Ma perché?
Ci meravigliamo, ma perché?
Tra le foto che www.repubblica.it ieri (22 marzo) ha proposto ai suoi lettori ce n’è una di papa Francesco. E’ seduto tra i fedeli sull’ultima panca della chiesa di Sant’Anna, parrocchia del Vaticano, dove alle 7.00 di solito celebra la messa. I fedeli seduti sulle panche anteriori non se ne sono accorti, continuando a pregare indisturbati. Pregano i fedeli, prega papa Francesco, senza fronzoli, congiungendo questo momento dell’uomo che passa con l’eterno e l’infinito di Dio.
Ci meravigliamo, ma perché? Gesù viveva così e insegnava così. Nel vangelo della messa di oggi (23 marzo) Gesù afferma che Dio nasconde le cose profonde ai sapienti e ai dotti, mentre le rivela ai piccoli (Mt 11,25). Gesù fu misericordioso verso gli smarriti, ma fu severissimo verso chi abusava della conoscenza per ingannare gli altri. Verso i farisei e i sacerdoti che si presumevano giusti in nome del loro ruolo o della loro appartenenza, fondando la giustizia sui titoli, gridò: Ipocriti! Razza di vipere! Per Gesù l’ingiustizia e l’odio hanno la loro radice nella conoscenza, nella conoscenza traviata. La conoscenza è una lama a due tagli: da una parte taglia e purifica, dall’altra uccide.
C’è un conoscere che conduce alla superbia e alla prepotenza; c’è un conoscere che guida alla solidarietà e all’umiltà. Dove, quando, come si perverte la conoscenza? Quel luogo, tempo e modo consiste nel primo passo del cammino conoscitivo. Ossia se l’uomo si inoltra nella via della conoscenza sospinto dalla domanda: “chi sono io?”, oppure dalla domanda “chi sono gli altri?” Il primo sa di non conoscere ancora se stesso; il secondo presume di coincidere con ciò che sa di sé, di auto conoscersi, per cui il suo campo conoscitivo sono solo gli altri. Il primo, ricercando, pellegrina; il secondo giudica. Il primo vede negli altri un richiamo a cambiare i suoi comportamenti; il secondo li lega automaticamente ai suoi interessi. Chi presume di coincidere con ciò che sa di se stesso, trasfigura le sue contraddizioni in virtù, mescolando prepotenza e vittimismo!
La vera conoscenza di sé, invece, conduce alla meraviglia: sono qui e non so perché. Non so perché posso respirare l’aria che le foreste hanno ossigenato, perché posso bere l’acqua che la montagna fa scaturire dal suo ventre, perché posso alimentarmi con i polmoni della lattuga, con i semi dei cereali, con i frutti degli alberi, con le uova dei volatili, con la carne di altri esseri viventi. Se posso percorrere la strada che conduce alla libertà e alla pace, è perché altri mi hanno donato il retto esempio perfino con la loro vita. Chi conosce se stesso così, anzitutto china il capo e poi tende la mano a stringere la mano dell’altro. La conoscenza di sé dischiude alla conoscenza dell’altro.
La Pasqua è la festa del legame fra la morte e la vita. Questo legame nel Vangelo è detto con una sola parola: risurrezione. Sì, si risorge solo morendo e si muore solo vivendo. Si risorge dando tutto fino in fondo e si dà tutto fino in fondo perché ci si affida alla vita eterna che era prima della propria nascita, che è ora, che sarà sempre. La conoscenza ci guida alla risurrezione. Si può conoscere, solo sostando in silenzio e lasciandosi annunciare e ammaestrare. Si entra nella vera conoscenza solo partendo dalla domanda chi ero io prima di conoscere me stesso. Quindi dalla domanda che sono io che ora conosco me stesso. Infine dalla domanda chi sarò io, esaurito il mio tentativo di conoscermi. Il vuoto che queste domande mi lasciano sono lo spazio in cui posso risorgere e conoscere gli altri senza possederli. E’ l’esperienza che il nostro conoscere è soltanto un cenno di ciò che io, gli altri, le cose realmente siamo, che pone il passo originario alla conoscenza che è via di armonia, libertà e pace. Il primo passo del vero conoscere è l’esperienza e la consapevolezza della propria ignoranza. Tutto questo diventa Vangelo, ossia lieta notizia, quando l’uomo si sente a casa sua abitando l’infinito che nessuna conoscenza può esaurire. Abitare Dio! L’uomo che si sente a casa abitando l’infinito, tiene la sua conoscenza con mano lieve e lascia libera la fantasia a passeggiare negli inesauribili spazi dell’oltre la sua conoscenza. Sa che se gli venisse meno la conoscenza, gli verrebbe meno anche la fantasia, perché questa spicca il volo dal confine a cui giunge la conoscenza, come lo scalatore che giunto con il suo sforzo sulla vetta della montagna sosta a contemplare il vasto panorama e in quello si immerge. La fantasia è il grembo del futuro.
Il popolo italiano è il più longevo d’Europa, con la media di vita a 81 anni. Popolo disordinato il nostro, eppure quello che s’avventura di più, per ben 81 anni, prima di tirare i remi in barca. E’ la fantasia che ci tiene in vita, la fantasia che ci regalano le nostre colline e le animate viuzze delle nostre città e borghi. Che sia ridata la fantasia dei nostri antenati a chi oggi deve governarci. Sarà così, se conosceranno l’Italia attraverso la conoscenza di sé, quindi attraverso la consapevolezza del limite della conoscenza di sé. Possano spiccare il volo da quel limite…
E’ Pasqua! E’ il passaggio! Com’è lieve la fantasia di papa Francesco, trasgressore del pesante cerimoniale vaticano! Ho tra le mani un piccolo tesoro: l’ultimo libro di Ermanno Olmi “Lettera a una chiesa che ha dimenticato Gesù” (Edizione Piemme ora). Un grande regista, figlio della terra bergamasca come papa Giovanni XXIII, sogna una chiesa vera, che dica al mondo il Vangelo di Gesù con il silenzio del suo esempio. Invito tutti gli amici alla lettura di“Lettera a una chiesa che ha dimenticato Gesù”. Sarà un bellissimo auto – regalo di Pasqua (Euro 12,00).
Ermanno Olmi ha terminato la stesura del libro il 17 gennaio 2013. Non c’era ancora nell’aria né le dimissioni di papa Benedetto e tanto meno l’elezione di papa Francesco. Trascrivo l’ultima pagina della sua lettera alla chiesa. Olmi evoca la strage degli innocenti avvenuta il 4 dicembre 2012 a Newtown, Cannecticut. Oggi, 23 marzo, possiamo aggiungere la tristissima tragedia di un infante massacrato nel suo passeggino davanti agli occhi di sua madre, da parte di alcuni minorenni che così vollero vendicarsi perché la donna non aveva soldi da dare a loro… “Passeranno i giorni: altre tragedie offuscheranno le precedenti. … Intanto per mettermi alla prova, vorrei poter credere da “non credente”. Prego e interrogo Dio sulla sua misericordia, ma da nessun altare e da nessun cielo un segno di intervento divino.
Mi scoppiano in testa grida di bestemmie. Ma cosa posso fare se non pregare? Padre nostro che sei nei cieli… che sei nei cieli… E poi?”
Ho il cervello fuso. Non ricordo più le orazioni che recitavo da bambino.
L’automobile corre via silenziosa. Questa notte ha nevicato, il paesaggio è tutto bianco. Magnifico. E mi distraggo.
Piazza San Pietro è gremita. Con la neve c’è un’aria di festa ancora gioiosa.
Una figura appare sul balcone della facciata della basilica. La folla applaude. Ma non è il papa.
Si fa silenzio. Qualcuno accanto a me sussurra: “… E’ Lui…”.
Tutti attendono la Sua parola.
“Sono tornato… Non dubitate, abbiate fede. Ricordate quel tempo?… Si avvicinava la Pasqua e nel tempio la gente vendeva buoi, pecore e colombe…. e i cambiavalute seduti al banco… facevano mercato. Ancora una volta li scaccerò. Non fate della casa del Padre una bottega. Distruggete questo tempio e, come allora, in tre giorni risorgerà dentro di voi…”.
Noi siamo il tempio risorto! La conoscenza di me conduce alla non conoscenza di me. Da lì, balzando nello Spirito, risorgo.
Auguri di una santa Pasqua.
p. Luciano
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