L’arcivescovo nel discorso della Domenica delle Palme non risparmia riferimenti all’attualità. “Viviamo giorni strani”. “Perché tanti ricchi si rifiutano di accogliere chi fugge dalla miseria?”
MILANO – “Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni?”. Se lo chiede l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, nel corso dell’omelia pronunciata in Duomo in occasione della Domenica delle Palme. Quelli che stiamo vivendo oggi, secondo l’arcivescovo sono “giorni strani. I più dotti potrebbero dirli giorni paradossali”.
Nella sua omelia l’arcivescovo spiega che le motivazioni di ciò “sono moltissime e differenti” e, facendo riferimento all’attualità, ha parlato di giustizia, ma anche di guerra e immigrazione: “Perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come ‘guerra’ le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? – ha detto il presule – Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei Paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?”.
Tettamanzi dopo la lettura del Vangelo secondo Giovanni, che presenta un Gesù come re “umile e mite, e insieme come il re che dona tutto se stesso per amore e che, proprio così, annuncia la pace”, ha analizzato “la nostra situazione storica”. “Come sono oggi i giorni che viviamo? Potremmo definirli ‘giorni strani’ – spiega Tettamanzi – I più dotti potrebbero definirli ‘giorni paradossali'”.
L’arcivescovo, interrogandosi ancora sulla attualità, ha spiegato: “Come sono, quindi, i giorni che oggi viviamo? Possiamo rispondere nel modo più semplice, ma non per questo meno provocatorio per ciascuno di noi, interrogandoci con coraggio sul criterio che ispira nel vissuto quotidiano i nostri pensieri, i sentimenti, i gesti. È un criterio caratterizzato da dominio superbo, subdolo, violento, oppure è un criterio contraddistinto da attenzione, disponibilità e servizio agli altri e al loro bene?” “Siamo allora chiamati a interrogarci sull’unica vera potenza che può realmente arricchire e fare grande la nostra vita, intessuta da tanti piccoli gesti – ha aggiunto l’arcivescovo di Milano – la vera potenza sta nell’umiltà, nel dono di sé, nello spirito di servizio, nella disponibilità piena a venerare la dignità di ogni nostro fratello e sorella in ogni età e condizione di vita”.
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