Desio 25 agosto 2016
Ma dove era Dio? Domanda che in questi giorni tutti abbiamo avvertito nel proprio intimo. Col passare del tempo la sofferta commozione per chi nel terremoto ha perso la vita e tutto quanto, si acquieterà, come sempre avviene ad ogni sciagura, e ritorneremo a parlare di Dio con la solita disinvoltura ripetendo quanto abbiamo imparato dal catechismo: Dio è l’essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra, onnisciente, onnipotente. Oppure, forse, non ci faremo nessuna domanda, perché tutto scorre più tranquillo senza risposte da dare.
Etna, foto di Giordano Baroni
Alcuni amici hanno posto la domanda a me, ministro di Dio, attendendosi un qualche riflesso di luce. Ma dove era Dio?. So che una sola risposta mi sarebbe onesta: quella che io, ministro di Dio, sano e salvo, avrei il coraggio di bisbigliare all’orecchio di chi all’improvviso si trova immobilizzato sotto le macerie, a tu per tu con la morte, in buia solitudine. Quale sorriso potrei abbozzare o quale ninnananna canticchiare per far sorridere Stefano, appena di 8 mesi, quando il campanile e i muri della chiesa di Accumuli con le statue dei santi crollarono impietosamente proprio sulla casa in cui riposava tranquillo nel suo lettino, vicino a mamma Graziella e papà Andrea? Quei santi hanno fatto miracoli per poter essere canonizzati santi, ma poi con il loro peso hanno impunemente soppresso il respiro di Stefano e dei suoi genitori.
Amico prete, ma dove era Dio?. Amico laico, come te, anch’io non so, non posso dire nulla. In disparte per non disturbare i vigili del fuoco, insieme con te, posso solo tacere! In silenzio!
Da tempo evito di pronunciare il nome Dio. Lo evito, perché sento che, pronunciandolo, nomino invano. Ogni sentiero scalato per raggiungere il senso di quel nome, mi conduce all’assurdo. Così gli aggettivi onnipotente, onnisciente, trascendente, immanente: li posso evocare, inneggiare, venerare, ma poi subito la realtà me li sconfessa. La realtà mi riporta là dove realmente sono. Qui, ora, così come sono, esisto.
Esisto! Nemmeno mi affido alle affermazioni dei sutra buddisti che reclamano che tutto è vuoto. Io, 77nne, sono vivo, sano e salvo; mentre l’energia pura e vitale dei bambini di Amatrice e di altri paesi vicini è stata stroncata. Nessun vuoto cancella la radicale differenza. Nessun vuoto mi esime dal confronto petto a petto con la storia.
La domanda su Dio, nonostante le tante risposte date dai filosofi e dai teologi, rimane lì, sempre integra nella sua originale radicalità. Consapevole che nominarlo trascina sempre con sé il pericolo di nominarlo invano, tuttavia anche il non dire nulla diviene una fuga invano. Oggi sperimento Dio come la potenzialità che è nascosta in tutto quanto esiste, secondo la natura di ogni esistente; quindi particolarmente nascosta nell’uomo dotato della facoltà di interiorizzare quanto accade. Come interiorizzare le calamità naturali e gli atti umani del terrore? La tentazione del rifugio nel silenzio è sempre lì. Eppure una energia che mi inabita mi spinge a balzare in piedi, attratto da una forza che mi attrae dall’intimo: sognare ancora, sperare ancora, risorgere. Ho visto questa energia sprigionarsi con le lacrime dai volti delle persone accorse a rimuovere le macerie, dal volto del sindaco di Amatrice. E’ da un caparbio convincimento che non posso far tacere dentro di me, che non riesco a seppellire sotto le macerie il senso esistenziale di Stefano, l’infante di 8 mesi. Non riesco. Non è che ho una ragione da addurre, perché non mi viene dalla ragione, ma da un fondo più profondo che il mio ragionare.
Dio non lo vedo quando mi metto in posa per vederlo. Invece ne sento l’intima presenza quando faccio di tutto per negarlo. Lo cerco davanti, e ne avverto la nascosta compagnia che mi sostiene da dietro. Per me Dio è Cristo. Cristo è il DIETRO DI DIO della teologia e della filosofia. Sulla croce gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Quando i teologi parlano del Dio trascendente, comunque dicono l’aggettivo trascendente sempre da dentro la loro esistenzialità: trascendente esistenziale. La fede non è il rimando a Dio, ente oltre l’esistenzialità, ma l’energia che fermenta dentro l’esistenzialità. Da dietro le spalle.
Riporto alcune testimonianze di Endō Shūsaku, scrittore giapponese cattolico. Sto traducendo un suo libro da cui traggo queste citazioni.
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“L’uomo nel percorso della vita immancabilmente s’imbatte in situazioni che, con la sola volontà umana, non può né affrontare né superare. Ma proprio in questi frangenti in cui tutto gli appare fallimentare, l’uomo sperimenta che dalle spalle qualcosa persiste nel trattenerlo in piedi, nel dargli la spinta a superare e andare avanti. Qualcosa di invisibile ai suoi occhi, una energia nascosta”. (万華鏡 – Lo specchio dei dieci mila fiori)
“Invisibile energia sempre in azione è un’espressione propria per indicare Dio. Dio, infatti, non è un ente che esiste a sé, come comunemente si dice. Dio, lo percepiamo piuttosto come una energia all’opera dentro di noi. Io ho raggiunto questa comprensione ad una certa età, quando fui in grado di poter osservare la traccia della mia vita come un uccello dall’alto vede la distensione della valle. Ho compreso che Dio non agisce in me direttamente, ma indirettamente. Il suo sguardo mi coglie attraverso gli occhi di un amico, di persona che incontro, oppure da cui mi separo, perfino attraverso gli occhi bagnati di un cane o di quelli di un uccello che muore”. (落第坊主の履歴書 – il curriculum di uno studente bocciato)
“Ci sono due modi di intendere Dio. C’è chi pensa Dio come fosse un ente che sta in un posto, come ogni oggetto sta in un posto. Un giorno ho potuto comprendere che Dio non è qualcosa di cui si può cercare il posto dove è. Ho compreso Dio come una energia che da dietro sospinge il mio cammino di vita, attraverso tante e tante persone, senza però che io lo possa vedere. Grazie a questo suo sostegno oggi io sono qui. Quel qualcosa che da dietro sospinge la mia schiena è Dio. Sono così giunto a riconoscere che la mia vita non è un mio possesso privato, ma questo me stesso è cresciuto dentro il rapporto comunitario formato da tante e tante persone, cominciando da mia madre e mio padre. Shūsaku Endō non è un individuo solo, ma è uno stuolo di persone che da dietro lo sostengono. Se ho potuto scrivere Iesu no shōgai (La vita di Gesù), è grazie a questo stuolo. E’ stato dopo aver scritto Chinmoku (Il silenzio) che sempre più ho compreso questa grande legge della solidarietà. In un qualche personaggio del romanzo Chinmoku senz’altro c’è mia madre e ci sono tante persone che hanno influito sulla mia formazione. Persone reali e viventi, ma anche autori di libri che ho letto; persone reali che mi spingono da dietro, e altri che plasmano la mia umanità virtualmente attraverso la professione che esercito, è in questo fine intreccio che sperimento l’opera silenziosa di Dio nella mia vita”. (私にとって神とは – Cos’è Dio per me).
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Il regista italo-americano Martin Scorzese ha promesso entro quest’anno il lancio del film Silence – Chinmoku sulla trama del romanzo di Shūsaku Endō, a cui si sta dedicando da 20 anni. A tutti l’invito ad andare al cinema.
18 – 21 agosto. Grazie all’invito di don Mirco ho trascorso 4 giorni nell’Eremo Sant’Anna sulle pendici dell’Etna per guidare un ritiro a cui parteciparono alcune decine di giovani e adulti. Giovedì 19 siamo saliti a quota 2.500 metri, ai crateri dell’eruzione 2012. Avevamo programmato, dopo la scalata, una meditazione eremitica, ciascuno solo nell’aspra natura, ma un forte temporale con tempesta ci stipò in un rifugio, in silenzio mentre grossi grani di tempesta imbiancavano la lava del vulcano. Durante la scalata abbiamo ammirato la vita che per forza sua risorge da ogni calamità. Sulla cime delle dune di lava spuntarono manti cespugliosi di fiori e spine.
Etna, foto di Giordano Baroni
Alle sorelle e fratelli che hanno terminato il viaggio terreno sotto le macerie sia la pace. A tutti noi sia il vigore della ripartenza.
p. Luciano
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