giovedì 12 novembre
il momento dello Zazen
prima dello Zazen
La vita è impegno. Mentre la comunità monastica pratica lo Zazen dell’alba, il monaco cuoco con tutto il vigore prepara il cibo mattutino per i confratelli che meditano. Il silenzio dei meditanti e il sudore del cuoco: una sola pratica comunitaria.
Pensaci: se fossi nato in paradiso, mi sarei attaccato ai piaceri celesti senza posa. Impossibile sarebbe il risveglio del cuore. Senza l’occasione di applicarmi alla pratica, come potrei preparare il cibo che è l’offerta ai Tre Tesori? (il Buddha, il Dharma, la comunità)… Ora, noi, così fortunati da nascere come come esseri umani, prepariamo il cibo che viene ricevuto e usato dai Tre Tesori: non è questa forse la più grande occasione? Dobbiamo essere al colmo della gioia.”
Da “La cucina scuola della via” del maestro Eihei Dōgen (EDB)
mi seggo anch’io in Zazen… fortunata/o di essere nata/o come essere umano, nella grande compagnia dell’a creazione. Mentre medito in silenzio, altri stanno sudando negli ospedali, nelle fabbriche, nei campi. Non medito per me, ma per noi, per tutti. Quindi, ci daremo il cambio…
senza fare prediche, mi affido alla Via, alla cura dell’orto per il bene comune.
Il momento dell’ascolto del Vangelo (Mc 8, 31-38)
Ascolto il Vangelo leggendolo a chiara voce.
Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
La parabola dei talenti che Tommaso ci ha scelto per oggi può risuonare come ironica in un momento in cui tutti lamentiamo di non poter lavorare a ritmo pieno. Ma forse proprio lì sta nascosto il germe che contagia. Questo è il ritenere che la riduzione di attività sia una perdita e che solo l’aumento del PIL sia progresso.
Ero chierichetto e l’anziano parroco, dopo avermi lavato i piedi con le sue mani, mi metteva a pigiare l’uva della sua vigna che sarebbe diventato il vino della messa. Poi, quando durante la messa mi dava la comunione solo col pane, ci restavo male. Quel vino consacrato l’avevo pigiato con i miei piedi. Gesù aveva detto:
“Prendete e bevetene tutti…”. Forse la mia vocazione sacerdotale ha a che fare anche con quel restarci male. Ogni successo personale è pericoloso: potrebbe farci dimenticare che nostro è solo l’apporto finale. Stando seduto in Zazen e non facendo nulla, si odora la fragranza della cooperazione comunitaria. Nel brioso vino consacrato nel sangue di Cristo, anche il sudore degli vignaoli e dei piedi del chierichetto pigiatore.
la preghiera
nella forma che senti tua. “Amen! Così sia! Così è!”
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