Domenica 14 gennaio: su suggerimento di amici sono andato a vedere il film “Days perfect” di Wim Wenders. Ieri, lunedì 15 gennaio, al confessionale in Duomo a Milano è venuta una donna dalla chioma bianca come una collina coperta di neve che, prima di aprire il suo cuore per consegnarlo alla benevolenza di Dio, mi salutò con queste parole: “Ho 99 anni. Ormai non faccio più niente e non distinguo più come una volta se le cose sono giuste o non giuste. Soltanto prego il rosario tutto il giorno per le cose giuste e quelle non giuste che non distinguo più!”.
I due incontri, con il film di Wenders e con la 99nne dalla chioma come una collina innevata, avvenuti a distanza di poche ore si sono fusi subito in me come un richiamo all’amabilità che permea la vita quotidiana fatta delle stesse cose, a volte giuste, a volte meno giuste. Perché questa donna di 99 anni continua a chiedere perdono e benedizione? Il suo volto era amabile. Che sia proprio la vita con il suo ritmo ripetitivo a delineare l’amabilità sul volto umano? La ripetizione delle stesse cose come gocce di rugiada su steli d’erba.
I “Perfect days” descritti nel film di Wenders sono le giornate di un operatore ecologico addetto alla pulizia dei bagni pubblici (toilet) del quartiere Asakawa di Tokyo. In questo quartiere periferico della megalopoli che è la capitale nipponica convivono la tradizione e le novità del Giappone. Lo stile di vita come una volta sussiste nelle strette viuzze di case in legno con giardinetti di bambù, mentre una torre alta 634, capolavoro dell’ultima ingegneria, che i giapponesi denominano all’inglese Sky Tree, Albero del cielo, troneggia sul quartiere. Illuminata, la torre costituisce la prima attrazione di Tokyo by night.
L’operatore ecologico del film, Kōji Yakusho, miglior attore a Cannes 2023, vive le sue giornate intessute delle stesse azioni e gesti con vivida lievità. Lava il vaso che noi all’inglese chiamiamo water, come un sacerdote i vasi sacri. Confucio ha insegnato che il lavoro fatto bene e con dedizione è la prima compensazione per il lavoratore, ancor più personale e ancor più intima gioia che lo stipendio. Con il suo lavoro il giapponese conversa, in silenzio. Tutto questo con le immancabili eccezioni e la trasformazione imposta dall’industrializzazione.
Ma anche nella nostra Italia possiamo ammirare la dedizione al lavoro come fosse un atto liturgico. Ricordiamo le scene di infermieri e medici travolti dall’emergenza covid e pure le scene dei capolavori agricoli che sono i vigneti, le risaie, gli uliveti ecc. Personalmente ammiro gli operatori ecologici che a notte fonda, pressappoco allo stesso orario, ritirano i sacchetti di rifiuti lungo la via dove abito in centro Milano. Grazie all’insonnia, che con un ritmo ripetitivo ogni tanto mi permette di uscire sul balcone a notte fonda, più volte ho osservato la scena del loro fermarsi ogni 20 metri, balzare giù dal veicolo in strada e raccogliere sacchetti e sacchetti. Qualche sacchetto non chiuso bene rovescia fuori il contenuto ed ecco l’operatore a raccogliere con le mani guantate gli oggetti a uno a uno. La stessa scena di Perfect days, anche se qui si tratta di Perfect nights. Non pochi che venerano le cose belle di altri paesi, in primis del Giappone, sono molto avari nel riconoscere la stessa dignità nel comportamento di chi gli sta vicino. Quante colf accudiscono all’assistenza di anziani e alle cure domestiche e, forse, il datore di lavoro s’accontenta di pensare che, dando lavoro a chi non l’ha, è lui/lei che fa del bene a loro! Insomma, tocca alle colf a chinare il capo dopo aver chinato la schiena tutto il giorno a pulire pavimenti che figli e cagnolini mettono a soqquadro. L’armonia che tuttora sussiste nel mondo è dono di una miriade di persone che lavorano con semplicità e dedizione, in silenzio, compensati dalla segreta gioia di fare il proprio lavoro come il melo fa le mele semplicemente perché è melo.
Chissà quanti rosari avrà pregato anche oggi la signora 99nne, dalla chioma come una collina innevata. Il rosario: decine e decine di Ave Maria frammezzate dal Padre nostro. Una vera monotonia per chi è in ricerca di emozionanti sobbalzi. La signora 99nne che non può più fare niente e che non distingue più le cose giuste da quelle non giuste, ad ogni Ave Maria sulle une e sulle altre chiede la rugiada della grazia. La silenziosa gravidanza della grazia.
Kōji Yakusho, l’attore che nel film Perfect days pratica la ripetitività quotidiana in vivida lievità, è originario di Isahaya, una cittadina presso Nagasaki nel Kyûshû, la grande isola meridionale del Giappone dove è rimasta profondamente viva l’anima tradizionale giapponese con le sue belle virtù. E’ anche la terra dei martiri cristiani, di cui il film Silence. Questi, i martiri cristiani, per oltre 200 anni, senza la presenza di alcun sacerdote e nonostante la persecuzione indetta dallo shōgun, hanno trasmesso la fede di generazione in generazione. La preghiera che legava le loro giornate l’una dopo l’altra era l’Ave Maria.
Il film termina con la scena dell’operatore ecologico e una persona incontrata che inseguono la loro ombra, ovviamente senza raggiungerla mai. Il messaggio dell’illusione! Nella finissima cultura e religiosità giapponese sul fondo del fondo il nirvana, ossia lo spegnimento delle brame. La ciclicità del karma che sempre insegue. Incantato dalla diligente dedizione giapponese la mia convinta testimonianza missionaria è del cardine del Vangelo. C’è la risurrezione dal karma che insegue. Nel perdono. Il perdono che è amare e venerare se stesso risorto, liberato dalla brama del se stesso perfetto. Allora Perfect days sono proprio le nostre giornate così come sono, offerte alla vocazione di esistere come esseri umani. Come l’operatore ecologico del film, sostando a contemplare gli alberi che distendono rami frondosi, senza sforzo. Come la signora 99nne che, non potendo più fare niente, oltre la distinzione del giusto e non giusto, abbraccia tutto nella sua preghiera del rosario.
p. Luciano