Scalando a mani nude
Tra la prefazione di Isacco, un giovane dottorando, e la postfazione di Marcello, un giovane docente universitario, la testimonianza di un anziano sacerdote: lo sguardo rivolto a ciò che oggi avviene e, avvenendo, diviene l’oggi di domani. L’anziano sacerdote: il sottoscritto.
“Perché tanta violenza?” si chiede l’uomo d’oggi che sosta e riflette. Tanta violenza è dal venir meno negli esseri umani il vivo rapporto con il grembo della natura dove ciò che esiste in forma individuale pre-è senza forma individuale, pre-è vuoto; e le tante individualità pre-sono l’UNO. L’albero, mentre stende i rami, si radica profondo nella natura che da cui è nascente. L’essere umano, assumendo un nome individuale, si immedesima nel suo progresso individuale e, sradicato dalla natura da cui è nascente, ingaggia conflitti con altri uomini pure essi sradicati dalla natura da cui sono nascenti. Pale al vento! L’essere umano finisce per non conoscere l’agile equilibrio dell’albero e, squilibrandosi, si fa violento.
Nella natura del nascere tutto è l’UNO. L’UNO è vuoto, è immenso, è senza forma e fecondo di tutte le forme. Dalla brulla terra nascono tutti i viventi nella loro infinita policromia. Quell’UNO è natura divina da cui tutto nasce all’esistenza. Nascendo alle forme individuali, quell’UNO permane il fondo che pre-è alle forme individuali. L’UNO è l’utero dell’essere. E’ il vuoto onni-potente che instilla in ogni cosa che nasce la sua propria misura di potenza. L’UNO è onni-potente: è potente in ogni cosa. La misura di potenza instillata nell’essere umano è la dignità personale.
Separata dall’UNO da cui è nascente, l’umanità si auto-comprende come una infinita serie di entità separate e in competizione fra loro, ciascuna entità aggomitolata attorno al nucleo del proprio io. L’io detiene diritti inviolabili – si afferma – e, tramite il proprio comportamento, l’io è l’attore del proprio destino eterno, di felicità o di infelicità.
Tutto è dato! Dall’utero dell’UNO, alla nascita all’esistenza, quel tocco potente che imprime in ogni esistenza la sua unicità e la sua carismaticità. La mente umana ci classifica come numeri e afferma: gli uomini sono tutti uguali. Ma dall’UNO, gratuitamente, siamo nati tutti differenti, ciascuno unico, ciascuno prezioso, ciascuno necessario alla comunione nell’UNO. La mente umana, in esilio dalla vivida memoria dell’UNO, ci classifica come proprietari. L’UNO ci genera tutti vuoti di possesso, affinché la linfa dell’UNO, la grazia, abbia a circolare gorgheggiando. La mente umana, in esilio dalla vivida esperienza dell’UNO, reputa la morte una disgrazia perché l’io decade. L’UNO che chiama alla vita, ugualmente chiama alla morte. E la vita circola gorgheggiando, sempre nuova di generazione in generazione. Ad ogni forma di vita il comando di creare il seme da cui nuova vita. Ma prima del seme nella polpa del frutto maturo, il comando a sbocciare in fiore, quale inno alla bellezza del fatto che tutto diviene rimanendo vuoto, senza possesso, emanando il profumo.
L’UNO è la natura divina. Dio nel suo operare si posiziona nelle tre ipostasi personali del Padre, del Figlio e dello Spirito. L’operare dell’UNO divino vuole la distinzione. E’ una celebre affermazione del cardinal Martini. Dio è UNO nella natura divina, di cui la natura, ossia il cielo e la terra, è la manifestazione più nobile e significativa. Il cristianesimo ha dimenticato l’UNO – NATURA DIVINA che ontologicamente pre-è alle persone divine. Anche le persone divine sono nascenti dalla natura divina dove il divino è UNO. In quell’UNO il Padre che crea gli esseri esistenti è UNO con le sue creature; il Figlio che dà ordine, senso ed armonia agli esseri esistenti è UNO con gli esseri esistenti che redime; lo Spirito che è vento e fuoco è UNO con le forme esistenti che investe del vento che genera l’arte e del fuoco che genera l’amore. Nell’UNO – NATURA DIVINA le persone divine e umane, e tutti gli esseri si danno la mano: sono UNO. Nei momenti più silenziosi della vita possiamo sperimentare la propria nuda finitudine fondersi nell’infinito dell’UNO. La comunione!
Ciascuno di noi, a come appare ai suoi occhi e agli occhi degli altri, a tutto questo suo apparire pre-è se stesso senza forma nell’UNO. Non conoscerà mai se stesso fino in fondo, perché il suo fondo è senza forma, è l’UNO in cui tutto è prima di nascere alla propria forma. Ciascuno di noi nasce dall’UNO non per un suo fine privato, nemmeno per il suo paradiso. Nell’UNO c’è un solo paradiso: VENGA IL TUO REGNO! C’è un solo convivio: “Questo è il mio corpo dato! Questo è il mio sangue versato”! Le persone divine possono condannare all’inferno, ma l’UNO, le viscere di Dio, non possono condannare. «Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione». (Osea 11,8) E ancora: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Gesù sulla croce: “Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno”.
Una monaca, quindi donna, commenta così “Rechamim: le viscere”. “ La parola rachamim, appartenente alla tradizione biblica, racchiude in sé la radice e la pienezza di ciò che indichiamo parlando di Misericordia. Formata da rehem (םחר) utero e mayim (םימ) acque ci parla di un grembo che è quello di Dio, in cui ciascuno di noi è perennemente generato. Il vocabolo rahamim (םימחר) è poi, sostanzialmente, il plurale di rehem, un accrescitivo che sta a indicare l’insieme di tutti gli uteri, anzi: l’utero per eccellenza, quello appunto divino. Dio che, radice e fonte generativa di ogni amore, come padre e madre ci plasma. Proprio attraverso la parola rachamim conosciamo quell’accento materno di Dio che ama e che non può fare a meno di amare; come una Madre, le cui viscere fremono di compassione e timore davanti al proprio figlio, dinnanzi al mistero di un tu che, visceralmente è parte di lei… “ (Suor Maria Gloria Riva, monaca sacramentina, Monza. (citazione da Wikipedia).
“La gratuità e la libertà interiore – scalando a mani nude”. In questo libretto ho lasciato parlare dentro di me il riverbero dell’UNO originario da cui il getto della nascita. In questo libretto ridico quanto mi fu trasmesso e quanto di mio ho osato aggiungere a quanto mi fu trasmesso, lasciandovi vibrare la voce silenziosa di quell’UNO che è prima di tutte le forme e che nessuna forma può dire, eppure tutte le forme lo echeggiano.
A chi è interessato alla lettura l’invito a procurarselo presso le librerie. I social e tanto altro stanno facendo perdere valore alle librerie, mentre sono un luogo di prezioso richiamo al sapere scelto e meditato, a differenza di quello aggressivo e monotono dei social. Ancora una richiesta: fate conoscere questo libro agli amici che sognano il palpito materno nel cammino cristiano e la valorizzazione della donna nella chiesa. Un grazie a Isacco e a Marcello. Confermando la fiducia nei giovani a cui il libretto è dedicato…
p. Luciano
“Sono slancio nel vuoto, sono solida compattezza alla roccia, sono lo scalatore a mani nude.
Limite esistenziale e anelito infinito!
Foglia del fiato del Padre che nessuno ha mai visto, la grande presenza!
Nel silenzio del pensiero primigenio, la grande presenza.
Nel silenzio del pensiero che scandaglia l’essere, la grande presenza.
Nel silenzio rotto in cocci, la grande presenza.
Nel silenzio della croce, la grande presenza.
Nel silenzio profondo delle domande irrisolte, la grande presenza.
Nel silenzio dell’amore che ama senza il calcolo di una meta da perseguire,
la grande presenza. Amen!”
E’ possibile acquistare online l’ultimo libro di p.Luciano Mazzocchi “La gratuità e la libertà interiore”, fra i molti, anche a questo link.
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