Oggi il cielo è terso, tuttavia sulla nostra anima si è esteso uno strato di nebbia. E’ il numero dei contagi, dei decessi e delle terapie intensive che ci annebbia la visione del futuro. E’ l’impoverimento economico che la situazione ha arrecato alle famiglie e alle imprese. Ma è pure, a un livello profondo, il conflitto politico portato avanti con espressioni astiose che solo all’ascolto feriscono la sensibilità e la dignità umana. Il lume della ragione è annebbiato.
Sì è così; tuttavia c’è una parte che è di ciascuno di noi, che ha un valore ancora più incisivo delle invettive politiche, una parte personale senza la quale non si dischiuderà l’alba del tempo nuovo dopo la traversata del deserto covid. Questa parte è la custodia della calma interiore, è il non lasciar spegnere la lampada della propria dignità e speranza. Troppi anni abbiamo seguito l’andazzo del progresso economico e sociale, e abbiamo declassato a semplice corollario la dignità del proprio ambito interiore. Gli studi furono impostati per il lavoro più che verso la formazione personale. Finalmente diventati liberi? La libertà germoglia dove c’è terreno, questo è la propria esperienza personale. E’ lì, nella nostra esperienza personale che si formano gli anticorpi per resistere e superare le difficoltà. Oggi manchiamo di questi anticorpi personali, per cui demandiamo alle istituzioni politiche e sociali. Ci affidiamo ad anticorpi indotti industrialmente. La nostra parte sembra essere principalmente il lamento e la richiesta d’aiuto.
Ma, ecco, lo strato di nebbia s’è aperto e i raggi del sole si posano sui colori autunnali. Che meraviglia l’amaranto di quell’acero! E il giallo intenso di quel pioppo! Rievoco la scena degli aceri, in giapponese comunemente detti momiji, del Kōyasan, la montagna delle decine e decine di templi buddisti risalenti all’ottavo secolo. L’umidità della nebbia ha custodito vivida la policromia di quelle foglie!
Lo strato nebbioso suscitato dagli ultimi dati si apre, se io apro il cuore. Sì, sono io che gli permetto di aprirsi, e grazie a ciò gli occhi della mia anima e i colori dell’autunno si incontrano. Vedo gli operatori sanitari, vedo gli alunni e gli studenti, vedo i ristoratori e gli operatori dello spettacolo, vedo la Caritas e le parrocchie affollate da persone che chiedono. Mi sento in colpa di essere qui seduto a scrivere!
Ringrazio i miei genitori che mi hanno dato la vita all’inizio della seconda guerra mondiale. Quando questa finì avevo sei anni, sufficienti per ricordare il nostro trasloco dalle colline piacentine alla pianura di Parma, tutti stipati in un vagone merci. Tutto da ripartire. Non ricordo alcun lamento dei genitori. La situazione covid è il nostro qui e ora. La presenza al qui e ora dimezza l’affanno, perché l’accogliere il momento ci mette subito in piedi. E’ libera la libertà che rimpiange il passato o che rimanda tutto a un futuro che io non sto sudando? Situazioni covid ci sono sempre state nella storia, e in altre forme ci saranno ancora. Fanno parte dell’avventura umana. E’ il momento per apprendere come si può rimanere liberi e coscienziosi nelle difficoltà, e poi tramandarlo ai nostri figli. Qui e ora è la vera scuola di questo momento, non on line, ma nell’intimo della propria avventura di vita.
Posto questo sfondo, mettiamocela tutta per bloccare la diffusione del covid e per riattivare le attività scolastiche, lavorative, culturali, religiose. Sì, ci vuole lo sfondo religioso per riconoscere che la presenza di Dio che cercavamo nella preghiera era in atto proprio nel qui e ora che stiamo vivendo!
Mentre i popoli occidentali, i seguaci della civiltà dei lumi, sono ancora avvolti nel fitto strato della nebbia covid e si dimenano tra tanti punti di vista opposti, i popoli dell’Estremo oriente, che furono i primi ad essere aggrediti dal covid, ben presto hanno recuperato la loro quotidiana libertà. La loro non è la libertà occidentale dei lumi; è piuttosto una libertà dove anche il buio è di casa insieme con la luce. La loro libertà contempla il momento del silenzio e dell’obbedienza. Obbedire liberamente! Senza ledere la libertà! Perché è libertà il passare l’anfratto basso della caverna chinando il capo, disposti a rialzarlo appena usciti. Se proprio non si vuole chinare il capo, bisognerà smussare la roccia per non urtare. Ma contro che cosa si urta? Siamo liberi per fare i liberi, oppure per essere liberi? La visita del Buddhismo all’occidente può regalargli un po’ di questo saper obbedire liberamente, che altro non è che obbedire al proprio rimanere liberi. In cambio di quanto l’Occidente ha regalato all’Oriente, cominciando dal rapporto scientifico con la natura. A Pekino hanno eretto un monumento al gesuita Matteo Ricci che per primo ha dischiuso questa via alla Cina.
Il link qui sotto riportato apre un racconto che mi ha commosso. La gara tra operatori sanitari e un paziente Andrea in terapia intensiva da quattro mesi per non arrendersi al covid. Andrea e i medici si ringraziarono reciprocamente. Un cenno in più: Parma è la mia città e ciò mi dà gioia. Vi viene riportato la vicenda similare di un americano. Guarito, lasciò l’ospedale e gli fu consegnata la fattura di oltre un milione di dollari. L’immaginaria fattura consegnata ad Andrea riportava immaginariamente solo due parole: GRAZIE ITALIA!
Da Repubblica di Parma, 19 ottobre
Martedì 27 ottobre, cimitero di Lambrate. Con un breve e commovente rito è stata tumulata l’urna contenente le ceneri di Miura Inao. Fisicamente presenti sono 5 di noi, gli altri hanno accompagnato con la preghiera. La soprano Shinobu, amica di Inao, ha cantato l’Ave Verum di Mozart, che non aveva potuto cantare al funerale perché impedita dalla tosse. Miura Inao aveva molto amato l’Italia, ne aveva fatto la sua patria adottiva. Con una Fiat 600 amava girare l’Italia e contemplare le su bellezze artistiche e i suoi panorami. Il suo pellegrinaggio nel 2010 approdò alla cappellania giapponese dietro il Duomo, Milano. “Padre, sono 10 anni che ascolto il discorso del papa per televisione ogni domenica, e ho letto molti libri sull’insegnamento di Gesù. Sono venuta a chiedere il battesimo.” Fu battezzata la Pasqua 2012 e da allora ha continuato a cantare l’inno a Maria, accompagnando il canto con il violino. Una domenica Kenshin, un giovane giapponese cristiano, studente liutaio a Cremona, aveva voluto offrire sull’altare, durante l’offertorio della messa, il primo violino da lui costruito. La signora Inao gli chiese se glielo vendeva. Ora Kenshin costruisce violini in Spagna e Inao suona il violino in paradiso.
p. Luciano
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