Lunedì 23 novembre
il momento dello Zazen
prima dello Zazen
Anni 1220-30. Il giovane Eihei Dogen pellegrinando attraverso la Cina per trovare un luogo dove si conservasse il vero insegnamento di Buddha, incontrò un tenzo, ossia il cuoco di un monastero. E scoprì in quel cuoco il vero insegnamento che stava cercando tra monti, valli e pianure.
“La spina dorsale era curva come un arco, le lunga sopracciglia bianche come piume di cicogna. Mi avvicinai e gli chiesi quanti anni di vita avesse trascorso in monastero. Il tenzo rispose: Sessantotto”. Era piena estate e l’anziano cuoco che stava facendo seccare dei funghi grondava sudore. Dogen gli chiese:
Perché non ti servi di un assistente?”.
“Un altro non è me”.
“Questa è la norma… ma oggi il sole brucia…”.
“C’è forse un altro tempo da attendere?
da E. Dogen “Tenzo kyokun – La cucina scuola della via” (EDB)
“In un chicco di riso il peso dell’universo”, dice un proverbio orientale. Uno Zazen rimandabile a quando le cose vanno meglio non ha la dignità di un chicco di riso, né di una goccia di sudore.
mi seggo in Zazen…
Il momento dell’ascolto del Vangelo (Mc 6, 34 – 44)
A me, Tommaso, questo Vangelo parla di come Gesù ci raccoglie e si prende cura di noi”
Ascolto il Vangelo leggendolo a chiara voce.
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Nelle catacombe di S. Callisto (Roma, fine II secolo) su una parete di tufo l’immagine qui riportata: il pane l’alimento frutto della terra, il pesce l’alimento frutto del mare. Questa era per i primi cristiani la raffigurazione più autentica del Cristo. Con questa immagine si riconoscevano tra di loro.
Prima della consacrazione del pane e del vino il sacerdote invoca: “Padre veramente santo, manda il tuo spirito su questo pane e su questo vino affinché diventino per noi il corpo e il sangue di Cristo”. Il vero cambiamento che avviene nella celebrazione eucaristica è in noi, che nel pane e nel vino vediamo e incontriamo il Cristo. Se continuiamo a vederlo anche usciti dalla chiesa, è propio il Cristo.
la preghiera
può essere la preghiera della fame e della sete, quando anche il corpo riconosce nel cibo e nella bevanda il Cristo. Ma non la fame o la sete del digiuno che io decido volontariamente per protestare contro la fame nel mondo. Ma il digiuno della pizza e del caffè imposto dal covid. Lì non c’è profanazione di alcun “io faccio per… “.
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