Vangelo e Zen – capodanno 2018
Francesco Saverio e Ninjitsu
l’alba del dialogo Vangelo e Zen
In tutte le forme di fede germogliate lungo il sentiero della storia c’è l’alito dello Spirito. Dialogare è aprirsi all’opera dello Spirito dentro e oltre le proprie appartenenze culturali e religiose. “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”, disse Gesù a Nicodemo (Gv 3, 8). Ricorrendo all’immagine biblica dell’albero, la fede del cristiano è radicata in Gesù il Cristo, nella Scrittura e nella tradizione, ma i suoi rami si distendono nel vuoto e si offrono al soffio dello Spirito. Ai disepoli rattristati per l’imminente scomparsa del loro maestro, Gesù disse: “E’ bene che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito (lo Spirito)” (Gv 16, 7). E’ l’intima qualità della fede cristiana il non stare quieti nelle tradizioni, ma accogliere a cuore aperto la sfida della storia. E, dopo la fatica della ricerca, lasciarsi accarezzare la fronte sudata dalla brezza dello Spirito.
C’è una via buddhista cresciuta in Giappone che oggi attrae molti occidentali. E’ lo Zen. Zen significa essenzialità e vigore vivendo fino in fondo il momento presente. Il primo cristiano che ha dialogato con un monaco dello Zen fu Francesco Saverio. Il nome del monaco: Ninjitsu. Sulla lapide della sua tomba è incisa la scritta: Ninjitsu, amico di Francesco Saverio. Un po’ di storia.
15 agosto 1549, Francesco Saverio approdò nel porto di Kagoshima, Giappone meridionale, insieme con due gesuiti e un pirata giapponese di nome Anjiro. Questi aveva ucciso e, per sfuggire alla vendetta, era fuggito a Malacca dove incontrò Francesco Saverio. Questi, dopo un cammino di pentimento e di fede, lo battezzò con il nome di Paolo. Paolo Anjiro, primo giapponese battezzato, accompagnò Francesco Saverio in Giappone sulla giunca di un pirata cinese. Approdati a Kagoshima, Anjiro condusse Francesco dal daimyo Shimazu e poi dall’abate del tempio Zen di Fukushoji sul pendio di una collina, dove Anjiro si era rifugiato prima di fuggire a Malacca. Sia le chiese sia i templi buddhisti nella storia hanno funzionato come luogo di conversione e di rinascita. Nei secoli seguenti il tempio bruciò, tuttavia ora vi sorge un altare con la croce a significare che lì per la prima volta un missionario cristiano e un abate buddhista dello Zen, divenuti amici, avevano dialogato sulla fede e sulla via dell’uomo.
(foto personale)
Francesco Saverio in una sua lettera ricorda quell’incontro: “Ho spesso parlato con alcuni tra i più saggi tra i monaci, soprattutto con uno, che è stimato ovunque per il sapere, l’integrità della vita, l’esperienza, e l’età, poiché egli ha ottantanni. Si chiama Ninjitsu che significa “Cuore della verità” (J. Brodrick, p. 356).
In una lettera Francesco Saverio descrive così il dubbio che il buddhista Ninjitsu avvertiva verso il Cristianesimo. “Nella loro dottrina si insegna pure che, se anche essi andassero all’inferno, potrebbero essere liberati invocando i fondatori delle loro sette; sembrava loro troppo crudele che Dio non avesse previsto una simile redenzione e dicevano che le loro leggi sono molto più radicate nella misericordia che non la legge di Dio” (J. Brodrick, p. 405).
Nell’attraversata da Malacca a Kagoshima morì il capitano cinese della giunca. Francesco riconobbe che era un uomo buono, ma non esitò ad affermare che la sua anima era dannata perché non aveva ricevuto il battesimo. Grazie al dubbio espressogli dai buddhisti, Francesco abbandonò quella visione angusta della salvezza e aprì la sua mente ai doni dello Spirito che sono la magnanimità e la benevolenza (Gal 5,22). Nelle sue lettere Francesco ha narrato il suo apprezzamento verso la finezza e la sobrietà dei non battezzati giapponesi: “Sono la miglior razza che si sia scoperta fin oggi… Si trova tra essi ciò che non si trova tra i cristiani…” (J. Brodrick p. 336).
Da 24 anni percorro il cammino del dialogo interreligioso “Vangelo e Zen” e lo testimonio a chi avverte lo stesso richiamo. “Vangelo e Zen” è un seminario di purificazione della fede, dove il Vangelo cristiano è compreso attraverso il crogiuolo delle domande dei monaci dello Zen e di tanta parte dell’umanità.
Anch’io non riesco a stare in pace consegnandomi a una fede che conclude il Vangelo con un paradiso di eterna gioia per i buoni e un inferno di eterni tormenti per i cattivi. Non credo che esista qualcuno così cattivo da dover soffrire eternamente; ma soprattutto non riesco a credere che i buoni, non ostante siano buoni, siano capaci di gioire mentre i cattivi, comunque sempre loro fratelli in umanità, sono nei tormenti che non finiscono mai.
Taccio e mi seggo in zazen. Lo zazen è la meditazione insegnata nello Zen, in cui anche la mente tace, credendo senza vedere.
Luciano
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