Oggi.
- Un giovane co-pilota di aereo di linea internazionale, 28nne, intenzionalmente avrebbe deciso e voluto lo schianto letale di 150 passeggeri, fra i quali erano alcuni bambini e molti giovani. Questi, studenti di un ginnasio tedesco, facevano ritorno nella loro terra del Nord dopo un breve periodo trascorso in Spagna, dove avevano fatto amicizia con i loro coetanei dalla vivacità mediterranea. Il loro ginnasio porta il nome di un vescovo di Colonia, Joseph Koning, che a suo tempo ha fatto del bene anche alla mia piccola congregazione, i Missionari Saveriani, in momenti di difficoltà economica. Nello stesso schianto, insieme con i bambini e i giovani, molti lavoratori e turisti.
- In un supermercato di Salerno perpetrata da due giovani carabinieri, uno veneto e uno campano. Vittima della rapina il giovane figlio del proprietario del supermercato. Uccisero con l’arma loro affidata per difendere.
- Un signore di Desio piuttosto anziano è appena venuto a portarmi un vasetto di miele ricavato dai suoi alveari. Steso sul sedile posteriore della sua auto, un vecchio grosso cane che non si muove nemmeno a chiamarlo. “Sono i suoi ultimi giorni. Per i suoi bisogni lo devo alzarlo con le mie braccia e poi riporlo, ma non voglio lasciarlo morire solo e lo porto sempre con me. Lui mi ha fatto compagnia tutta la sua vita”.
- Al telefonino leggo un messaggio appena arrivato. “Gentilissimo don Mazzocchi, sono ad annunciare la nascita di Davide Kotaro…, figlio mio e di Aki giapponese.. Riccardo”. Non riuscii a ricordare i loro volti, comunque ho telefonato per esprimere la mia sincera gioia alla nascita di Kitaro, primogenito di Aki giapponese e di Riccardo italiano. “Siamo venuti una volta sola alla messa giapponese dietro il duomo e comunque oggi io devo dire la gioia che ho dentro a qualcuno e ho pensato a lei”, mi rispose.
Ci sono giorni in cui la gioia straripa e bisogna lasciarla straripare. Così come ci sono occasioni di quel dolore che non si può trattenere e bisogna permettere alle lacrime di scorrere a fiotti sulle guance.
Comportamenti buii e comportamenti luminosi dell’uomo! Lacrime di dolore e lacrime di gioia. Violenza sugli altri uomini e tenerezza di un uomo anziano verso il suo cane. La storia umana da millenni scorre tra gli opposti di bene e male, di violenza e tenerezza. Ciascuno si raccoglie sulla barchetta della sua individualità, ma comunque tutte le nostre barchette sono sbattute dalle stesse onde.
Accadono fatti che scompigliano la nostra presunta certezza di conoscere che cosa sia l’uomo, che cosa siamo noi stessi. Disorientati da ciò che accade, vorremmo recuperare subito le nostre sicurezze ergendoci da giudici sulla realtà. Il giudicare ci fa sentire sicuri. Così dividiamo gli uomini in buoni e cattivi, assegnando ai primi il paradiso e ai secondi l’inferno.
La fede della Pasqua che celebriamo in questi giorni ci guida dentro un’altra comprensione delle cose che accadono, senza ricorrere al giudizio. Ci conduce a vedere anche nel male il seme della grazia, riconoscendo che il male, anche quello più tetro, è precario. Il male non è mai tutto in un avvenimento, non è mai tutto della responsabilità individuale di chi lo compie. Non c’è il male assoluto. E’ la stessa professione di fede che dire: credo in Dio!
Le condanne che l’uomo emette nei tribunali sono sempre precarie, convenzionali, anche se per la rinascita di chi ha sbagliato, sia la condanna sia la pena possono essere grandemente utili. Ma nessuna pena può compensare il male che uno ha compiuto, perché nessun male compiuto equivale a una pena da scontare. Il male è parte intima di ciò che siamo, mai separato dalla grazia che attua la risurrezione trasformando il male nel bene.
La fede cristiana ha il suo cuore nel perdono. L’amore senza il perdono rimane ancora una virtù, teologale e morale. Ama chi è buono e santo. Il perdono invece non è una virtù. Non si può perdonare amando; si perdona soltanto perdonando. Se uno perdona amando, si sente più bravo di colui che dice di perdonare. In paradiso andrebbe un gradino più in su. Invece, nel perdono non c’è chi è più bravo. Infatti può perdonare soltanto chi si ricorda che lui stesso è stato perdonato, e dopo aver perdonato dimentica di aver perdonato. Se non dimentica, non ha perdonato. Nel perdono non resta nessun strascico. Nel perdono è Dio che opera. Il perdono è’ grazia pura. E’ gratuità. E’ risurerzione. E’ Dio in noi. E’ Cristo.
Auguri di una santa e gioiosa Pasqua.
p. Luciano
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