Ven 30 Dic 2016 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

Vangelo e Zen, Desio, capodanno 2017

madonna-della-misericordia

La Madre della Misericordia esposta fino all’8 gennaio nel Palazzo Marino, Piazza della Scala, Milano
(Pier della Francesca)

Si prova intima commozione, quando una giovane coppia annuncia di essere in attesa di una nuova vita. E’ il regalo che tre coppie di cari amici mi hanno fatto in questo Natale. Grazie! Auguri!

La nascita di una nuova vita suscita commozione e, insieme, trepidazione. Ad ogni ri-nascita della vita, si perpetua il destino di crescere e di decrescere, di gioire e di soffrire, di comprendere e di dubitare, di peccare e di convertirsi, di odiare Dio e quindi giungere ad amarlo con tutte le forze con le quali prima lo si è odiato. Ad ogni ri-nascita, la vita ri-torna nuda. La vita, amata nella sua nudità, appassiona e affascina.

Il bambino, nato nudo dal corpo nudo della madre, cresce e gli altri lo chiamano con il nome che l’ufficiale pubblico ha registrato su un album civile, oppure con il titolo professionale raggiunto attraverso gli studi. Gli altri, dicendo il nome di una persona, indicano ciò che riveste quel nome. La madre, quando dice il nome di un figlio, dice la sua nudità, quel fremito di vita che un giorno per la prima volta sentì vibrare nel suo seno.

La Chiesa cattolica (rito romano) nel primo giorno dell’anno celebra la festa di Maria madre di Dio. Dal corpo di Maria nacque il Verbo originario. Nacque nudo, e la madre lo avvolse nelle fasce.

Sento sempre più l’importanza decisiva di Maria nel mio percorso di fede. Maria trattiene nudo e caldo il cammino di fede della chiesa. Custodisce il palpito umano anche del mio cammino.

La tentazione del fondamentalismo è sempre in agguato nella vita di ogni uomo, nel mondo politico, ma soprattutto nella storia delle religioni. Germe di fondamentalismo diviene ogni ricerca umana della verità, se l’uomo, la verità la conosce solo come sta confezionata nella sua mente o nella sua cultura, ma non ha mai toccato la carne calda e nuda della verità, svestita di ogni decorazione.

Un giorno molto lontano sono stato battezzato in Cristo. Il versamento dell’acqua avvenne senza alcuna mia personale sovrapposizione. Un giorno ho potuto cogliere le idee come frammenti di verità, e tesserle nel ricamo del pensiero. Da allora la mia vita fu sempre accompagnata dalla figura di Gesù. Per anni e anni Gesù mi risultava come il Dio che invece di stare nel cielo era sceso sulla terra. Erano figurazioni e idee che dal catechismo erano circuite nella mia mente. Fu quando quelle raffigurazioni non mi bastarono più per stare in piedi che, caduto, al contatto con la terra ho sperimentato il calore della nudità umana. Gesù mi ritornò figlio di Maria. I quattro Vangeli mi confermavano sempre più quella nuda e calda figliolanza. Svestito dalle rappresentazioni abitudinarie, Gesù mi divenne un vero compagno di cammino umano. Mi fermavo spesso a contemplarne i suoi limiti umani, così simili ai miei. Finalmente lo riconobbi come vero ebreo, dal temperamento impulsivo e contemporaneamente misericordioso, ma di una misericordia che si manifestava con atti radicali, mai languidi, mai rassegnati. Finalmente mi liberai da tutte quelle raffigurazioni stereotipe di un Gesù che si auto presenta come venuto sulla terra per redimerci, quasi sulla croce proclamasse: Ecco sono arrivato, battete le mani, siete salvi! Invece mi fermavo spesso a immaginare il suo volto quando i suoi i fratelli gli dissero di andare via da casa, a Gerusalemme, e di non avere paura della persecuzione dei sommi sacerdoti (Gv 7,1 e seguenti). Così pure quando nel Getsemani, tremando e sudando sangue, pregò il Padre di allontanargli il calice della sofferenza, però riconfermando subito l’obbedienza alla sua volontà. Soprattutto tengo sempre davanti a me il volto di Gesù sulla croce, quando gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Il Vangelo secondo Marco, il più antico, ci riporta solo queste parole dette da Gesù sulla croce. Abbandonato, si consegnò a quel Dio che l’aveva abbandonato, senza sostituirlo con un altro Dio. Allora sotto la croce stava Maria, e con lei le altre donne. Mi ci vedo anche mia madre, le madri delle vittime del terrore, e anche le madri dei terroristi: tutte in coro solo madri!

I primi cristiani impiegarono alcuni secoli per giungere a riconoscere nel concilio di Nicea che Gesù è figlio di Dio, condividendo l’unica natura con il Padre creatore. Ma erano giunti a conoscere la sua divinità contemplando per secoli la sua carne, quella che aveva tremato e sudato sangue nel Getsemani, quella che morì sulla croce emettendo un forte grido. La profonda conoscenza della sua carne li dischiuse alla profonda conoscenza della sua natura divina.

“Questo è il mio corpo che è dato per voi! (Lc 22,19)”. Prima di morire diede il suo corpo in cibo e il suo sangue in bevanda. E’ il divario fra la carne di Gesù, plasmata nel seno di Maria, data in sacrificio per noi, e la nostra carne così svigorita, da noi stessi disamata, che oggi mortifica l’esperienza cristiana. Per fare di Gesù l’uomo perfetto di tutti i tempi e di tutti i luoghi, l’abbiamo disincarnato dai suoi lineamenti umani: perfetto e neutro. Così ciascuno lo può confezionare secondo le sue aspettative. I fratelli protestanti non possono riconoscere che il corpo che ci ha dato in cibo sia il suo corpo, ma svigoriscono quel gesto in un atto soltanto simbolico. A noi il simbolo sembra più santo della realtà. Il virtuale sembra più affascinante della dura quotidianità.

Disincarnati noi stessi, quando nella preghiera invochiamo Gesù, ci rivolgiamo a quell’uomo che sudò sangue davanti al destino della morte, e usiamo un linguaggio da bar, come fosse un fidanzatino. E gli chiediamo un caffè o un cioccolatino. A lui che sulla croce, solo sostenuto dalla fede, offrì tutto a quel Padre che lo aveva abbandonato, senza sostituirlo con un altro Dio. Lo abbiamo divinizzato per togliergli l’imbarazzo, da parte nostra, di dover fare i conti con la sua nuda carne. E così noi ci dispensiamo dal fare i conti con il valore di questa nostra carne.

Maria stava sotto la croce in silenzio. In quella donna, tutta l’umanità, tutta la terra, tutta la creazione, stavano in silenzio. Maria mai sostituì il figlio che lei aveva generato dalla sua carne con un figlio di Dio celestiale.

La mia fede in Gesù è cattolica. La risurrezione è dell’ultimo giorno, quando tutto sarà regno di Dio. Non ho mai parlato con Gesù con paroline dolci. Il suo volto che il dipinto di Masaccio (l’affresco del tributo) e che tanti crocefissi lignei, alcuni tarlati, mi aiutano ad immaginare, mi impedisce di privatizzarmelo a mio uso e consumo. In quel volto intravedo tutti i volti, tutti i destini, tutto l’universo. La mia fede in Gesù è cattolica, ossia non è mia, non è quella della mia appartenenza religiosa, ma è la fede che mi coinvolge con Gesù nel Cristo in Dio.
Solo una vera carne veramente muore, e veramente risorge.

Termino con una frase di Sant’Ambrogio riportata sul volantino della messa della notte di Natale (duomo di Milano).

“Gaudium Christus est…, quem parturit qui in utero suae mentis accepiti Spiritum salutis”
Il Cristo è gioia e ogni uomo, che nel grembo dell’anima sua ha accolto lo Spirito di salvezza, lo dà alla luce”

A tutti l’augurio di un anno realmente vissuto. Sudore, lacrime, riconciliazione, gioia!

p.Luciano

Nessun tag per questo post.
categorie: In evidenza, lettere

Lascia una risposta