omelia messa conclusiva Convegno nazionale Teilhard de Chardin,
Milano, 20 ottobre 2019
La roccia granitica delle Alpi, arsa dai raggi del sole in estate e ghiacciata dalle nevi invernali, seguendo la legge che noi dall’esterno chiamiamo “di gravità” ma che per la roccia è semplicemente la libera creatività della sua natura, scende a valle portata dall’acqua dei fiumi che ne macina la granitica durezza nel terreno fertile della Pianura Padana, dove germogliano e crescono il frumento e la vite, e le miriadi di vegetali. Grazie al concerto della Natura, noi esseri umani, seguendo il Suo invito che disse: “Fate questo in memoria di me”, ci siamo riunuiti a celebrare l’Eucaristia con il pane, il vino e l’acqua. Sì, è grazie all’opera del cielo e della terra, da milioni di anni prima che su un piccolo pianeta, la nostra Terra, comparisse Lucy e chi l’ha preceduta. Una monaca del Medioevo, Ildegarda di Bingen, scrisse: “Api, formiche e uccelli costruivano opere mirabili per poroporzione matematica e armonia di forme, senza possederne la conoscenza”.1 (Lucia Tancredi, “Ildegarda: La potenza e la grazia”, Città Nuova. N.B. a seguire le citazioni dallo stesso libro sono indicate da: (P.G.)
L’uomo e la sua conoscenza sono stati preceduti. La nostra scienza è il riflesso di una scienza madre che sarebbe, anche senza il nome che noi, quando l’abbiamo scoperta, le abbiamo dato, pretendendone così il possesso. Papa Francesco, in “Laudato sì” (n. 83), riconosce che la creature naturali lodano Dio da se stesse, da sempre, da milioni di anni prima del primo vagito umano: “Lo scopo delle altre creature non siamo noi”. Quando l’uomo brucia un grano di incenso e china il capo, adora insieme con la resina che madre albero Pino gli ha condiviso. Così noi, oggi, celebriamo l’Eucaristia con i campi di frumento, con i vigneti e con i ruscelli dell’acqua. Gesù ha aggiunto: insieme con i più piccoli, i quali nel Regno sono i più grandi. “Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno”2.
All’ultima cena, mentre i discepoli mangiavano e bevevano, Gesù prese fra le mani il pane, lo spezzò, lo diede affinché lo mangiassero e disse: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi” (Lc 22, 22). Poi benedisse il calice del vino e lo diede affinché tutti ne bevessero e disse: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti” (Lc 22,24). Gesù distribuì il pane e fece circolare il calice ai discepoli “mentre erano a tavola e mangiavano” (Lc 22,18), mentre erano seduti. Il praticante dello Zen direbbe: “seduti in Zazen”. Questo “mentre … mangiavano” dice la nostra vita quotidiana, le nostre consuetudini, le nostre necessità. Nel testo originale greco non è reso, come nella tarduzione italiana della CEI con l’avverbio + il verbo, ma con la sola forma gerundiale del verbo stesso: “Ἐϭθίόντων”. Come rimarcare che “mangiare” è lo stesso scorrere della vita, non una modalità aggiunta. Come rimarcare che ogni verbo è il “mentre” della creazione. E’ l’evoluzione della materia, è la ricerca dello scienziato, è la conversione del peccatore, è il più di gioia che riverbera nel cielo quando uno dei novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza anziché salire in cielo scende di nuovo a impolverarsi nel mondo per risalire, la mano nella mano con un fratello che era rimasto nel fango. Tutto questo salire e scendere fluiva in Gesù e lui stesso fluiva con tutta la materia, con tutto lo spirito, tenendo stretto il cielo e la terra sulla croce del “mentre” affinché tutto e tutti abbiano salvezza. “Quando sarò elevato attirerò tutti a me” (Gv 12,32). “Mentre erano a tavola e mangiavano”, disse: “Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel Regno del Padre mio” (Mt 25, 26-29). Fare la comunione eucaristica è fare comunione con il voto di Gesù: digiunare la cena e il brindisi del calice dimorando nel mentre dell’attesa della giustizia, della gioia, della pace.
Il ruscello, continuamente ricevendo dalla montagna e continuamente dando alla valle, scorre gorgheggiando allegramente, e porta freschezza di vita. Il Padre è la sorgente, il Figlio è il ruscello, lo Spirito è la pioggia che irrora la vita. Tutto è la stessa acqua che sgorga, che scorre, che evapora. In alcuni battezzati (anche in me) l’acqua non scorre allegramente, deviata dai miei attaccamenti. Quando il peccatore si converte, il ruscello scroscia in una cascata. “Vi sarà gioia davanti agli angeli del cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7).
“L’uomo, creato a immagine di Dio e seduto come un secondo signore sul trono della terra, dominatore di tutte le creature che per lui sono state fatte, è la pienezza dell’opera divina in cui Dio molto si compiace; ciascuno dei due sessi è stato fatto perché venisse in aiuto e fosse di conforto all’altro; l’uomo ha la forma della divinità, la donna dell’umanità di Gesù”3. (O.D.)
Perché l’uomo? L’uomo scopre la sua nobiltà e ne prova gioia, quando si rende conto che nessuna creatura ne sentiva la necessità prima che Dio dicesse a se stesso: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Gn 1,26). Riconoscendo la sua non necessitarietà, l’uomo si libera dall’ansia di sapere perché esiste e gusta la brezza dell’esistenza, come i fiori di montagna. “L’uomo, dopo essere stato pervaso dal respiro della vita, che è l’anima, si levò in piedi e conobbe le creature e le accolse nel suo animo con amore fortissimo” (O.D.). “L’uomo, dunque, divino per l’anima e terreno per la terra, è la pienezza dell’opera di Dio… così l’anima, grazie della quale l’uomo sa di avere un dio, possiede il corpo in eguale misura, senza difetto, e in eguale misura essa lo sostiene, cosicché l’anima che è nel corpo non manca di nulla in tutte le opere che compie insieme con il corpo… e come tutte le aqcue fluiscono nell’oceano, così tutte le opere dell’uomo sono compiute dal corpo e dall’anima”. (O.D.) Il corpo e l’anima in eguale misura e dignità!
Attraverso l’anima l’uomo sa di essere un dio! “E l’uomo, dopo essere stato pervaso dal respiro della vita, che è l’anima, si levò in piedi e conobbe tutte le creature, e le accolse nel suo animo con amore fortissimo”. (O.D.)
“Tutto era fulgido presente, l’attimo che figura l’eterno, al modo della goccia che entra nel mare senza diventare più grande, né soffrire penuria”. (P.G.)
“Nell’uomo c’è qualcosa del sole e delle stelle quando scaldano il cielo bianco d’argilla, in lui c’è la festa della pioggia e la potenza delle ali dei venti e la viridità della terra”. (P.G.)
Per l’anima razionale, Dio ha creato una dimora di tale perfezione, che essa può esercitarvi tutte le sue virtù…” (O.D.)
“L’altezza dell’uomo e la sua estensione, quando braccia e mani sono aperte ugualmente a partire dal corpo….”. (O.D.)
“Tutti gli angeli sono in ammirazione dell’uomo che si abbiglia con l’elegantissima veste delle opere sante”. (O.D.)
L’anima aiuta la carne e la carne aiuta l’anima…. Affinché la carne non si spezzi” (O.D.)
“Un calore dolcissimo, accompagnato da leggera frescura, trasmette umidità alla terra e la rende feconda negli alberi, nelle erbe, nei cereali, sì che tutte queste creature verdeggiano per l’effetto dell’umidità . Analogamente l’anima, nel calore dolcissimo della fede e nell’invincibile forza della pazienza, sostiene l’uomo affinché tolleri tutte le ingiurie… così fa fiorire anche l’uomo, fecondo in opere buone e sante virtù”. (O.D.)
“Questo doveva essere la musica per le mie sorelle. Non solo la preghiera, ma qualcosa di più fine e potente al tempo stesso, lo spreco delizioso in cui l’anima si consacra”. Lo spreco delizioso in cui l’anima si consacra è il concerto delle fibbre del corpo al tocco dello Spirito”.(O.D.)
Due haiku:
“Shizukesa ya! Iwa ni shimiru, semi no koe” (Basho):
Che pace! Canto di cicale che trivella le rocce.
“Il fiore chiama la farfalla spontanemente e la farfalla va al fiore spontaneamente” (Ryokan)
Lo Zazen: “tutto canta la verità senza aggiungere nulla”. (Eihei Dogen)
Invito teilhardiano:
Celebrare l’Eucaristia senza dover aggiungere la parola transustanziazione, e non perdere nulla.
1Lucia Tancredi, “Ildegarda: La potenza e la grazia”, Città Nuova. N.B. le citazioni dallo stesso libro a seguire sono segnate: (P.G.).
2Didaché, 9,4
3Ildegarda di Bingen, “Le opere divine”, Mondadori. E’ l’ultima e fondamentale opera di Ildegarda. A seguire le citazioni dallo stesso libro sono segnate: (O.D.)
Luciano Mazzocchi missionario saveriano.
La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen”