“Quale è la domanda che manca, padre Luciano? Grazie!”
E’ la domanda, la contro-domanda, che P. B., una persona amica, mi ha ritornato leggendo nell’ultima lettera (5 giugno) l’affermazione che ai nostri giovani, così spontanei, “manca la conoscenza esperienziale dell’umano – manca la conoscenza perché manca la domanda”.
La risposta è, credo, molto semplice: manca ciò che sta frammezzo un fiore e il suo diventare un frutto. Il fiore è profumato, ma il frutto è saporito. Passando dal lessico floreale a quello umano, alla spontaneità manca la sapienza. Sapienza è appunto il sapore dell’esperienza. La regia della spontaneità è svolta dall’io con il suo carattere, quella della sapienza è svolta dalla vita.
Eppure, mai e poi mai madre natura ha creato frutti saporiti scavalcando lo stadio del fiore. Ugualmente, mai e poi mai l’uomo matura alla sua sapienza senza aver prima dischiuso la sua fioritura. La fioritura giovanile della nostra epoca è bella: fiori coltivati con cura nei giardini e sui balconi, ma altrettanto fiori di radure selvagge. I giovani che vediamo scendere dai barconi su cui hanno attraversato il Mediterraneo, pur sotto i segni evidenti della stanchezza e delle peripezie subite, hanno volti e occhi nobili, forse più aperti verso quanto li contorna che gli occhi dei nostri universitari semichiusi e concentrati sui libri.
Il passaggio, che è prova decisiva del processo del fiore che matura in frutto, è la caduta dei petali. Gli alisei, i venti stagionali che prima avevano risvegliato il fiore a sbocciare, ora lo spogliano. I fiori che permangono fioriti sono astagionali: sbocciati fuori stagione, sono neutri. Nella lingua giapponese la fioritura fuori stagione è detta kurui-zaki (狂い咲き), ossia fioritura ubriaca – fiori impazziti. Così sono i pomodori fatti maturare artificialmente ad ogni stagione nelle serre riscaldate: senza sapore. Così il fenomeno delle convivenze che ristagnano, afone del reciproco “Sì”, nella serra della riserva e della non decisione. Il profumo del fiore che è l’amore non matura nel sapore del frutto che è la gratuità. Il profumo viene meno e il sapore non arriva.
La spontaneità non è ancora libertà interiore.
La spontaneità protratta oltre la sua stagione diviene spontaneismo. La giovinezza protratta oltre la sua stagione diviene giovanilismo! Per simulare immutabile giovinezza si ricorre a tatuaggi e a mode di ogni tipo. Perfino allo smalto alle unghie. Eppure è una bellezza giovanile che non convince, vi è un che di ostentato, di a-stagionale. Non è cresciuto l’albero della libertà interiore. E’ stato annunciato che al prossimo settembre, in Italia, il mondo scolastico, globale di ogni livello, subirà un calo di 150.000 studenti. Il giovanilismo ha inaridito l’età che la natura vuole la più sorgiva di nuova vita, gli anni trenta, gli anni rigogliosi di un vigore giovanile maturato al sapore della gratuità. Un trentenne di Nazareth disse: “Gratuitamente avete ricevuto – gratuitamente date”. E lui visse così.
“Quale è la domanda che manca, padre Luciano? Grazie!”
La risposta è, credo, molto semplice: manca ciò che sta frammezzo un fiore e il suo diventare un frutto. Nel frammezzo sta l’esperienza della gratuità. I petali variopinti dell’io psicofisico che detiene la regia della spontaneità e che gestisce le avventure dell’età adolescenziale e della prima giovinezza, questi petali vanno lasciati cadere avvertendo, nello spogliazione dei petali, risvegliarsi il palpito dell’io interiore. Questo, l’io interiore, è pur sempre l’io psicofisico che ora giunge a conoscere che la sua natura profonda, come la natura di ogni io, non è l’io privato, autoreferenziale, auto-circoscritto. Ma è il NOI; e a questa natura vera si converte e si incammina, fino a intravedere come ciascun io nel NOI conosce la sua personalissima unicità.
Milano, 14 giugno 2023
Ai nostri giovani, così spontanei, manca la testimonianza, da parte della generazione che li ha preceduti, che al cadere dei petali giovanili la vita matura al suo sapore. Manca perché la cultura giovanilistica ha ostacolato ai giovani non più giovani di giungere a gustare il sapore che la vita matura scorrendo. E’ il giovanilismo diventato moda, mass media, social, politica, religione… che trattiene generazioni e generazioni immature.
Ai nostri adolescenti e ai nostri giovani abbiamo una testimonianza importante da offrire. Eccola: Stiamo vivendo la stagione che viene dopo la loro e che proprio questa è la nostra stagione, come la giovinezza è la loro. Non è tanto che lo dobbiamo dire con delle parole, e nemmeno dobbiamo sottintenderlo con un silenzio studiato. Basta essere la propria stagione senza posa alcuna. La gratuità non necessita di aggiunte. Ciò che è gratuito testimonia gratuitamente. Quando un genitore deve ammonire un figlio o una figlia, può alzare la voce e affermare: “Si fa così!” e chiudere il discorso. Ma può anche dire: “Papà (o Mamma) in situazioni simili si è comportato/a così. Poi, più avanti, ha capito che c’è un comportamento ancora migliore. Vi ha messo del tempo, ma poi tutto è diventato chiaro”.
In silenzio assaporiamo gli anni che abbiamo!
p. Luciano