Carissimi, eccovi la lettera quaresimale. Con l’augurio che vi sia alquanto utile.
Approfitto per ricordare che sabato prossimo, 29 marzo, si terrà il sesto incontro del nostro corso INCONTRARE IL SE’ NELL’ABBANDONO DEL SE’. Il titolo del prossimo incontro è: REALIZZARE IL DISTACCO, meditando due testi fondamentali di Dogen e di Eckhart. Per chi è attaccaticcio come me, sembra un incontro molto importante. Come vi è noto, è possibile partecipare anche solo una volta, contattando il coordinatore che è Riccardo Donelli <riccardo.donelli@fastwebnet.it>, cell. 335.7634162. Ricordo pure che in mattinata di sabato 29, chi può è invitato a venire già verso le ore 9 per la preparazione. Alle ore 11.00 si terrà lo zazen e a seguire l’eucaristia. Quindi il pranzo e poi il corso.
RITIRO DEL PRIMO SABATO
Approfitto per inviarvi l’invito al ritiro del primo sabato 5 aprile. Siamo nel cuore della quaresima e mi aspetto molte e molte persone che come me hanno bisogno di stare una giornata in silenzio. Il ritiro inizia alle 05.00. Possibile venire la sera del venerdì dalle 18.00 e pernottare qui. Possibile pure partecipare a ritiro già incominciato per chi ha doveri da svolgere che non gli permettono di presenziare fin dall’inizio. I momenti in cui il cancello viene aperto sono: 07.30-08.50, 10,40 – 14,20, 15,30.
AVVISO DI CAMBIAMENTO D’ORARIO
Il nuovo orario della celebrazione della messa domenicale in lingua giapponese con parte in italiano, finora alle ore 11,30, è stato spostato alle ore 18.00.
N.B. il 13 aprile, domenica delle palme, non si terrà la messa in lingua giapponese per partecipare a quella presieduta dall’arcivescovo alle ore 10.00. L’arcivescovo ha specificatamente invitato la comunità giapponese e altre a partecipare alla processione delle palme che partirà prorpio da davanti la chiesa della capellania, si snoderà nella piazza e quindi entrerà in duomo. Chi volesse partecipare è il benvenuto.
Buona lettura della lettera allegata. p. Luciano
Vangelo e Zen, quaresima 2014
La religione palliativo alla sofferenza dei deboli…!?
Carissimi, la stagione ci sorride in questi giorni e noi ritroviamo l’allegria di sempre, dopo un inverno che non si è mai deciso a fare l’inverno come si deve, e che invece ci ha trattenuti fin troppo a lungo sotto un cielo piovoso e grigio.
Proprio in questa stagione di ritrovata allegria, ecco la QUARESIMA, tempo di penitenza. Sembra una contraddizione. Eppure, basta cambiare l’idea stantia che abbiamo di penitenza come qualcosa di mesto e comprendere che la penitenza è liberazione dal sovrappiù che ci pesa sul corpo e sullo spirito, ed ecco che subito ci accorgiamo che la penitenza è proprio a casa sua in questa stagione della ritrovata allegria. La natura si risveglia, la quaresima è tempo di risveglio. Auguri, quindi, per una efficace ed allegra penitenza quaresimale.
La considerazione che sto per fare sembra sulle prime un qualcosa di mesto; ma cambiando il modo di vedere diviene un qualcosa che eleva e commuove. Questa è la mia convinzione. Grazie alla sincera amicizia che una persona ha nei miei riguardi, schiettamente ha detto a questo suo amico prete che la religione è roba che serve solo come palliativo alla sofferenza dei deboli. Le considerazioni che vi offro partono dalla schiettezza di questo caro amico al quale dico Grazie.
La storia è colma di situazioni di sofferenza e di stallo intellettuale di cui le religioni ebbero ed hanno una grave responsabilità. La chiesa cattolica, benché per la sua natura interculturale sia particolarmente stimolata dalla varietà dei suoi componenti a non rinchiudersi in visioni particolaristiche, ciononostante ha bruciato coloro che ha ritenuto eretici. Intendeva proteggere i fedeli dal doversi confrontare con un pensiero che non collimava con il suo. La chiesa in alcune epoche ha anche scoraggiato la lettura della Bibbia. Una delle cinque piaghe che Antonio Rosmini ha descritto in Le cinque piaghe della chiesa è appunto la quiete dell’ignoranza.
Anche la religiosità dei buddisti e shintoisti giapponesi è attraversata da molte paure: un errore nella pratica religiosa, oppure una dimenticanza rituale, oppure una trasgressione verso l’appartenenza a questo o a quel tempio può attirare disgrazie. Un detto popolare dice: Sawari nashi, tatari nashi, ossia: il dio che non disturbi non ti fa alcun male. Come dire: tieniti lontano dagli dei, perché se sbagli qualcosa te la fanno pagare. Conosciamo tutti l’influsso che l’Islam esercita su tanti dei suoi fedeli. Chi non prova profonda compassione al vedere le donne afgane con il volto sepolto nel burka?
Mi scosto per un momento dalla domanda sulla religione e sosto davanti a un’altra domanda, di tutt’altra natura, che anch’essa in questi giorni mi è posta da alcuni amici. Mi si chiede che cosa penso del nuovo presidente del Consiglio. Rispondo pressappoco con queste parole: Non sono in grado di formulare un giudizio documentato, con tanto di numeri e di prove, circa i primi provvedimenti che ha annunciato. Sono molto ignorante in campo politico. Tuttavia, dalla vita ho ottenuto una convinzione semplicissima: per rialzarsi da una caduta occorre balzare in piedi. Orbene, la ripresa in Italia non può accadere che attraverso uno scatto di ritrovato entusiasmo e di ritrovata fiducia. Il vittimismo è dei vili. Non c’è movimento senza muoversi, non c’è danza senza danzare, non c’è fiducia senza crederci.
La religione è conforto per i deboli? Oppure è energia per i forti? Se volessi soppesare quanto la religione abbia indebolito e fortificato l’umanità, mi smarrirei nell’impossibilità di dare una risposta. La religione ha certamente indebolito e fortificato. Il confine tra debolezza e fortezza di fatto è meno evidente di quanto la mente umana possa diagnosticare.
Solo uno scatto ci libera dall’assillo della domanda. Cerco di dire questo scatto con alcune parole: l’uomo a cui la religione offre la consolazione riservata ai deboli è l’uomo debole; l’uomo a cui la religione offre l’energia per la fortezza è l’uomo forte. Il corpo che assume il cibo come conforto alla debolezza è il corpo debole; il corpo che assume il cibo come energia per la fortezza è il corpo forte.
Ultimamente il neopresidente del consiglio ha citato don Peppe Diana in un suo discorso al parlamento e tutta l’aula parlamentare all’unisono ha battuto le mani. Come se tutti i parlamentari, di destra e sinistra, quelli composti come Enrico Letta e quelli che sbraitano come i grillini e i leghisti, varcando gli schemi partitici in cui si sono auto rinchiusi, si fossero scoperti attorno alla fonte della loro umanità. Come se, tolti i paludamenti, si fossero accorti della loro umana nudità, comune. Nudità così bella! Quanti don Peppe Diana sono germogliati lungo i sentieri delle religioni!
La parabola di Gesù sul seme che cade sul terreno sassoso o fra le spine e non porta alcun frutto, mentre quello che cade sul terreno fertile porta molto frutto, questa parabola indica una verità di fondo: prima della religione è la disposizione umana di fondo di ciascuno di noi che ci incammina nella fortezza o nella debolezza. Se il nostro rapporto con la vita è scialbo, useremo anche la religione per stare tranquilli nella nostra scialba debolezza. Se invece il nostro rapporto con la vita è serio, la religione viene a nutrire questa nostra volontà alla libertà e alla fortezza.
La quaresima non è il tempo per convertirci a questa o a quella religione, ma per ritrovare la propria fisionomia originale. Il primo passo è proprio uno scatto di entusiasmo. Basta, al mattino, dirci che questo giorno non è mai stato e non sarà mai più. E’ oggi! E viene spontaneo tenere i piedi saldi sulla terra e elevare il capo alto, verso il cielo.
p. Luciano
sensazioni di pace a primavera
(per concessione del pittore Giuseppe Siniscalchi )
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