Noi non ci accorgiamo che ogni giorno compiamo il movimento di migliaia e migliaia di chilometri, ossia il movimento della rotazione della Terra. Non ce ne accorgiamo perché ci muoviamo anche noi insieme con la Terra che gira su se stessa, insieme con tutte le cose che stanno sul suo seno. Potessimo ergerci un qualche chilometro in alto e lì stare fermi, vedremmo sfilare davanti ai nostri occhi montagne, pianure, mari, città. Stupore!
Questo periodo trascorso, in parte in un ospedale e in parte in un centro di riabilitazione per la protesi all’anca, è stato per me occasione per stare un po’ fermo; quindi, per accorgermi di alcune cose nuove che sono avvenute proprio mentre io stavo coricato o camminavo con le stampelle. Cose nuove che non ho lasciato diventare subito vecchie dicendomi che ho altro da fare, ma che, invece, ho potuto assaporare con stupore.
Nella due prime settimana dopo l’operazione mi hanno telefonato tre giovani che hanno condiviso il cammino Vangelo e Zen. Ovviamente all’insaputa l’uno dell’altro, tutti e tre mi hanno comunicato lo stesso meraviglioso nuovo che sta avvenendo nella loro vita: “Per la prima volta sto diventando papà e mia moglie mamma”. Uno ha ribadito: “Papà, lo sono già. Il ginecologo ce l’ha fatto vedere: è piccolo, piccolo, ma si muove già e vuole solo crescere e nascere”. Fermo in questo stato di pausa, ho tutto il tempo per accompagnare con la preghiera, lo stupore, l’amicizia la speranza di questi amici. Di due di loro avevo pure benedetto il Sì matrimoniale.
Federico è un giovane siciliano. L’avevo conosciuto quando era piccolo, perché il suo papà, medico, collaborava con la Caritas di Mazara del Vallo di cui ero direttore. Laureatosi, si trasferì per vari anni in Inghilterra, dove praticò un metodo di meditazione che mirava ad entrare nel nirvana dell’imperturbabilità tramite la separazione dal mondo reale. Rientrato in Italia, Federico ha voluto conoscere il cammino Vangelo e Zen. Alcuni giorni fa mi ha telefonato: “Padre Luciano, ti devo dire una cosa nuova che è avvenuta: questa è la decisione che ho preso e che ho già messo in atto. Sono entrato in un convento francescano. Sentivo la voglia di ritornare a sorridere alla vita. Con Francesco voglio sorridere all’uomo, alle creature e anche a sora nostra morte corporale”.
Gianfranco non è più giovane. Infatti era obiettore di coscienza presso la Caritas di Mazara, anni 1990. Ci re-incontrammo a Milano a praticare Vangelo e Zen presso la chiesa di Maria Segreta, Conciliazione e qualche volta a Desio. Nei due decenni trascorsi a Milano Gianfranco si è dedicato al recupero scolastico. All’inizio di febbraio mi ha telefonato: “Padre Luciano, ti devo dire una novità importante, ma vorrei dirtela di persona”. Quando me lo sono visto presso il mio letto all’ospedale, mi ha abbracciato comunicandomi che il 22 febbraio entrerà nel monastero benedettino di Dumenza (Luino). “Sento tanto il bisogno del silenzio!”. Mi ha pure detto che nello stesso monastero compirà il cammino di noviziato alla vita monastica insieme con altri sei aspiranti.
Nel centro di riabilitazione, dove tuttora mi trovo, opera uno stuolo di giovani fisioterapisti, mentre per lo più i pazienti sono anziani; meglio, siamo anziani. Nella grande sala due file di lettini, su ogni lettino uno o una paziente con il suo giovane o la sua giovane terapista. Donne operate dopo la rottura del femore, oppure uomini operati all’anca o al ginocchio, persone colpite da una paralisi che vogliono ritornare a camminare e agire, tutti pazienti che fanno fatica a muovere gambe o braccia. Il giovane terapista anzitutto si mette a parlare con il suo assistito e poi all’opera a convincerlo ad alzare una gamba o stendere il braccio. Una vecchietta ormai, dai radi capelli bianchi, si lamenta, ma poi finalmente obbedisce. Il giovane terapista la guarda negli occhi; lei sorride e il terapista le schiocca un bacio sulla fronte. A esercizi finiti, la vecchietta ha fatto una carezza al giovane benefattore. Forse questa intesa avviene perché la fisioterapia è un’arte corpo a corpo tra il paziente e il fisioterapista. Ho chiesto alla mia giovane terapista se dopo aver operato alcuni anni in una grande struttura sognasse di aprire un suo centro privato. “No. Fare la fisioterapista stanca molto e non mi permetterebbe di avere la mia famiglia. Il mio fidanzato (fa il barbiere) dice che dovrò fare la fisioterapista dei nostri bambini”. Mi è venuta spontanea una preghiera: che possiamo avere governanti che hanno fatto i terapisti. Altrimenti chi governa potrebbe ascoltare solo quello che ha in testa e avremmo la dittatura, oppure solo compiacere i lamenti del popolo e avremmo l’anarchia.
Fra i libri letti in questi giorni anche “Il bene possibile” di Gabriele Nissim (UTET). L’autore racconta la storia di persone comuni che in occasioni di fatti terroristici hanno salvato la vita di altri mettendo in pericolo la propria. Un capitolo è dedicato a Hamadi Abdesslem, il tunisino che faceva da guida a un gruppo di 45 italiani al Museo del Bardo il 18 marzo 2015, quando un gruppo di terroristi irruppe nelle sale e si mise a sparare all’impazzata. Hamadi ordinò a tutto il gruppo di muoversi strisciando sul pavimento per evitare le pallottole. Si infilò in una porticina riservata al personale di servizio e tutti lo seguirono. Quindi, attraverso cunicoli, raggiunsero l’esterno. Chi era rimasto nella sala, un altro gruppo con altra guida, rimase ucciso. Due anni dopo l’avvenimento, Gabriele Nissim, l’autore del libro, si è recato a Tunisi ricercando la guida turistica che aveva salvato 45 italiani. La trovò al suo posto, a fare da guida a turisti al museo del Bardo, che narra le antiche grandezze di Cartagine e di Roma. Alla domanda se dall’Italia avesse ricevuto qualche segno di riconoscenza, Hamadi rispose: “In questi due anni mai nessuno mi ha detto grazie, né da parte dei 45 turisti salvati, né dalla crociera italiana (Costa Crociere) su cui navigavano i turisti, né dalle autorità italiane”. Solo in seguito, per interessamento di Nassim , l’autore del libro, Hamadi fu invitato a Palazzo Marino. Il sindaco di Milano lo ringraziò per aver salvato 45 italiani, fra cui alcuni milanesi.
Abitiamo la terra più ricca di bellezze al mondo, la penisola italiana. Ma, in mezzo a tante bellezze, il cuore potrebbe diventare brutto se non dice o se ritarda a dire: GRAZIE.
GRAZIE!
p. Luciano
Mer 6 Mar 2019 AGGIUNGI COMMENTO
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