Sab 17 Ago 2024 Scritto da Pierinux AGGIUNGI COMMENTO

15 agosto: Festa di Maria assunta in cielo. La calura, le vacanze possono aver fatto dimenticare la festa odierna dell’Assunzione di Maria in cielo. Con questa lettera intendo farne memoria e suscitare verso l’Assunzione di Maria in cielo un palpito del profondo stupore che ha provato il grande maestro della psicologia analitica Carl Gustav Jung. Protestante, suo padre pastore protestante, esultò alla proclamazione fatta da papa Pio XII, 1 novembre 1950. Salutò quella proclamazione come «il più importante evento religioso dai tempi della Riforma. Si tratta di una pietra dello scandalo per una mente priva di sensibilità psicologica» (Risposta a Giobbe, Opere complete, IX, pp. 444-445). Jung, padre della psicologia analitica vide nel dogma dell’Assunzione di Maria l’estensione della Trinità all’elemento femminile. Maria fu assunta, afferma, al talamo divino dove Dio prende carne e nasce uomo. Scrive: “— Nel suo seno il sole della coscienza <maschile> sorge, come infante dal mare notturno dell’inconscio…” (ibidem p. 49). Oggi cresce l’interesse verso la psicologia analitica intesa come attenzione alla natura umida in cui le cose accadono nella loro singolarità fluendo nel tempo. A chi vuole approfittare di questi giorni per un approccio alla psicologia, nello specifico volendo approfondire ciò che chiamiamo dogma e ciò che chiamiamo mistero, suggerisco la lettura dell’articolo (cliccando): Shady Dell’Amico : Il ruolo del femminile nella Risposta a Giobbe di Carl Gustav Jung  (è lungo e chiede volontà e costanza, come salire una parete)

In allegato riporto la mia riflessione al convegno Junghiano sulla psicologia analitica tenutosi a Milano nel 1997. Anche questo è un po’ lungo e chiedo, a chi lo legge, una benevola lettura. p. Luciano


Milano 8 marzo 1997

tavola rotonda: “Psicologia analitica e spiritualità dopo Jung”
relatore Luciano Mazzocchi

Da anni mi coinvolge fino in fondo il cammino spirituale nel dialogo Vangelo e Zen. Io, prete missionario cattolico, condivido la vita e la pratica religiosa quotidiana con un monaco missionario dello Zen. Non ho cercato io appositamente questo cammino, ma fu la vita a introdurmi con attrazione forte in esso. Forse anche questo è esperienza di quel Sé che agisce in ognuno, più grande dell’io della propria coscienza: Sé e io di cui Jung ha tanto parlato. La vocazione missionaria mi ha reso un pellegrino a vita che discende e sale nell’anima di altri popoli. Dalla mia esperienza voglio aggiungere un granellino all’alta montagna della spiritualità. È quello che mi accingo a fare.

Affido questo mio discorso col suo limite, ma nato dalla mia vera esperienza, alla vostra riflessione, nella convinzione che il sapere profondo non è mai un punto d’arrivo, ma un passo dopo l’altro di un perpetuo camminare. Jung afferma: “I problemi della vita non sono mai del tutto risolti. Se per un attimo dovessero sembrarlo, sarebbe il segno che qualcosa è stato perduto” (Modern man in search of a soul). Possa la mia testimonianza individuare una piccola cosa che è stata perduta e offrirla alla considerazione di molti. Mi dà fiducia la constatazione che ogni uomo attinge dal suo pozzo la stessa acqua che un fratello illustre come Jung ha attinto dal suo, perché tutti i pozzi individuali si alimentano alla stessa falda sotterranea. Se un contributo alla psicologia e alla spiritualità è autentico ed è offerto da una persona autentica, porta dentro di sé la spinta per essere ulteriormente sviluppato da chi viene dopo; e anche per essere superato. Il vero dopo Jung è, in un certo senso, andare oltre Jung. Due ambiti in cui noi, posteri di Jung, siamo chiamati a fare un passo ulteriore sono, dalla mia esperienza, 1) un rinnovato recupero della distinzione fra psicologia, religione e spiritualità; 2) un rinnovato recupero del rapporto fra razionalità e mistero. Questi due recuperi attuati con profondità rinnovata sono stimolati dal dialogo Vangelo e Zen. Il Vangelo è essenza pura del messaggio cristiano che ha animato il cammino spirituale dell’occidente, e lo Zen essenza pura del buddismo che ha animato quello dell’oriente. L’incontro fra queste due essenze rinnova e approfondisce nell’uomo la comprensione di sé e del senso di esistere.

1) Il rinnovato recupero della distinzione fra psicologia, religione e spiritualità.
Per secoli le chiese cristiane, cattolica e riformata, hanno sviluppato l’apologetica finalizzata a dimostrare col ragionamento la giustezza delle proprie posizioni religiose contro l’altra chiesa. Nel frattempo il mondo laico illuminista ha reso culto alla dea ragione. Ragionare, dimostrare, dominare: per secoli questa fu la direzione della cultura dell’uomo progredito dell’occidente. La testimonianza di Jung ha recuperato come proprio dell’uomo il suo mistero, il suo inconscio, facendo rifiorire il deserto arido di un uomo imprigionato dalle e nelle sue stesse misure. Tuttavia oggi, in cui il ricorso all’inconscio tende a trasformarsi in rifugio nella superstizione e fuga dal reale, noi, i posteri di Jung, dobbiamo ritrovare il valore della ragione che sa distinguere con cartesiana chiarezza quanto è mistero e come tale va riconosciuto, e quanto invece l’intelletto dell’uomo deve sondare fino in fondo, deve sviscerare proprio per valutare maggiormente la profondità del mistero. Tommaso d’Aquino nel mondo cristiano e Eihei Doghen nel mondo dello Zen sono testimoni di quanto il mistero sia più profondo e fecondo di vita, se la ragione toglie tutte le ragnatele che impediscono all’occhio di vedere. L’uomo moderno, sondando il cosmo con i suoi laboratori spaziali, ha immensamente aumentato lo stupore mistico dell’umanità che contempla le stelle.

Do quindi ragione della mia comprensione circa psicologia analitica, religione e spiritualità. Un aneddoto orientale dice: se vuoi colpire il bersaglio, fa riposare l’occhio sul vasto panorama.
Credo che in questo occhio così sorprendente siano indicate sia la psicologia, sia la religione, sia la spiritualità: occhio che mira il limite di ogni cosa nel tutto che è l’attività psicologica, occhio che riposa adagiandosi sullo sfondo del tutto che è l’attività religiosa, occhio che contemporaneamente mira e riposa che è l’attività spirituale.

La psicologia è l’attività della psiche. Comprendo la psicologia analitica come l’approccio alla realtà partendo dall’osservazione dei contorni che fanno emergere le cose sullo sfondo senza limiti del tutto, per avventurarsi ad adocchiare il fondo che sottostà a esse. È come puntare un fascio di luce sul palcoscenico dove si agita la realtà, illuminando ora un dettaglio, ora un altro, senza mai cogliere la totalità della scena globale, perché ciò porrebbe fine al gioco di far risaltare la parte di ogni cosa nel tutto. È come l’agricoltore che ha cura del campo seminato e ne esamina giorno dopo giorno lo sviluppo: i germogli, gli steli, i fiori, i frutti. Dall’osservazione capisce come va trattato il terreno attorno alle radici, senza mai permettersi di scoprirle. Se le scoprisse tutto il processo vitale sarebbe annullato. La psicologia analitica è quindi la danza della conoscenza che si attua nella zona franca di confine che unisce e separa il conscio e l’inconscio, dove l’inconscio emerge nel conscio e il conscio si immerge nell’inconscio. La psicologia analitica è come una passeggiata a ritroso della nostra mente all’alba della realtà, quando luce e tenebra giocano a rivelare e a velare le cose. C’è psicologia analitica perché la realtà è confine e confronto, che la psiche dell’uomo osserva e poi si avventura a interpretare.

La religione è l’attività dell’anima. Comprendo la religione come l’approccio alla realtà con l’occhio che riposa sul vasto sfondo e il cuore che si affida all’aspetto illimitato che ogni dettaglio
della realtà rivela se osservato con occhio che riposa. L’anima non è una sezione separata o superiore dell’uomo, ma è tutto l’uomo in quanto mosso dal suo principio più qualificante e
personale che comunica con Dio. Jung parla di parentela con Dio e afferma: In tutti i modi l’anima deve avere in sé una possibilità di rapporto, cioè una corrispondenza con l’essenza divina… Questa corrispondenza è, formulata psicologicamente, l’archetipo dell’immagine divina (Psicologia e alchimia). L’anima è la forza divina che costituisce ogni uomo e rende l’uomo inscindibile dal mistero di Dio percepito come lo sfondo del proprio essere così, come l’ambiente della propria casa. L’anima unisce l’uomo a Dio; ma anche lo separa da Dio come una placenta col feto vitale.

La religione quindi è l’occhio che riposa sul vasto sfondo; è conciliazione profonda con il fatto che ogni esistenza è la piccola parte di sé che emerge in superficie e la grande parte di sé che sprofonda nel mare del mistero. Mentre la psicologia è l’attività in cui solo l’uomo dotato di capacità di osservazione e di riflessione è attore, la religione è prima dell’osservare e del riflettere; anzi li contiene come l’immenso cielo. Della religione è attore tanto il teologo sottile, quanto il mentalmente handicappato; perché la religione è l’irruzione del divino nell’anima dell’uomo. Gesù disse: Gli ultimi saranno i primi (Mc 10,31); e: Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per 99 giusti che non hanno bisogno di conversione (Lc 16,7). La religione è la capacità innata nell’uomo di vedere le cose dal punto di vista di Dio. Quindi è occhio che riposa sul vasto sfondo.

La spiritualità è il dinamismo che scaturisce nell’uomo dall’interagire della psicologia e della religione. La spiritualità è appunto l’occhio della psicologia che osserva e interpreta ogni fenomeno partendo dal suo limite visibile e contemporaneamente riposa sul vasto sfondo che non ha limite. Sia nelle lingue bibliche come in quelle orientali il vocabolo spiritualità è reso con l’immagine del vento o dell’atmosfera. Infatti richiama quel non aver confine del cielo, dove abitano tutti gli opposti che hanno confine: sia la tenebra come la luce, sia il conscio come l’inconscio, sia la calma di un giorno sereno come l’uragano, sia il bene come il male. C’è spiritualità perché tutti i fenomeni che la psiche umana coglie col fascio di luce della sua analisi demandano e rimandano il loro senso ultimo di essere così al vento insondabile che le ha portate a essere così, in quel momento e in quel posto. In quel vento ogni cosa comunica con il suo opposto ed è animata dal suo opposto. La psicologia analitica esamina e cerca di comprendere il germoglio di un seme che si dischiude al margine della strada. Ma a portare lì quel seme fu il vento di cui nessuna analisi può dar ragione: infatti anche il dar ragione da parte dell’uomo a sua volta è portato dal buon vento che aiuta a dar ragione delle cose. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito (Gv 3,8), disse Gesù a Nicodemo, un capo dei Giudei che gli aveva fatto visita di notte, per non essere visto..

2) un rinnovato recupero del rapporto fra razionalità e mistero. Negli ultimi secoli nella chiesa l’atteggiamento di spiegare Dio prevalse sul camminare verso Dio. Come presumere di svuotare l’oceano per misurarlo, oppure sradicare un albero per magnificarne le radici, oppure dissotterrare le fondamenta di una casa per dimostrarne la solidità. Gli spazi dove la spiegazione razionale non poteva arrivare furono dichiarati mistero nel senso di tabù inacessibile. Jung ha operato molto per aprire l’accesso al mistero, anche a quello della Trinità di Dio, e permettere all’uomo di passeggiarvi dentro con il suo occhio psicologico. Siccome la chiesa abdicò dal suo ruolo di creare spiritualità, anche il mondo occidentale si smarrì nel deserto
del profitto e della lotta di classe. Profitto e lotta, perché tutto deve essere chiaro! Oggi il vento della spiritualità soffia di nuovo là dove le catene sono state infrante e l’uomo ha ritrovato il
rapporto diretto con l’Assoluto, con il mistero, con l’insondabile contraddizione che compone l’uomo. Di questi luoghi ventilati dallo Spirito ne cito due: le baracche delle metropoli del mondo dove Teresa di Calcutta e molti volontari fanno rifiorire la primavera dell’amore e le molte iniziative di dialogo interreligioso dove l’uomo che appartiene a una religione scopre che il cuore religioso, suo e degli altri, è più grande della sua religione e di ogni religione. Qui voglio agganciare la testimonianza del cammino Vangelo e Zen che condivido con un monaco Zen e con molti altri fratelli e sorelle. Mi si può chiedere: che rapporto ha tutto questo con Jung? Ripeto la mia conoscenza limitata di questo grande maestro; tuttavia colgo con molta evidenza che la forza che spinge noi al cammino nel dialogo non è un’altra forza da quella che ha suscitato in Jung l’appassionata ricerca del Sé. Il Sé non è soltanto il punto centrale, ma anche l’estensione che comprende il conscio e l’inconscio; è il centro di questa totalità, come l’io è il centro della coscienza (Psicologia e Alchimia). Il Sé è anche lo scopo della vita, perché è la più perfetta espressione della combinazione di destini che si chiama individuo (L’io e l’inconscio). L’attrattiva della carità e il dialogo preannunciano una nuova primavera spirituale. Da dove proviene questa forza che oggi ha ripreso a generare la spiritualità nel mondo intero?

Un viandante molto assetato si buttò su una sorgente d’acqua fresca e limpida che scoprì lungo il suo sentiero. Bevve e bevve. Poi, quando la sete fu del tutto saziata, si staccò dalla fontana e, con sua grande meraviglia, l’acqua fresca e limpida continuava a scaturire abbondante anche se lui non aveva più sete. La sorgente è prima e dopo la sete dell’uomo, è più abbondante della sete dell’uomo, è incondizionata dalla sete dell’uomo. Eppure l’uomo da sempre ha valutato la sorgente in funzione della sua sete. La nuova spiritualità sgorga dalla meraviglia di accorgerci che la sorgente è incondizionata, che il cammino religioso è gratuito. Il Vangelo è Logos, pensiero, parola; lo Zen è zazen, silenzio, compostezza immobile. Isolati l’un dall’altro l’uomo ha potuto piuttosto facilmente rinchiuderli dentro il suo calcolo: il silenzio come fuga mundi per l’uomo che ha paura del suo esistere, e la parola come horror vacui per l’uomo che ha paura del suo nulla. Ma se la parola del Vangelo si lascia purificare dal silenzio dello zazen e il silenzio dello zazen dalla parola del Vangelo, allora il Vangelo e lo Zen non sono più calcolabili e fanno vivere in modo fruttuoso la natura gratuita dell’essere.

Gratuito è il sì primordiale che avvia e accompagna il cammino spirituale di ogni uomo. Infatti non c’è altra porta per entrare nel cammino spirituale che quella di pronunciare il proprio sì al cammino spirituale. Ciascuno di noi può affermare di aver intrapreso il suo viaggio grazie ai buoni esempi dei suoi genitori o maestri, oppure grazie ai consigli degli amici, oppure prendendo spunto da una buona lettura, oppure al contrario come conversione da una via sbagliata in cui ha trovato solo infelicità. Ma tutto questo è affermabile soltanto perché quell’uomo ha già detto sì a quanto asserisce. I buoni consigli sono tali soltanto perché lui li riconosce tali. Così è della fede in Dio e nel suo regno. Soltanto dicendo sì, Dio comincia a esistere per quella persona. Gesù diceva: Se uno ha orecchi per intendere, intenda! (Mc 4,23). Quell’orecchio è prima del Vangelo e senza di esso il Vangelo non c’è anche se qualcuno lo legge a squarciagola. La comprensione che il proprio cammino spirituale si basa su un sì detto gratuitamente e liberamente, senza alcuna prova che obblighi a tutti i costi a dirlo per cui chi non lo dice ha la libertà di non dirlo, inaugurerà un’era spirituale della non costrizione, del rispetto e della tolleranza. Inoltre educherà l’uomo spirituale a familiarizzare con il suo sì primordiale libero e spontaneo, come un fiore che spunta lungo la strada e nessuno sa da dove il vento ha portato quel seme.

Nell’atmosfera della gratuità ritornerà a brillare una parola tanto scomunicata dalle religioni: il nulla. Il predominio della ragione dell’era illuminista ha ristretto la comprensione dell’essere al semplice aspetto dell’esistere: ex stare, quindi sono le cose che esistono; non sono le cose che non esistono. La spiritualità fondata sul gratuito educa l’uomo a riconoscere che l’essere è più vasto e complesso che il solo esistere: essere è il qualcosa che esiste come il nulla che non esiste. Senza la conciliazione profonda e convinta con il nulla non c’è l’essere. Il vecchio catechismo cristiano insegnava che Dio ha creato tutte le cose dal nulla. Il nulla è quindi il deposito della creatività divina, da cui Dio trae fuori tutto il qualcosa che esiste. Essere infatti è essere qualcosa che esiste, un punto, ed è essere il nulla da cui il qualcosa che esiste proviene, da cui è avvolto, da cui si nutre e verso cui evolve. Noi diciamo che un seme diventa germoglio; ma c’è un attimo in cui il seme non è più seme e non è ancora germoglio: è l’attimo del puro nulla. Se qualcosa che già esiste non si scioglie e non ritorna al nulla, non può divenire alcunché di nuovo. Il nulla quindi è di casa nell’essere, come il qualcosa che esiste. La nuova spiritualità attingerà sia dall’esistere sia dal nulla la vitalità del suo cammino. Questo è cambiamento grande, perché libererà il cammino spirituale dagli irrigidimenti, dalle ostentazioni trionfalistiche, dalla mania di accumulare meriti. Il cammino spirituale sarà più umile e docile. Sarà lenita la piaga del suicidio che è appunto la soluzione sbagliata di riportare al nulla un qualcosa che esiste e avverso, perché manca all’uomo l’energia spirituatle di riportare le difficoltà al nulla in modo composto e vitale.

Gratuità della fonte che zampilla prima, durante e dopo la sete del viandante: gratuità del nulla che è l’aspetto illimitato della realtà in quanto non in funzione dei nostri calcoli. Gratuità però anche del viandante che, avendo sete, si butta sulla fonte per dissetarsi, anche se fra qualche ora ritornerà a sentire la sete e a cercare la fontana: gratuità dell’esistere come qualcosa, avendo questo e quel contorno che delimita e fa risaltare sullo sfondo del tutto. Andare fino in fondo al proprio sforzo, sapendo che anche lo sforzo è gratuito. Affidarsi fino in fondo alla grazia, consapevole che la grazia mi urge alla massima generosità. Opposti che si richiamano e si verificano. Come un albero che tutto riceve e quindi restituisce frutti in abbondanza.

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