Monsignor Plotti, presule di Pisa:”Nessuna crociata, qui c’è già chi mette in discussione il Concordato”
di MARCO POLITI
“Non servono crociate. E la Nota sulla famiglia penso sia giusto che la facciano tutti vescovi”. Monsignor Alessandro Plotti, già vicepresidente della Cei, è appena reduce da un piccolo intervento agli occhi, ma ha lo sguardo molto lucido per quanto riguarda la situazione attuale che vede profilarsi uno scontro tra Chiesa e società. “Mi preoccupa molto il clima di scontro di questi giorni – dice l’arcivescovo di Pisa – è pericoloso. Sento malumore tra i vescovi per queste polemiche tra Stato e Chiesa. C’è chi parla di rimettere in discussione il Concordato, ma scherziamo!”.
Monsignor Plotti, l’argomento del giorno è la Nota sui Dico, preannunciata dalla Cei. Si sono scatenati appelli e controappelli.
“Se è un tema davvero così importante, allora è giusto che sia redatta da tutti i vescovi. Mi auguro che non la faccia solo la presidenza Cei. Una Nota dell’episcopato – sottolineo una Nota pastorale – dev’essere discussa per prassi in assemblea, il testo va mandato a tutti, bisogna poter fare emendamenti”.
Avrebbe tempi più lunghi.
“Certamente, ma ritengo sia opportuno per motivi di collegialità”.
Non crede sarebbe giusto anche coinvolgere i credenti laici sulla riflessione in merito alla famiglia e alla convivenza?
“Ai nostri corsi prematrimoniali la metà dei giovani, che arriva, è già convivente e si vogliono sposare in chiesa. E’ un costume invalso. Un malcostume possiamo dire. Ma i nostri ragazzi ritengono di essere tranquilli vivendo così. Non è facile smontare questa mentalità. Allora questa è materia per la Chiesa di un grande impegno educativo. Non si risolve con le crociate. C’è una secolarizzazione in atto, c’è anche molta ignoranza sulle questioni di fede. Ma proprio per questo la Chiesa deve impegnarsi nell’opera di evangelizzazione, far capire al popolo cristiano che non si muove “contro” qualcosa, ma perché tutti riflettano. Bisogna far capire che i temi della sessualità e della famiglia stanno a cuore alla Chiesa”.
Lei vuol dire?
“Che il problema è pastorale più che politico. La Chiesa deve dire la sua parola, poi la politica fa le sue scelte”.
Quindi che fare con i Dico?
“Ci troviamo appena di fronte ad uno schema. Con la Finanziaria, lo abbiamo visto, ci sono stati emendamenti su emendamenti e poi alla fine è uscito un testo diverso. Penso sia inutile stracciarsi le vesti prima del tempo”.
Monsignore, ciò che ha suscitato interrogativi, preoccupazioni, polemiche è l’idea che si possa diffondere una Nota impegnativa per il voto dei parlamentari cattolici. Qual è la sua opinione?
“Io penso ad una Nota pastorale. E’ chiaro che la Chiesa ha tutto il diritto di dire ai politici che è giusto ispirarsi al Vangelo. Nessuno può negare alla Chiesa il diritto di ribadire principi irrinunciabili. E poi i politici cristiani, secondo la loro coscienza cristiana, agiranno negoziando per quanto è possibile”.
Il timore di molti esponenti cattolici è che si arrivi a indicazioni presentate come vincolanti.
“Non possiamo mica tornare indietro di sessant’anni. Il nostro compito di vescovi è pastorale ed è il compito proprio della Chiesa su cui nessuno può dire niente. Toccherà poi ai politici cattolici mediare, agire nell’ambito del gioco democratico, confrontarsi con le altre forze, con le altre idee presenti nella società. Non vorrei essere nei panni di Rosy Bindi. Perché il confronto è con una società pluralista. Non ci sono mica idee che si possono imporre”.
Qual è lo scoglio maggiore per un vescovo in questa situazione?
“Il problema fondamentale è come educare la gente. Non basta richiamare i principi. Se no va a finire che noi predichiamo certe cose e poi si aprono i giornali e troviamo che le statistiche ci dicono che i cattolici questi principi non li seguono. E’ successo ieri. Sondaggi alla mano, almeno per quello che leggo, i cattolici interrogati si dicono favorevoli alle coppie di fatto. E allora i principi rimangono lì, appesi per aria”.
Cosa fare allora?
“Far capire ai cattolici che la fede non è un fatto vago, staccato dall’esistenza quotidiana. Far capire che la vita deve conformarsi al Vangelo. Ecco il problema primario per noi vescovi. Non mi piace questo clima di scontro. Qui vanno abbassati assolutamente i toni. Dobbiamo pure dialogare con quel mondo in cui vogliamo portare il Vangelo. Il mondo e la cultura odierna sono quello che sono. Bisogna evangelizzare e confrontarsi. Le crociate sono sempre state perdenti”.
(16 febbraio 2007)
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