Desio, 12 settembre 2016
“Il nostro silenzio ascolta la parola della natura”: è il titolo del seminario giovani che nei giorni 23 – 25 settembre si terrà qui nella casa Vangelo e Zen, Desio. Il seminario giovani estivo è ormai una bella tradizione. A Isacco, Marcello e a tutti gli organizzatori e amici l’augurio di tre giornate di silenzio, parola, canto, preghiera, lavoro, musica, eucaristia, pregni del vigore dei giovani pini che rispuntano sul pendio dell’Etna, bucando la lava.
La vita mi concede molti incontri con i giovani, soprattutto al confessionale in Duomo e in San Babila. E’ questa un’occasione privilegiata, data forse solo a noi sacerdoti: quella di accogliere le confidenze più intime dei giovani, i quali sono molto gelosi del loro mondo interiore. A guidare un giovane al confessionale è quasi sempre una forte prova che ha attraversato, una di quelle che ripongono la domanda sul senso della vita, degli studi universitari, del rapporto con gli amici: la domanda se credere in Dio o nel nulla. Sono diffusi giudizi generalizzati sui giovani, vedendoli come il risultato del tempo passato, quasi dovessero rendere conto alle aspettative che noi vecchi abbiamo riversato su di loro. Spetta anche a me, che ho ricevuto le loro confidenze, smentire questa pretesa. Nelle fibre umane dei giovani, prescindendo dalle apparenze, spesso vibra il suono del tempo nuovo che viene. Di un tempo che noi vecchi non conosciamo, perché può vibrare solo nelle fibre umane non ancora asservite ai vecchi schemi. Ascoltarne la eco, in silenzio, senza il rumore né di pregiudizi né di giudizi, è profondamente confortevole. Il tempo che viene è nuovo. Ieri, sabato sera, Isacco – il giovane universitario che vive con me – mi ha invitato ad ascoltare, da video, la rappresentazione del Requiem di Mozart, che il maestro Claudio Abbado diresse al teatro di Lucerna, nel settembre 2012. Prete da decenni, ignoravo il Requiem di Mozart, quell’accorato grido, capolavoro assoluto dell’urlo che l’umanità dalla sua finitudine eleva a Dio: Judicandus homo reus, huic ergo parce, Deus – Quando giudicherai questo uomo reo, perdonalo o Dio. Composto dal giovane Mozart malato e ormai vicino alla morte, e diretto dal maestro Abbado ormai colpito dal tumore che andava ledendo le sue forze, quel Requiem ha ferito il mio pregare fiacco ed abitudinario. Il maestro Abbado terminava ogni atto della partitura del concerto che dirigeva congiungendo le mani, in silenzio, coinvolgendo nel silenzio tutta l’assemblea degli spettatori. Potessero le celebrazioni liturgiche che presiedo coinvolgere i convenuti nel silenzio che comunica con Dio! Potesse la mia celebrazione eucaristica attrarre i giovani, di sabato sera!
Sui giovani si abbattono le onde anomali della miseria umana. L’umanità dei giovani è tenera e le onde anomali vi si abbattono con prepotenza. Le onde anomali della miseria umana sono le brame del potere, del piacere, del successo. Le onde sembrano stravincere, finché dei giovani pongono resistenza. La resistenza si irrobustisce e quindi diventa azione, grido, movimento.
La brama del denaro ha fatto man-bassa nelle generazioni del dopo guerra. La concorrenza per il profitto ha messo tutti a tacere. Come imminente aiuto alle vittime del recente terremoto il governo italiano ha messo a disposizione 50 milioni di euro per dare una flebile dimora, il cibo, il riscaldamento, le medicine a migliaia e migliaia di uomini e donne che hanno perso tutto, e un giocattolo ai bambini rimasti orfani. La campagna di 2 euro ha aggiunto oltre una decina di milioni di euro. Un solo giocatore di calcio di serie A, per un contratto di alcuni anni, è stato venduto a una cifra doppia di quanto tutta l’Italia ha offerto a migliaia di nostri fratelli e sorelle rimasti senza nulla. Il calcio mercato è il trionfo della bruttezza che s’abbatte sui giovani. Un giovane che per alcuni tiri al pallone dispone di una ricchezza superiore a quella di migliaia e migliaia di altri giovani che compiono lavori necessari al bene di tutti, un giovane che accondiscende a questa bruttissima fortuna perde la bellezza originaria donata ai giovani e diviene brutto. Ma un giovane giocatore resistette e salvò il volto bello del vero giocatore di calcio. Damiano Tommasi rifiutò l’offerta milionaria fattagli dalla Roma Calcio e chiese lo stipendio come quello degli altri giovani che lavorano in fabbrica o nell’agricoltura. Sulla rivista Famiglia Cristiana aveva scritto pressapoco così: “Non posso ricevere così tanto più di mio padre, mentre sono così lontano dalla sua dignità umana!”. Grazie, Damiano, hai salvato il seme della bellezza anche nel mondo del calcio.
La Svizzera vuole erigere un muro che impedisca agli immigrati di oltrepassare il confine a Chiasso per recarsi in Germania. Uno stuolo di giovani provenienti dai paesi limitrofi ce l’ha fatta: Hanno gridato la bruttezza tradizionale della Svizzera: “Porta aperta ai fondi di denaro da ovunque arrivino, ma porta chiusa alle sofferenze umane” .
Ultimamente un giovane mi confidò la sua grande gioia. Da alcune settimane si era accorto che la sua fidanzata porta in seno il germe della vita. Mi chiese di gioire con lui e di pregare per il bambino o bambina che nascerà. Dai suoi occhi sgorgava solo gioia. Mi unii alla sua gioia e nel discorso lo esortai a provvedere anche a quei passaggi rituali che fanno contorno ai due sì definitivi che germogliano dei cuori di un giovane e di una giovane. “Certamente lo faremo!”, mi rispose e continuò a dire gioia per la paternità che rendeva nobile la sua umanità.
Sabato scorso il calendario liturgico secondo il rito ambrosiano proponeva un brevissimo vangelo: “Interrogato dai farisei: “Quando verrà il regno di Dio?”, rispose: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,20-21). Meditando questo Vangelo mi sovvenni subito del volto straripante di gioia del giovane neo-papà; e anche del mio tentativo di far rientrare la sua paternità nei canali del rito e della registrazione civile. Credo di aver fatto bene a ricordare questi passaggi, ma non devo cadere nel fariseismo del “Eccolo qui” o “Eccolo là”, perché il regno di Dio era pieno nella gioia di quel giovane. I riti sono accessori. Il regno di Dio è il cuore di una giovane e di un giovane che si offrono al flusso della vita, nell’amore.
“Eccolo qui”, “Eccolo là”. Potessimo ascoltare i giovani senza assalirli con “Eccolo qui” o “Eccolo là”, senza pregiudizi dogmatici, potremmo ascoltare il nuovo che viene. Ci verrebbe da chinare il capo e chiedere perdono per la cultura delle brame in cui li abbiamo chiamati ad esistere. Grazie, Giulio Reggeni, giovani volontari, giovani dimostranti. Grazie, atleti para-olimpici e olimpici: quelli che hanno riportato medaglie e ancor più quelli per i quali la medaglia è stata il solo fatto di avercela messa tutta. Grazie giovani profughi siriani, burundesi ecc. che non soggiacete alla dittatura e varcate i confini cercando la libertà che vi è data solo attraverso grandi sacrifici e, a volte, anche umiliazioni. Grazie, giovani che dedicate il tempo libero ad educare il vostro corpo come espressione artistica e musicale per abbellire la storia umana. Grazie giovani che in questa epoca del piacere facile, avete deciso di consacrare il vostro corpo alla preghiera e al servizio, in castità.
Grazie a Marco Fiorenzo. Gli avevo detto parole di incoraggiamento. Lui scelse la montagna per sacrificare la sua vita. Marco Fiorenzo lasciò scritte alcune poesie. Eccone una:
“La vita mi sta scivolando fra le dita,
lo sento,
ora che ho poco tempo.Solo la preghiera di sera mi riporta alla speranza
d’una nuova infanzia,
volta ad abbracciare i tesori dell’orizzonte misterioso,
senza volerne svelare l’arcano segreto,
sempre con lo stupore del bambino,
coi suoi perché senza risposta,
sempre col cuore sincero,
pensando che ogni amore sia un amore vero.”
Ai giovani che ci hanno detto tanto, col sacrificio della loro vita: Pace nel regno di Dio, e Grazie!
p.Luciano
foto di Armando Schiffini
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