L’area comunale della grande città di Milano nel suo circondario periferico comprende alcuni borghi dove ancora sussiste la vita stile paese. La domenica la gente, dopo la messa parrocchiale, si riversa nei bar della piazzetta centrale, scambiandosi saluti e pareri su ciò che accade. Una giovane di uno di questi borghi, alcuni anni or sono, partì per i paesi del centro Africa ad offrire il suo servizio come volontaria. Fu rapita e mercanteggiata per anni da bande locali islamiche. Finalmente liberata, fu accolta con esultanza dalla famiglia e dal popolo italiano. All’aeroporto di arrivo la giovane si presentò con il capo avvolto nel burqa: in prigionia si era convertita dal cattolicesimo all’islam dei suoi rapitori. “Senz’altro fu una simulazione per salvare la vita, ma presto ritornerà a frequentare la chiesa dove è stata battezzata!”, commentarono molti. E’ passato un anno e la giovane si è sposata con un giovane della mite terra emiliana, pure lui da anni convertito all’islam. Ora la giovane chiede di essere dimenticata per continuare a svolgere l’attività volontaria dell’insegnamento della lingua italiana ai figli di immigrati.
Ho scelto questo evento come punto di partenza di questa lettera agli amici, perché istintivamente avrei voluto sottacerlo. Non solo perché la giovane neo-musulmana chiede di essere dimenticata ma, ancor più, perché le mie convinzioni di missionario cristiano ne sono ferite. Tuttavia proprio l’allergia a parlarne mi evidenzia che qui è posta una sfida importante con cui confrontarmi. La giovane convertita all’islam, rientrata nel suo paese natio, ossia in questa nostra Italia dove l’islam in molti suscita paura, continua a custodire la sua visione di fede. Per di più, ora, ha coronato la sua scelta attraverso le nozze con un giovane che, già cristiano, da tempo si era convertito all’islam. E non vi appare alcuna costrizione!
Missionario del Vangelo ho accompagnato alcune centinaia di adulti del Paese del Sol levante al battesimo cristiano. Versando l’acqua battesimale sul loro capo ho potuto scorgere le lacrime che, fuoriuscendo dai loro occhi, silenziosamente si fondevano con il flusso dell’acqua. Gioia intima dei neo-battezzati e gioia intima del missionario che li ha accompagnati. Ma anche la giovane coppia convertita all’islam deve aver provato una gioia simile: i comportamenti assunti dopo la conversione lo lasciano intuire.
La fede che attua la comunione vitale fra questo piccolo essere esistente che è l’uomo, che è ognuno di noi, con l’infinito di sapienza e di amore che lo avvolge, tale fede è libera dalle appartenenze religiose e si dà con intensità anche nell’assenza di ogni forma religiosa costituita. La fede è il riverbero istintivo del palpito stesso della vita. Ogni vivente sperimenta l’inscindibile legame del suo essere vivo dentro qualcosa più grande, più potente, più amabile e contemporaneamente più esigente di tutte le misurazioni di cui egli dispone. Il ruscello scorre gorgheggiando: ogni attimo è l’inscindibile legame con la fonte da cui sgorga, con il fiume in cui fluisce, con tutto quanto è contenuto nella montagna della fonte e nel mare dove il fiume si riversa. Dal fremito che si genera nel conflitto a fuoco tra il limite e l’illimitato che ci costituiscono, ecco lo sgorgare del palpito che è il germe della fede. Alcuni esprimono la fede con l’adesione a una forma religiosa, altri con il negare qualsiasi forma religiosa. Nei primi secoli cristiani la fede di Gesù di Nazareth da alcuni fu giudicata religione mistica, da altri ateismo mistico.
Oggi l’umanità conosce la sua posizione infinitesimale nell’immenso cosmo. Conosce pure il lungo processo evolutivo che ha preceduto l’apparire di questa nostra generazione, che noi definiamo civile e progredita. Ci sentiamo gli arrivati, ma di fatto siamo l’ultima propaggine di una evoluzione incommensurabile. Il recinto religioso dove le religioni istituite racchiudono i loro dogmi occupa uno spazio infinitesimale nell’immensità dell’universo e delle incalcolabili generazioni dell’evoluzione della vita. La scoperta della marginalità dell’uomo nell’universo in alcuni suscita ansia e chiusura, in altri è invito a respirare a pieni polmoni quel soffio di cui Gesù disse “non sai né da dove viene né dove va” (Gv 3, 8).
Detto questo, mi è gradevole ascoltare il fringuello che ogni mattina accompagna la mia pratica di meditazione e di preghiera. L’attico dell’edificio al lato opposto della strada sfoggia una piccola selva
di camelie e di aceri rossi. Il fringuello vi ha costruito il nido e ogni mattina ne canta la gioia. Stamane è venuto a posarsi sul balconcino dell’appartamento dove abito. Ho tentato di accostarmi e dirgli il benvenuto, ma invece gli ho incusso paura ed è volato via, lasciandomi in regalo una piccola cacca bianca sul parapetto. Segno della vitalità di quel corpicino.
Con questa lettera è evidente la mia intenzione di ammirare il palpito originario della vita che è la fede. Tuttavia, in contemporanea, voglio concludere questa lettera spendendo una convintissima parola sulla preziosità dell’appartenenza religiosa. Questa, l’appartenenza religiosa con i suoi riti, dogmi, precetti, testi sacri ecc., fa parte della fenomenologia del limite. Eppure è proprio l’esperienza concreta del limite che dispone all’esperienza dell’illimitato che ci avvolge e ci contiene, senza riduzione alcuna, e contemporaneamente ci previene dall’ammaliante tentazione a lasciarci svenire nell’indefinito nebuloso del non senso. La fede vuole la resistenza del conflitto tra opposti inconciliabili, tra il limite e l’illimitato. Fuori da quella resistenza non c’è palpito alcuno. C’è solo quietismo!
Nulla guida l’essere umano a conoscere la sua posizione nobile come il conflitto degli opposti che sempre è in atto nel suo intimo. Dal dinamismo che si sprigiona resistendo provengono il calore del perdono e dell’amore, la luce della conoscenza, l’apertura all’oltre che è il palpito della fede. Con terminologia in uso nel mondo della psicologia, nell’uomo si consolidano la volontà e fiorisce l’intelligenza.
La religione che conosce il conflitto verso l’esterno, per esempio verso le altre religioni, ma ignora il conflitto che si svolge nell’intimo della sua stessa anima, tale religione è solo scorza essiccata. Così è di una religione che elimina il conflitto riportando tutto all’uomo, oppure tutto a Dio. Lutero affermò che la salvezza è opera soltanto di Dio, il quale sottomette tutti al peccato e dallo stato di peccato salva chi ha predestinato alla salvezza. In questa visione l’uomo scompare. Qualora l’uomo volesse riemergere, non gli resta che tuffarsi nel ceto dei predestinati. Questi sono salvi, ma senza le ferite alle mani, ai piedi e al costato. Gesù invece ascese al cielo con le mani, i piedi e il costato forati. Domenica 23 celebreremo l’effusione dello Spirito. Anche lo Spirito sgorga come resistenza nel conflitto intrinseco in Dio, tra Dio come padre che origina e Dio come figlio che è originato. La Trinità è il crogiolo tra la volontà divina che crea e l’intelligenza divina che dà forma e ordine alla creazione. Da quel conflitto lo sgorgare dello Spirito che è amore e libertà.
A questo punto mi domando perché ho cominciato questa lettera riportando la conversione all’islam di due giovani battezzati. E’ perché sconvolge i miei punti fissi, quindi mi ferisce, quindi mi interpella. Nella chiesa cattolica c’è una onta che trattiene ogni cattolico dallo sfuggire dal conflitto interno alla sua chiesa di appartenenza. E’ stato l’orgoglio di possedere la verità, da cui l’inquisizione e le sue vittime. Per quanto mi è dato conoscere, ogni religione è segnata dalle sue contraddizioni. Eppure, il permanere nel conflitto di limite e di illimitato, senza rifugiarsi in un intellettualismo religioso che è senza ferite perché è senza mani, senza piedi, senza costato, questo permanere nel conflitto è fede profonda e vera. Nel divario tra limite e illimitato lo Spirito soffia: “ne senti la voce, ma non sai né dove viene né dove va” (Gv 3, 8). Oni sacramento è soffio dello Spirito e materia che lo accoglie: l’acqua nel battesimo, il cibo e la bevanda nell’eucaristia, i peccati nella confessione del perdono, la comunione fisica tra gli sposi… Il soffio, toccando la materia, diviene brezza!
A tutti noi una sincera festa delle mani, piedi e costato forati che salgono in cielo, e dello Spirito che soffia dal cielo rinnovando la terra.
p.Luciano
ascolta il cinguettio del fringuello: https://www.youtube.com/watch?v=9FOQdSlSrZI
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