Questa lettera intende far conoscere ai tanti amici, che si chiedono quale futuro dopo il covid, l’iniziativa della convivenza di dieci giorni in cui si sono impegnati una quarantina di noi, dal 19 al 29 agosto, praticando lo Zazen, celebrando l’Eucaristia, ascoltando e condividendo le reciproche esperienze e riflessioni, trovando sollievo nel grembo della natura. Il luogo: una fattoria agricola tra i frutteti della Romagna, trasformata in centro di spiritualità. Nella calma e con la fiducia nel cuore, vogliamo ri-perimentare dentro di noi l’uomo originario che abbiamo sommerso sotto rumori e fissazioni mentali di ogni genere, per attingere la forza a resistere ai vittimismi e l’energia per creare il tempo nuovo.
Se vuoi, anche tu hai la possibilità per condividere il cammino della convivenza. Ogni giorno verranno spediti via posta elettronica i files audio della riflessione e della successiva condivisione avvenute al mattino. Se sei interessato a riceverli, ti si chiede di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica a vangeloezen@gmail.com.
L’uomo originario è potente e nobile. Nel medio-evo, quando la civitas romana affondò nell’anarchia e nel disordine, i monaci benedettini, pregando e lavorando, bonificarono le terre e animarono di vigore concreto la vita associativa delle genti europee. I recenti casi di piromania distruggendo nel fuoco la vita umana, animale, vegetale, ricordano quanto l’uomo possa tradire la nobiltà originaria e causare sofferenza immane. Ma, ecco, l’ardore straordinario, e insieme riconoscente e umile, dei giovani atleti delle Olimpiadi di Tōkyō ci ammoniscano a non cedere alla mediocrità della rassegnazione, ma ci testimoniano che, credendo e volendo con tutte le forze, con il nostro sudore e irrorati dalla grazia dal cielo, possiamo costruire un nuovo futuro. Una donna immigrata dall’Africa ha assistito alla cerimonia della medaglia d’oro al figlio Fausto in casa della persona anziana di cui è badante a Parma, la mia città. Con mie parole evoco quanto ascoltato al telegiornale. Mamma Veronica: “Gli ho insegnato il rispetto!”. Il figlio Fausto: “Mamma, grazie perché mi hai insegnato il valore del sacrificio”. Ancora mamma Veronica: “Non gli ho mai dato più di due euro al giorno, affinché imparasse che si deve vivere con il proprio lavoro”. Due euro al giorno + la potenza della volontà = la medaglia d’oro. Con tanto amore e gioia!
Grazie atleti delle Olimpiadi di Tōkyō. Il quotidiano giapponese Asahi, dopo lo Yomiuri secondo per diffusione nazionale, nella rubrica RONZA (論座), letteralmente La cattedra della critica, recentemente ha pubblicato alcuni articoli sulla energia vincente del popolo italiano, partendo dai risultati olimpici riportati dai nostri atleti. In data 26 luglio il giornalista Chihiro Itō scrisse che l’energia vincente degli atleti italiani poteva mancarvi l’accenno alla ginnasta italiana, Vanessa Ferrari, che per la sua esibizione agli Europei aveva scelto l’inno della resistenza: “Bella ciao, Bella ciao”, e per quella alle Olimpiadi l’inno della ripartenza: “Con te partirò” di Bocelli.
Resistere e ripartire. In un articolo dell’8 agosto, commentando lo stupendo successo italiano della staffetta 4×100, lo stesso giornalista in calce aggiunse una nota: gli atleti italiani avrebbero appreso l’arte di vincere alla marcia, imparandola dagli atleti giapponesi a Doha nel 2019. E’ bello questo far capolino della propria fierezza nazionale anche nel bel mezzo di encomi rivolti ad un altro popolo. Somiglianza e differenza che reciprocamente distinguono e contemporaneamente attirano italiani e giapponesi!
Un episodio olimpico mi ha fatto sentire ingrato verso il popolo giapponese, seppure credo di averlo sempre ammirato e lodato con le mie parole. Un pregiudizio mi aveva impedito di credere che il popolo giapponese fosse capace di accogliere quattro atleti di uno dei paesi più poveri del mondo, il Sudan meridionale, e averne cura con tanto amore e rispetto. Sempre sul quotidiano Asahi le foto delle slot machine di bevande a Maebashi – in Giappone sono numerose lungo le strade pedonali – con la scritta che una parte del ricavato della vendita sarebbe destinata all’accoglienza dei quattro atleti sud-sudanesi. Questi si erano recati in Giappone già dal 2019 per potersi allenare nelle fornite palestre del posto, mancanti nel poverissimo Sudan del Sud. Il Sudan del Sud ottenne l’indipendenza dal Sudan di Khartum nel 2011. Motivo dell’indipendenza, raggiunta pacificamente, fu l’anelito alla libertà religiosa e culturale: il Sudan settentrionale è musulmano, quello meridionale prevalentemente cattolico. Ad accogliere gli atleti sud-sudanesi fu la città di Maebashi, poche decine di chilometri a Nord di Tōkyō. Originari di questa città anche alcuni amici della cappellania giapponese di Milano. Nella campagna attorno a Maebashi abbonda la coltivazione di gelsi e l’allevamento di bachi da cui si ricava una seta pregiatissima, meta dei semai italiani di Como del secolo scorso e di tutto il mondo. Ebbene, la rinomata città della finissima seta giapponese riversò aiuto e rispetto ai quattro atleti venuti da un paese poverissimo. I giovani giapponesi invitarono gli amici africani a frequentare la loro università. Il fatto mi commuove, eppure mi rimprovera severamente: fino a oggi io, missionario cristiano in Giappone, non avevo creduto possibile che dei giapponesi, etnicamente così fieri della propria cultura, potessero sentirsi subito amici di giovani provenienti da una cultura etnicamente così diversa, e con tanta spontaneità da non fare alcun rumore fino a oggi. Forse a impedirmi fu il pregiudizio che certi atti nobili si diano soltanto nella religione di cui sono ministro! Così la religione, che dovrebbe aprirmi il cuore, insensibilmente mi divenne il pretesto per chiuderlo.
“Ma ora apriamo il cuore! p. Luciano