…tra il tramonto e l’alba c’è la notte.
In questi giorni tutti sperimentiamo l’impotenza di un tramonto che è in atto, irriversibile, e contemporaneamente tutti avvertiamo il sentore di un’alba che si preannuncia. Ma tra il tramonto e l’alba c’è la notte. Ed ora è notte! In questi giorni anch’io avevo preteso di scavalcare la notte festeggiando in antici l’alba della libertà. La sera, mentre il sole stava tramontando, mi sono affacciato al balcone a fare gesti festosi di incoraggiamento ai passanti. Mi sono lasciato prendere dalla gente che canta l’inno nazionale dai balconi. Stonato come sono, al posto del canto mi sono messo a dire Buona sera! Buon giorno! Ce la faremo! Mi aspettavo che la gente mi rispondesse con un “Evviva!”. Invece, sempre più, la risposta fu un sommesso Speriamo! Altri, al mio saluto accelerarono il passo e ai miei occhi ritornò solo l’immagine di una schiena che si allomtana frettolosamnte.
Tra il tramonto e l’alba è notte!
E’ notte e più nessuno si affaccia ai balconi per cantare l’inno nazionale. Avevano annunciato alla TV una catena di replay che suscitino allegria per tenerci su di morale, ma ora è la notte e nessuno ha più voglia di sostare a vederli. La fila di camionette della polizia di stato che asportano altrove le salme di centinaia di robusti lavoratori della Val Seriana ha spento la voglia di ridere. Ora è nobile non ridere.
Nella notte l’occhio non vede, ma l’udito percepisce anche i piccoli rumori. Proprio in questo momento sento il rumore lieve di pedalate di bicicletta. E’ Caterina, la giovane che mi ha raccontato il sogno “E’ la comunione del digiuno”, che è uscita di casa, un appartamento condiviso con la sorella in zona Lambrate, per dirigersi verso Piazza San Babila. Avverto il rumore delle pedalate non perché oda degli scricchiolii metallici, ma perché ieri mi ha telefonato che questa sera mi avrebbe portato alcune mascherine, di cui sono senza. Nel silenzio si genera la scena di cui poi odi i rumori o i vocii, pur non vedendo e non percependo alcun rumore. Il papà di Caterina, medico in pensione, un mese fa si era ripresentato subito in ospedale a offrire il suo contributo come volontario. Oggi è ricoverato in terapia intensiva. La mamma di Caterina è infermiera e il fratello medico. Papà e mamma vivono a Pistoia, mentre Caterina e la sorella condividono un piccolo appartamento a Milano, dove frequentano l’università. E’ notte silenziosa, e sento al voce della mamma che telefona alle figlie di essere prudenti. E sento la risposta delle figlie: “Mamma, come sta papà?”. Poi, ecco sento I giovani volontari che a gruppi si diramano dalla piazza di San Babila verso quei portici cittadini dove dormono i senza dimora.
E’ notte, e nella memoria si risveglia una catena di ricordi. Natale 2018. Terminata la messa di Natale in Duomo rientravo a piedi alla chiesa di San Babila, dove poi ho pernottato. Allora non era ancora a disposizione l’attuale sede. Nello slargo davanti alla Chiesa di San Carlo una decina di giovani stavano conversando con i clochard che pernottavano nell’atrio esterno della chiesa. Mi aggiunsi e chiesi anch’io una tazza di thè caldo. Fui servito. Al ché un giovane: “Signore, vuole anche un panino?”. “No. Avevo solo sete di qualcosa di caldo”. “Abbiamo anche della biancheria pulita. Scusi, lei, come sta a mutandine?”. Erano i giovani Caritas di una parrocchia di Baggio.
Ieri nella Casa madre di noi missionari saveriani a Parma è morto Stefano, un mio confratello compagno di ordinazione sacerdotale. Missionario in Indonesia, poi giornalista in Italia, sempre sorridente. Oggi è morto p. Geraldo, un confratello ancora in piene forze fisiche. Le aveva usate per soccorrere i confratelli più anziani contagiati e oggi li ha raggiunti nell’abbraccio misterioso di Dio. Nella notte solitaria qui a Milano, il ricordo dei confratelli – dal 7 marzo ci hanno dato l’arrivecerci dieci confratelli – si fa palpitante. Nella notte il ricordo evoca non solo i lineamenti dei volti, ma lascia intravedere anche l’anima delle persone.
La notte è il tempo dell’ascolto. “Non sprecate questi giorn”, raccomanda papa Francesco. All’alba balzeremo fuori ed espoderemo di gioia. Ma ora è notte. Restiamo in casa e ascoltiamo le sinfonie della memoria.
22 marzo ore 19,37. In questo momento l’atteso suono del citofono. Mi affaccio al balcone e saluto Caterina che è giunta in bicicletta, casco rosso.
“Caterina come sta papà?”
“E’ intubato!”.
“Caterina sto scrivendo la lettera agli amici. Racconto anche del tuo papà. Lo posso?”
“Così anche altri pregheranno per lui!”.
“Caterina, Grazie!”.
Caterina, come concordato, senza salire, pose l‘involucro delle mascherine (vedi foto) sul davanzale delle scale.
Un Grazie commosso ai tanti che mi telefonano se ho bisogno di qualcosa. E’ notte! BUONA NOTTE!
p. Luciano
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