bello c’è nella fede cristiana, proprio perché è vero e bello, rimane anche se vi si abbattono sopra le critiche mosse dall’umanità. Anzi, la fede spogliata da ciò che è deturpante sovrappiù, diviene amica come una lampada accesa nella notte. L’umanità ha il diritto e il dovere di criticare, per discernere a chi affidare la guida del proprio destino. Invito quindi, chi vuole, alla lettura di MicroMega, ultimo numero.
Il vangelo di queste domeniche ha il sapore autunnale: in modo pacato indica come si matura lungo il cammino della vita. In questo suo insegnamento il Vangelo gode della cordiale collaborazione degli alberi, in particolare – nel nostro mondo mediterraneo – la collaborazione della vita, del melo e dell’ulivo. Un grappolo d’uva, una drupa d’olivo, una mela testimoniano che c’è un sapore e un profumo a cui ciascuno deve maturare. Si matura, coltivando nella fede.
Nelle foto Alessio e Yasuo alla raccolta delle olive presso l’uliveto di Stefano Zezza (Cerignola – Foggia). Alessio, Yasuo, auguri! Stefano e Marisa, grazie!
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