Splendida la figura dell’anziano papa che, pure a stento per la sciatalgia di cui soffre, percorre maestoso e calmo le strade della terra del Golfo Persico, dove da decenni la violenza umana ha seminato tanto dolore! Da trent’anni a quella terra non ha fatto visita nessun capo di stato, nemmeno fra quelli potenti che vantano d’aver vinto le due guerre del Golfo. Ma, zoppicando, papa Francesco vi è giunto; e fu accolto con grande esultanza. Splendido l’ospite e splendida l’ospitalità. I mass media lo denominano capo dello stato più piccolo del mondo, ma egli si presentò semplicemente come un pellegrino penitente. Sì, perché papa Francesco è un pellegrino penitente anche in Vaticano, anche nella sua Chiesa.
Oggi, 6 marzo, papa Francesco è stato pellegrino penitente al luogo dove sorgeva Ur, la ricca città dei sumeri, che Abramo, chiamato da Dio, lasciò incamminandosi verso “un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava” (Eb 11,8). A Ur, a nome della comunione cristiana cattolica papa Francesco ha condiviso la fratellanza con gli altri due popoli che si riconoscono discendenti di Abramo: attraverso il primogenito Ismaele i popoli musulmani, attraverso il secondogenito Isacco il popolo ebraico. Il popolo cristiano, a sua volta, attraverso il popolo ebraico.
Nella terra che geograficamente fu la fonte da cui si diramarono grandi cammini umani e religiosi, negli ultimi decenni è stato versato tanto sangue. Conflitti interni tra confessioni musulmane e, ricorrendo a menzogne costruite, guerre mosse da parte di grandi poteri esterni. Milioni di curdi musulmani e di caldei cristiani cercarono futuro emigrando altrove. Sul fisico e sull’anima della gente semplice rimasta nelle case semidistrutte dalle armi l’afflizione della guerra e dell’esilio delle persone care.
Ore 16,30 – 6 marzo. Sospendo la lettera e ascolto in diretta attraverso TV 2000 l’omelia di papa Francesco dalla cattedrale caldea di Baghdad: “Vivendo la beatitudine della povertà, e della mitezza, … è con questa umile testimonianza quotidiana che si cambia il mondo e si costruisce la pace.!”. Ascolto il canto del Vangelo delle beatitudini in liturgia caldea, e quella ondulazione della voce, al solo ascolto, infonde calma e fiducia. Anche il canto gregoriano ama gorgheggiare su e giù, intrecciando le situazioni della vita in una sola offerta melodiosa.
Accadono avvenimenti che in un flusso restituiscono la speranza che una serie di disavventure sembrava aver sepolto per sempre. In quell’Iraq, dove ci eravamo lasciati convincere che la pace non potrà ritornare per lungo tempo, ecco un anziano papa a diffondere senso di fiducia e di pace, testimoniando quanto sia gracile la forza del male. Il semplice volto di un uomo che, attraverso la religione a cui appartiene, scopre l’amore di Dio che è effuso oltre i limiti della sua religione. Cattolico, dal greco kata – olos, ossia presso tutti, il papa cattolico lo vive aprendo la sua fede, la sua speranza e il suo amore oltre il confine della sua chiesa, verso al come Dio vede tutta la sua creazione.
La settimana scorsa una suora birmana in ginocchio sulla strada di Naypyidaw aprì le braccia a forma di cuore e bloccò la fila dei poliziotti armati per l’assalto alla folla dei dimostranti. Alcune suore birmane operano come missionarie della carità negli istituti di Milano. Le incontro quando vengono in duomo per il sacramento del perdono. A loro chiedo come sta la loro mamma e subito sul volto il sorriso. A volte anche una lacrima.
La suora birmana e papa Francesco: “Beati i miti: erediteranno la terra!”.
Un gesto di mitezza a portata della nostra mano: chiniamoci ad osservare le norme che ci sono indicate e fermeremo il covid! Evitiamo il lamento e regaliamo il sorriso alla vita, anche quando ci mette alla prova. Il sorriso che genera altro sorriso, in chi ci sta vicino. La mitezza eredita la terra!
p. Luciano
Nessun tag per questo post.