Desio, Vangelo e Zen, capodanno 2019
la regalità
dall’omelia tenuta nella messa nel ritiro di Firenze , 24 novembre 2018
(grazie a paziente sbobinatura di Marzio)
Oggi, domenica dedicata alla regalità di Cristo, abbiamo ascoltato il brano del Vangelo secondo Giovanni che narra il processo di Gesù davanti a Pilato.
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». (Gv 18,33-37).
Celebrare la dignità regale di Gesù evocando la scena della sua condanna a morte, al nostro buon senso appare una scelta folle. Davvero, è folle! Ma spesso c’è più regalità nelle scelte folli, che non in quelle super-sapienti o super-calcolate. La regalità di Gesù, come di ogni uomo, non è data da decorazioni o titoli aggiunti, ma risplende tutta nella e dalla sua nudità.
Questa regalità accompagnava Gesù fin dall’inizio della sua predicazione. Il Vangelo di Marco narra che un giorno sua madre e i suoi fratelli e sorelle andarono a prenderlo perché – dicevano – è fuori di sé, è impazzito, ed avevano tutte le loro motivazioni per questo. Fu allora che Gesù disse:”Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?” (Mc 3, 33). La sua regalità non proveniva da legami di parentela.
La regalità di Gesù rivela quella di ogni uomo. Questa regalità, di Gesù e nostra, è folle. “Il mio regno non è di questo mondo”, perché le categorie del mondo ignorano questa regalità.
Abbiamo troppo addomesticato il Vangelo riducendolo a galateo di vita. Non è galateo, ma follia della vita. La follia è stata anche di quell’uomo e di quella donna che ci hanno messo al mondo, senza sapere chi sarebbe nato, ed è anche la follia di voi che vi siete sposati ed avete fatto quest’atto folle di congiungere la propria vita a quella di un’altra persona. E’ la follia di avere messo al mondo figlioli, ed è la follia di continuare ad averne cura, finché i figli a loro volta diventino, in un certo senso, attori e promotori della stessa follia di mettere al mondo altri figli. Folle è l’esistenza, folle è Dio che ci ha creato per la santità e ci ha creato così gracili, così peccabili, folli al confronto del concetto di santità per cui siamo creati. Folle è Dio che fa più festa in cielo per un peccatore che si pente che non per novantanove giusti che non hanno mai sbagliato nella loro vita. Folle ai nostri occhi è Dio che si fa chiamare onnipotente e lascia morire i bambini sotto le macerie del terremoto. Folle è Dio che riversa la sua potenza divina nel figlio, si dà tutto al figlio e poi lo abbandona sulla croce e lo lascia morire. Folle!
Forse uno che intuì la follia del Vangelo, anche se non cristiano, fu Nietzsche.
Abbiamo ascoltato Gesù che dice: “Sono venuto per dare testimonianza alla verità”, e poi aggiunge “chi è dalla verità ascolta la mia voce”. Anche questo è un pronunciamento folle perché a venire alla verità sono quelli che già sono dalla verità. “Chi è dalla verità ascolta la mia voce”.
Questo ci spiazza nel senso che ci piacerebbe più un cristianesimo alla protestante, come quello gridato dal predicatore di strada a Milano, di cui vi ho scritto nell’ultima lettera. Gridava: “Se non vi convertite, andate tutti all’inferno”, eccetera eccetera. “E’ solo Gesù il salvatore” eccetera eccetera. A noi piacerebbe un cristianesimo che taglia corto: io sono cristiano, vado a messa, quindi vado in paradiso. Tu non sei battezzato e non ti rivolgi a Gesù, l’unico salvatore, quindi vai all’inferno. Un po’ come fanno certi politici che si arrogano l’onore di essere, solo loro, i veri; e tutti gli altri i falsi. Più si è miopi e più si è sicuri, e anche drastici. Gesù disse pressapoco così: “Io sono venuto a testimoniare la verità, ma mi ascolta soltanto chi è già dalla verità, perché la stessa verità è in chi la annuncia e in chi apre l’orecchio per ascoltarla. Come dice un detto di sapore Zen: il fiore apre la corolla e l’ape va al fiore, l’ape va al fiore e il fiore apre la corolla. Il Signore Gesù non è il padrone della Verità, Dio non è il padrone della Verità. Noi abbiamo totalmente assolutizzato Dio come fosse sopra la Verità, abbiamo pensato che la sua potenza sia tale da poter compiere tutto ciò che vuole; eppure lascia morire sotto i ruderi del terremoto anche i bambini. L’abbiamo immunizzato dal nostro destino umano, per cui è onnipotente e onnisciente mentre noi restiamo deboli e smarriti. L’abbiamo reso alieno dal nosro destino, paghi del fatto che sia onnipotente e onnisciente.
Il Vangelo è folle, non conduce a nessuna conclusione per cui tu puoi dire: “Tutto a posto, tutto a posto, adesso so spiegare tutto”. Perché non c’è che una via, è la via del vivere. Noi abbiamo pensato che la Verità sia come una merce preziosissima, un diamante; invece la Verità è dentro la vita, se non vivi non la conosci, non la sperimenti, non la sei. C’è solo da vivere, non si comprende con la mente se la mente non è la mente viva che vive.
Oggi noi, commentando un testo buddhista, dicevamo che dobbiamo purificare la nostra mente. Ma chi ha la mente impura può purificare la sua mente impura? La verità che purifica non ha nessun padrone, nemmeno ha una forma codificata. In chi cammina, la verità opera; in chi poltrisce, si spegne. Non tocca a noi purificarci; a noi tocca vivere, camminare, rapportarci, perdonarci, ridere, piangere, e la verità ci purifica. “Chi è dalla verità ascolta la mia voce”.
Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù ci ha parlato della conclusione di tutto questo divenire storico e anche delle tante sciagure che ci saranno. E aggiunse: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc 21,19). Gli chiesero quando sarà quel giorno, e lui rispose che è custodito nel cuore di Dio, gli angeli non lo conoscono e neanche il Figlio. Gesù non sapeva quel giorno, non sapeva il tocco più profondo del cuore del Padre, eppure Gesù è divino! Anche il non conoscere è divino. Anche il non perfetto è divino! Anche l’esistenziale è divino!
Noi abbiamo formulato un’immagine del divino come se corrispondesse a una perfezione concettuale, a un mondo dove tutto è a posto; ma il divino è folle. Dio è folle. Di fronte a tutti i nostri schemi di sapienza, Dio è folle. Noi non sappiamo se nel cosmo ci sono altri astri abitati da esseri viventi e pensanti, come siamo noi. Quel che sappiamo per ora è che questo è avvenuto soltanto in questo minuscolo pianeta di una stella media che non ha nessuna qualifica speciale in mezzo a miliardi di stelle.
Noi, tagliando corto, diamo spiegazioni su tutto. Per stare sicuri ci mettiamo i paraocchi al fine di non spingere il nostro sguardo oltre ciò che presumiamo conoscere. Ma è la realtà che ci spiazza e che scompagina le nostre sicurezze. Quando uno riconosce che la follia è più vera e più sapiente dei suoi schemi di sapienza, e a quella follia si affida, lì c’è la fede. Lì ci sei tu che credi. Lì c’è la regalità della Fede.
Una signora di Roma, che io stimo molto, ha una figlia che vive negli Stati Uniti, sposata con un un americano, militare e di tradizione ebraica, con cui è divenuta madre di otto femminucce e di un maschietto. Il maschietto nacque all’ottavo parto. Grande festa! Ieri l’altro la nonna di Roma mi ha telefonato che al nipotino è stato diagnosticata una grave forma di autismo. Le sette sorelle maggiori e la sorella minore gli fanno corona con i loro sorrisi. “Nel regno dei cieli il più piccolo è il più grande” (Lc 7,28). Vangelo folle, eppure vero! Vero perché folle! So che in gennaio la mamma e i nove figlioli verranno a Roma. Vorrei accorrere a venerare.
Lasciamo che Dio sia folle, non riduciamolo ai nostri schemi di sapienza. Lasciamolo folle, ci guadagniamo. Ha più gioia per un peccatore che si pente che per novantanove che ce l’anno fatta a non sbagliare mai. Noi vediamo la follia di Dio effusa in tutto, anche in queste foglie autunnali con le quali abbiamo ornato l’altare. Miriade di foglie ad un certo punto cadono, quindi gli alberi ne creano ancora a miriadi, tutte nuove, le quali poi cadranno ancora. E’ tutto un divenire che non sta in nessun schema di efficienza. Chi ha detto che uno, perché è nato in un posto, non può emigrare in un altro posto di madre terra? Chi l’ha detto? Noi siamo qui proprio perché i nostri antenati da Nord, da Sud, da Est, da Ovest sono approdati su questa penisola che ora noi diciamo essere la nostra patria; l’era già prima che i nostri antenati vi immigrassero. Infatti, li ha attratti a venire.
Ma i più grandi folli sono gli artisti, quelli veri, non quelli che fanno gli artisti ma non sono chiamati a fare gli artisti. In ogni vocazione, se uno segue la sua vocazione, diventa folle, anche un carabiniere, eccome, che fa la sua parte con dedizione, è un folle, calpesta tutti i criteri di sicurezza. Gli artisti, grandi folli! Cosa produce un musicista? Quella cappella Sistina, la si poteva pitturare in modo molto più efficiente e molto più veloce. Eppure come ci stupisce la Cappella Sistina! Opera folle, che però regala calma, stupore, equilibrio a milioni di ammiratori. Sì, la follia fruttifica l’equilibrio. Due sposi che follemente si perdonano e si amano, creano equilibrio in casa! Il confessionale dove un uomo o una donna dice le sue miserie a un prete, pure conoscitore delle proprie, e alla fine il penitente si rialza con una rinnovata voglia di vivere, quel confessionale è laboratorio di equilibrio attraverso la follia del perdono. L’equilibrio dei folli è più sapiente di quello super-ragionato. Il folle, quando i conti non tornano, non ne fa un dramma. E’ folle, quindi balza da un’altra parte e continua il suo cammino.
“Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Questo essere dalla verità, dopo tutto, è riconoscere che il nostro esistere ora su questa terra, non ha a che fare con delle spiegazioni. L’esistere è di un’altra natura, è gratuito. Il fiorellino di montagna dischiude al sole la sua corolla, anche se nessuno va a vederlo. Così il sole gli riversa sopra i suoi raggi, anche se nessun fioraio ne trarrà profitto.
La follia è le lacrime e il sorriso della gratuità. Andiamo fino in fondo, senza aver potuto spiegare perché ci siamo, ma avendo vissuto. Amen.