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Carissime amiche e carissimi amici,
domani, 12 maggio, vedremo a Roma due piazze contrapposte.
Da una parte si vuole difendere la famiglia, dall’altra si vuole difendere la laicità dello stato.
Da una parte vedremo sfilare l’orgoglio cattolico, l’orgoglio per le buone tradizioni, mentre dall’altra si affermerà l’orgoglio radicale o socialista o gay.
L’orgoglio però è uno stato interiore e collettivo profondamente ostile ad ogni mutamento.
L’orgoglioso infatti vuole affermare la propria identità, difenderla appunto, e si rifiuta perciò di riconoscere dentro di sé (o dentro ciò che vuole difendere) le problematiche e le negatività che finisce perciò sempre per scaricare e proiettare sugli altri.
Gli orgogliosi di conseguenza si fanno regolarmente la guerra.
Anzi la guerra (armata o solo ideologica) è l’unica forma relazionale che conosce l’orgoglioso.
Eppure il nostro è per davvero un tempo di trasformazioni radicali, che richiederebbero persone disposte ad una perseverante autocritica, persone cioè umili, flessibili, e quindi profonda-mente non orgogliose.
Dovremmo vedere le famiglie cristiane riconoscere con umiltà le tante ipocrisie e le inenarrabili violenze che lungo i secoli sono state nascoste dietro la retorica del “sacro focolare domestico”.
Dovremmo ascoltare i cristiani confessare con timore e tremore l’abissale distanza che separa le nostre proclamazioni quotidiane di fraternità e di amore dall’egoismo pratico e dall’ingiustizia che intorbidano le nostre vite e devastano le esistenze di milioni di persone su tutto il pianeta.
Dovremmo altresì vedere la cultura laica riconoscere che il fenomeno umano non si risolve sul piano di una corretta regolamentazione giuridica dei diritti individuali, e che la liberazione dell’uomo non coincide né si esaurisce con la liberazione, pur legittima e necessaria, della sua sessualità.
Dovremmo ascoltare i razionalisti atei e i materialisti e gli scientisti riconoscere la relatività di una ragione chiusa in se stessa, sorda ai richiami d’infinito che abitano il cuore dell’uomo, e confessare parimenti gli orrori che questa ragione autarchica ha prodotto quando si è trasformata in sistema di potere e di coercizione delle coscienze.
Vorremmo vedere cioè piazze di cristiani e di laici che insieme, confessando vicendevolmente i limiti e gli errori delle proprie storie, si incamminino verso la verità più grande che sta fiorendo già nel grembo della storia del pianeta terra.
Solo così inizieremo per davvero a costruire quella pace che tutti invochiamo.
La pace non la fanno gli orgogliosi, ma i penitenti, gli umili, coloro che si riconoscono feriti, inadempienti, e bisognosi, come tutti e insieme a tutti, di rigenerazione.
Vorremmo vedere in definitiva un’umanità all’altezza dei tempi: un’umanità disposta veramente a cambiare.
Ecco perché ho pensato di inserire come Nuova Visione nel mio sito www.marcoguzzi.it
Ma vogliamo davvero cambiare?
Le piazze urlanti e le rivoluzioni del cuore
Marco Guzzi
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