In queste settimane tanti hanno rivolto a me prete domande provocanti. L’occasione fu il susseguirsi di interventi del papa e del nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana con alcuni suoi collaboratori sulla realtà politica dello Stato italiano. “E’ questa la chiesa di Cristo?”, “Siamo ritornati al medioevo!”, “La Chiesa cerca solo il potere”, “Gesù Cristo avrebbe agito così?”, “Dov’è finita la laicità dello stato?”, ecc.
E’ un fatto che in molti è diffuso un sofferto malumore nei riguardi degli interventi sopra citati; e di conseguenza sulla Chiesa. E’ altrettanto onesto aggiungere che altri, anche se in forte minoranza, hanno plaudito all’interventismo ecclesiastico.
Fa parte della psicologia umana esprimersi anzitutto con una reazione impulsiva; ma poi fa altrettanto parte della nobiltà umana riflettere, capire, quindi impostare un proprio comportamento giusto e sereno di fronte a ciò che accade. Sento il dovere di inviare agli amici interessati alcune mie considerazioni. Possono servire allo scopo. All’amico che non avverte il bisogno di risentire le mie considerazioni che già conosce, raccomando comunque di leggere il testo del cardinal Martini riportato alla fine. Davvero, merita! Grazie.
- fede e mistificazione
Cos’è fede? Cos’è mistificazione? ”. L’autore della Lettera agli Ebrei (11,1) scrive: “la fede è il fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”. Così concisa, questa espressione è stupendamente chiara e profonda. La fede è il rapporto vitale, intimo, tra me stesso e ciò che spero;tra me stesso e ciò che non vedo con i miei occhi di carne. Grazie alla fede, ciò che spero e ciò che non vedo, rimanendo tali, tuttavia sono intimamente me stesso. Non solo! Ma nella fede, ciò che si spera rimane ciò che si spera e non viene trascinato dentro ciò che già si possiede; e ciò che non si vede rimane ciò che non si vede e non viene cosificato in ciò che si vede. Come lo sposo che ha un rapporto autentico verso la sua sposa, per cui quello stesso rapporto è il fondamento e la prova della sua stima e del suo rispetto verso di lei. Quando tale rapporto manca, scatta la necessità dei controlli esteriori sulla fedeltà dell’altro. Oppure, come l’uccello che vola nel cielo. Il suo volare libero e vasto è il fondamento e la prova che il cielo è sempre più grande del suo volo; mentre il suo volo è reso tale dal cielo che è sempre più vasto. Quindi, la fede non mercifica mai il rapporto tra il fondamento e ciò che si spera, oppure tra la prova e ciò che non si vede. Mercificando, viene meno il rapporto, lo spazio intermedio, il vuoto generativo. Questo rapporto che unendo intimamente non mercifica mai, è l’ambito dello Spirito. Un altro nome che gli conviene è: l’ambito dell’Amore.
La mistificazione o il fondamentalismo, invece, abolisce il vuoto dello Spirito e riduce il cielo a gabbia, per dare all’uccello la sicurezza e la padronanza del suo volo: infatti nella gabbia può misurare e possedere lo spazio che vola. Assurdo! Sì, Assurdo! Infatti, non è forse assurdo togliere il vuoto davanti al proprio piede e riempirlo di qualcosa, nel nome della sicurezza? Il piede vi inciamperebbe, anziché camminare. L’equilibrio è dato dallo Spirito che anima interiormente il piede che cammina, e non da strutture materiali esterne. Nel cammino cristiano sono molte le strutture a cui si può ricorrere per riempire il vuoto. Le più sofisticate sono la Scrittura e l’infallibilità della Chiesa. Infatti, uno le può usare come merce religiosa che esiste fuori di sé stesso e prescindendo da sé stesso. Come se il papa avesse il compito di pensare per tutti e quindi di dispensare i fedeli dal pensare in proprio. Un giorno Gesù, richiesto un’ennesima volta di fare dei segni per provare ciò che diceva, esclamò: “E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12,57). C’è Cristo, se uno non coinvolge se stesso nella ricerca di ciò che è Cristo? Gesù disse di sé: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Orbene, la verità si trova soltanto percorrendo la via della ricerca, del dubbio, della conversione; ed è tale quando partorisce vita. Non si dà una verità sterile, autosufficiente.
La mistificazione, dopo tutto, consegue dalla mortificazione del rapporto vitale fra ciò che chiamiamo limite e ciò che chiamiamo illimitatezza o infinito. Tutto è limite: infatti esiste come qualcosa fra le tante cose. Contemporaneamente tutto è illimitato: infatti esiste come creato dalla relazione universale e a sua volta creante la relazione universale. Chi mentalmente abolisce il suo limite e pretende la perfezione infinita, strangola il tempo con l’escaton del regno di Dio. Strangola anche l’escaton del regno di Dio con il cappio del tempo. Ne conseguono dogmatismo, rigidezza, moralismo, perfezionismo. Chi, invece, abolisce dentro di sé la tensione verso l’infinito, svilisce il tempo nel fatalismo, nella rassegnazione, nella banalità, nella ripetitività. Una religiosità svilita si fa schizofrenia dualistica.
Agostino chiama il tempo la distensione dell’anima. L’anima è l’ambito dell’esperienza dello Spirito. Gesù disse che tutti gli altri peccati sono perdonati, perché non sono radicalmente peccati, ma piuttosto dovuti a una necessità insita nella storia; mentre il peccato contro lo Spirito non può essere perdonato. Infatti, il peccato contro lo Spirito è l’abolizione dello spazio vuoto fra il limite e l’illimitato; è il peccato che sevizia la verità isolandola dalla via e dalla vita; è il peccato che assolutizza le foglie passeggere del tempo che scorre e per immortalarle le plastifica; è il peccato che spegne la poesia e la drammaticità della vita; è il peccato che azzera il Vangelo della maggior gioia in cielo per un solo vero peccatore che veramente si converte piuttosto che per 99 veri giusti che veramente non hanno bisogno di penitenza. Annulla il Vangelo del perdono e dell’amore. Uccide l’anima che passeggia l’estensione del tempo. Asfissia tutto.
La mistificazione madre di tutte le mistificazioni cristiane è quella di Gesù disincarnato nel Figlio di Dio. “Pur essendo figlio di Dio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Lettera agli Ebrei 5,8-9). Chi si dice cristiano può fabbricarsi un Gesù senza carne, senza il limite costitutivo di ogni vero essere umano. Per cui quando nel deserto subì la tentazione, si trattava di una messa in scena per dare l’esempio a noi. Quando maledì il fico senza frutti fuori stagione si trattò di una insegnamento sublime anziché dell’impeto di un uomo affamato e turbato dall’ombra della condanna ormai vicina. Gesù può essere sublimato a essere non umano, per farne la verità assoluta; e la via cristiana a via che non necessita del fraterno contributo delle altre religioni o, meglio, dei fratelli religiosi che appartengono ad altre strutture religiose. La Chiesa può assurgere a ente in cui il cristiano si sublima azzerando la sua esperienza, mortificando il suo pensiero. La Chiesa può diventare prigione dell’anima, rimasta senza la distensione dello Spirito. Perché sublimare Gesù? E’ dovuto al rispetto verso di lui? Oppure alla propria voglia di appartenere a un gruppo che in nome di Dio si autogratifica come assoluto, ossia liberato dall’umiliazione del limite? E’ il limite umiliante; oppure – insieme con l’illimitato – l’altra sponda della corrente dello Spirito, dell’Amore?
L’obbedienza è vera quando è libera e la libertà è vera quando è obbediente. Ogni cattolico non ha un altro papa dal papa della Chiesa. Al papa obbedisce spremendo il proprio pensiero, gustando i momenti di pensiero condiviso, soffrendo i momenti di pensiero non condiviso, in una critica costruttiva e purificatrice per tutte le parti. Senza questa attività dello Spirito, ossia senza dialogo, senza confronto, senza attesa, senza dubbio, senza momenti bui, senza momenti luminosi, non c’è Chiesa. Non avviene così anche nelle famiglie o nelle comunità? Nell’avventurosa passeggiata lungo la distensione dell’anima, guidati dallo Spirito, ci sono i panorami più variopinti. E a unire le differenze è l’obbedienza di tutti all’Amore.
Questo è momento di rimarcata debolezza della Chiesa, al punto che alcuni vescovi ricorrono alla stampella delle leggi dello Stato. C’è la paura di attraversare lo spazio vuoto; eppure è nel vuoto che si libra lo Spirito. In questa situazione è salutare accorgersi che ci sono vescovi che non si sono lasciati prendere dal panico del vuoto, sostenuti dalla fede che “è il fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”. Ci sono tanti sacerdoti, suore, e soprattutto laici! Accorgiamoci dell’ampiezza della Chiesa cattolica! Ci aiuterà a non vedere il papa come un essere mistificato, ma come un fratello che abita la nostra stessa condizione umana e che necessita del pensiero di tutti noi per aprirsi a Cristo, mentre ha il compito di consolidare la fede dei suoi fratelli che ricercano Cristo. La mistificazione oggi è il pericolo più nocivo alla Chiesa: la rende antipatica all’anima umana. A un papa non mistificato, ma rimasto fratello fra i fratelli con quel grave ruolo affidatogli, si vuole bene dal cuore.
Dopo queste chiacchiere, invito tutti a gustare l’omelia del cardinal Martini del 15 marzo 2007, a Betlemme, rivolta ai 1.300 pellegrini milanesi. E’ solo un estratto. Da notare il riferimento chiarissimo al clima di crociata che la presidenza della Conferenza dei vescovi italiani stava conducendo proprio in quei giorni. Fa bene, ogni tanto, ascoltare parole dal profumo di balsamo.
p. Luciano
Nessun tag per questo post.Ma passiamo ora a qualche riflessione sui testi biblici che abbiamo ascoltato. E vorrei partire anzitutto dalla confessione della nostra piccolezza e della nostra povertà. Di fronte alla parola di Dio siamo tutti, sempre, un poco principianti…
La prima lettura (Isaia 9,1-3,5-6) ci parla della nascita di Gesù come di qualcosa che porta grande gioia… Luce gioia, letizia, esultanza, ecco queste sono le parole che indicano l’atmosfera che deve suscitare in noi la nascita di Gesù. In realtà noi siamo sempre portati un po’ a trasferire nel futuro questi messaggi dicendo: “Adesso non è il momento, ho tanti problemi… verrà un tempo migliore”… Invece già nel tempo presente che ci è dato dobbiamo vivere questa gioia…
La seconda lettura (Timoteo 2,11-14) … “… rinnegare l’empietà… e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”… queste parole sono, si direbbe oggi, laiche, cioè non legate ad alcun credo religioso perché indicano alcuni atteggiamenti che possono valere per ogni persona. E’ uno stile molto significativo che anche noi dovremmo imparare ad assumere, lo stile di parlare in maniera che ogni persona ci capisca, un parlare secondo la verità della nostra esperienza, in questo modo ogni altra persona potrà sentirsi, in una certa misura, toccata da questa stessa verità. Allora, al di là delle divisioni religiose, anche al di là del dialogo tra le religioni – a cui io però non credo molto perché ogni religione tende a irrigidirsi nei propri schematismi, mentre credo molto nel dialogo tra le persone religiose, credenti o non credenti – si raggiunge quel livello di verità delle parole che vale per tutti, che coinvolge tutti. Così tutti si sentono più amati, impegnati in una responsabilità comune. Questo è un grande compito che dobbiamo portare avanti. Nella mia preghiera di intercessione io prego perché anche come Chiesa italiana ci sia dato dire quelle cose che la gente capisce, non tanto comandi dall’alto, che bisogna accettare perché così viene ordinato, ma qualcosa che abbia una ragione, un senso comprensibile a tutti. E’ un’intenzione per la quale io prego molto…
Infine la terza lettura (Luca 2,1-14). Ci sarebbero tante cose da dire ma mi limito a sottolineare che anche qui… ritorna il tema della luce e della gioia. “Vi annuncio una grande gioia” e questa gioia si diffonde, è contagiosa, tocca il cielo e la terra. Ed è una gioia che annuncia la pace. Sì, qui aspiriamo tanto alla pace, tendiamo alla pace, vogliamo la pace ma non tutti sono disposti a fare i sacrifici necessari per essa. Ci sono tuttavia dei segnali belli e incoraggianti… Termino ricordando un’esperienza che mi colpisce molto. E’ quella di famiglie israeliane e famiglie palestinesi che hanno avuto un lutto grave a causa della violenza, come quello di una madre che ha perso la figlia in un attentato terroristico, o quello di una moglie che ha perso il giovane marito in un’azione di guerra. Ebbene, queste persone, anziché covare nel proprio animo sentimenti di vendetta per l’ingiustizia insanabile ricevuta si sono dette: “Io soffro molto ma voglio capire la sofferenza dell’altro, di chi sta dall’altra parte e ha avuto un lutto simile al mio”. Così queste famiglie hanno incominciato a incontrarsi e a parlarsi. Sono famiglie palestinesi e famiglie israeliane….
Carlo Maria Martini
Ciao p. luciano,
innanzitutto grazie perché incontrarti per fare zazen il giovedì mattina, ascoltare i tuoi preziosi i commenti del Vangelo del giorno, chiari e spesso anche coraggiosi, fare colazione insieme e ultimamente anche leggere le riflessioni che invii è uno stimolo molto importante, bello e incoraggiante.
Se non erro è ormai è da settembre che veniamo quasi regolarmente ogni 15 giorni a fare zazen in via pattari, e questa situazione di silenzio mette un po’ di calma nelle nostre vite sempre troppo agitate, troppo inquinate di materialismo, di efficientismo e povere di relazioni gratuite, di spontaneità, di sorrisi e di gioia vera.
Ci aiuta anche a fare un po’ di chiarezza nelle scelte che vogliamo compiere, lasciando sedimentare le cose, facendo scivolare via ciò che è superfluo e tenendo invece ciò che è importante.
Rispetto alle tue ultime lettere, quella con gli auguri di Pasqua e quella con il brano del Card. Martini le ho letto con piacere e in molti passi mi sono ritrovato in pieno.
Vorrei inviarti alcune mie riflessioni, maturate leggendo, osservando e pensando a ciò che stiamo vivendo oggi che come chiesa corriamo il grosso rischio di perdere per strada la testimonianza che uomini come il Card. Martini hanno espresso.
Concentrarsi come fa il Papa ed la gerarchia solo sulla dimensione dogmatica o morale della fede è un atteggiamento molto riduttivo e anche rischioso perché la rende parziale, dimenticando che il Vangelo richiede anche silenzio e ascolto degli interrogativi che pone alla coscienza, cammino personale di approfondimento e condivisione del messaggio evangelico.
Nella sua prima, bellissima e non ancor vissuta fino in fondo lettera pastorale dal titolo la Dimensione contemplativa della vita del 1980, il Card. Martini invitava i credenti ad un “ritorno alle radici che permetta di guardare con più fermezza e serietà ai gravissimi problemi che la difesa e la promozione della convivenza civile di pongono ogni giorno”.
Lo stesso Card. Martini nello stesso testo, al paragrafo intitolato “la vocazione della diocesi ambrosiana” sosteneva inoltre che l’accentuarsi esasperato del nostro modo di vivere “renda ancor più stimolante e profetico il compito di elaborare modelli e forme di preghiera contemplativa per l’uomo d’oggi”.
Questo ritengo che sia il motivo per cui vale la pena venire a fare zazen, per fare silenzio e dialogare con la parte più profonda di noi e della realtà, con i suoi dubbi, le sue debolezze, la sua difficoltà di fare chiarezza, per poi ridonare questo prezioso fiore alla vita che ce lo aveva dato senza nulla chiedere.
Che senso ha una chiesa dalle idee salde, che pronuncia diktat o giudizi capitali sulla società, minacciando scomuniche o condanne inappellabili, che pretende ancora di contare nella società e di controllare la coscienza delle persone ?
Sembra l’analogia di una situazione familiare dove il padre vuole imporre a tutti le proprie decisioni prese “per il bene di tutti”, ma senza interrogarsi a fondo e con sincerità su cosa sia veramente il bene di una persona.
Il linguaggio aggressivo e violento aggrega i deboli e crea i sottomessi, ma fa nascere anche rabbia e risentimento e alla fine prese di posizione poco ragionate, oppure ci spinge ad essere diversi.
Abito a 5 minuti dall’Abbazia di Chiaravalle e ultimamente l’opinione pubblica si è accorta degli accampamenti clandestini di rom, è montata un’onda di indignazione e di protesta perché si sa che gli zingari sono ladri, sfruttano i bambini e le donne, non rispettano nessuna regola.
Quasi sotto silenzio è però passata la notizia che qualche tempo fa una rom ha abortito in un campo tra escrementi e topi. Nessuno dei benpensanti ha detto una parola. In fonfo era pur sempre una persona che nel suo bisogno non ha avuto l’aiuto di nessuno, anche se ha avuto, dopo, un piccolo trafiletto sulla cronaca locale dei quotidiani.
Ma, a volte c’è un ma per fortuna, in questa situazione c’è anche una piccola luce, quella che tengono accesa un gruppo di suore che lavora con i nomadi, che segue donne e bambini rom senza urlare o vantarsi di quello che fa, con pochi mezzi e forse anche tra l’indifferenza di tutti, cristiani compresi.
Questa ed altre esperienze ecclesiali sono i semi evangelici, che agiscono in silenzio e con il tempo diventano alberi sotto i quali si sosta e ci si ripara dalle intemperie; essi hanno soprattutto importanza quando sembra che non ci sia speranza, apertura, attenzione alla Vita .
Oggi penso che la cosa da fare sia “lavorare seriamente su se stessi”, rendersi più sensibili al Vangelo e alla vita, smetterla di accettare tutto e agire in ascolto ed in dialogo con lo Spirito, non fare crociate o lanciare anatemi, perché il tempo per queste cose è per fortuna passato.
Un saluto anche da parte di mia moglie e di mio figlio Filippo.
Caro luciano,
grazie della tua lettera così vera e intensa sulla chiesa attuale, anch’io ti dirò ho molte riserve su questo papa e sul procedere della chiesa in questo periodo del mondo così difficile, davvero mi sembra che non ci sia molta fede in giro e nemmeno nella chiesa.
Mi ha molto inquietato un articolo di Claudio Magris che io stimo molto, mi sembra una persona colta e intelligente, scriveva poco tempo fa un articolo dal titolo La legge e il nulla ,su un libro di Natalino Irti, insegnante di diritto civile e teoria generale del diritto e a seguire un’intervista con quest’ultimo dal titolo: Caduti i valori di Dio e della natura il diritto si basa sulla volontà umana.
Perché l’inquietudine? Mi è sembrato che facessero un quadro realistico del mondo attuale ed ho rabbrividito, lì si dice che il diritto non può più riferirsi come un tempo a valori universali che lo trascendono, né alla tradizione, né a Dio, né alla natura, non può quindi reclamare verità, ma si fonda soltanto sulla volontà più forte, capace di imporre l’ordinamento giuridico e l’ordine del mondo ad essa congeniali e si risolve dunque nella politica.
Allora ecco l’inquietudine, se anche l’istituzione Chiesa diventa uno spaccato politico, dunque un fatto di potere e di volonta di imporre le proprie idee, dove si è nascosta la fede? Leggendo il discorso del cardinal Martini ho sentito l’amore, l’andare oltre la volontà egoica che certamente ha una visione limitata e finita, ma di questo bisogna essere consapevoli se no si rischia di credere di camminare, come dici tu e invece si è trascinati come burattini preda degli eventi creati e definiti dagli altri.
So che ci sono moltissimi sacerdoti che la pensano come te e questo placa la mia preoccupazione o meglio la mia reazione contro quella che io chiamo la santa inquisizione, vero, come nel medioevo e tu ne sei stato anche vittima, io so bene che l’insegnamento che mi o ci hai dato è stato quello di aprire gli occhi a spazi più ampi, al vero discernimento che non può fermarsi alle azioni degli uomini, alla vera fede che non biasima semmai risponde con dignità e rispetto, senza impelagarsi in piccole diatribe senza senso.
E credo che Gesù sia davvero uomo e davvero Dio, e che questo profondo senso della sua viva esistenza non sia minimamente intaccata da ciò che la Chiesa può fare o non fare e questo è la grande consapevolezza che mi permette di superare l’inquietudine e cercare di vivere spazi, aperture e cieli così come li vedo e li sento : anche grazie a te.
Ciao, un abbraccio
Quello che stiamo vedendo oggi, nella Chiesa, è il risultato di una paura su molte: la nascita di una società dove le sovrastrutture religiose fatte di dogmi, inchini, porpore ecc non contano più. E’ semplice per me capire (ma non accettare) questa paura se mi metto nei panni dei prelati che fin da giovani hanno vissuto in ambienti ecclesiastici: una società senza clero, per loro, è un salto nel vuoto. Invece Luciano, e noi insieme a lui, vediamo in tutto ciò una sfida molto interessante.
Io vedo, nella fine del clericalismo, finalmente, la nascita possibile di “adoratori in Spirito e Verità” come indicava duemila anni fa Gesù, seduto su un pozzo a una affascinante donna sammaritana. L’Ecumenismo è proprio questo: ripulire la perla dello Spirito da tutto l’inquinamento e le scritte che vi si sono imbrattate sopra.
Per quanto riguarda il papa, il Cristo Risorto ha dato un compito chiaro a Pietro: “Dai pace alle mie pecore e ai miei agnelli…Dai pace” Quando il papa (e i suoi collaboratori)non offre pace fisica, spirituale, mentale, mi spiace, ma non segue il succo del suo mandato. Qualcuno, ultimamente, a queste parole mi ha rinfacciato un’ altra indicazione nel Vangelo, di Cristo a Pietro “A chi rimetterai i peccati verranno rimessi, e a chi non li rimetterai resteranno non rimessi”. Anche in questo caso, non è un potere che Cristo dà alla sua Chiesa, ma è una responsabilità.
Il potere, che oggi il Vaticano brama non proviene da Cristo, ma dal suo opposto, come tutti i poteri, piccoli o grandi che siano. (Mt 4, 8)
Ci giunge un commento di Marco Guzzi che aggiunge qualche considerazione su questo tema
http://www.vangeloezen.org/index.php/441