Molti amici e conoscenti mi hanno chiesto che penso del prossimo referendum. La mia risposta è: andrò a votare e, al momento attuale, 1) protendo al sì sull’impiego degli ovuli fecondati a scopo di ricerca e terapia, perché la legge fondamentale di tutto ciò che è vive è ricevere la vita e dare alla vita; 2) protendo al no su quello della fecondazione eterologa, in quanto sono convinto che la vita ha una sua dignità e bellezza che comportano limiti intrinseci da rispettare come sua parte essenziale. Ovviamente, per lo stesso motivo, sono contrario anche alle manipolazioni sulla vita degli animali. 3) Sto tuttora riflettendo circa gli altri due quesiti.
A nessuno chiedo di copiarmi, ma piuttosto di riflettere seriamente, convinto che il referendum possa essere l’occasione per una maturazione sociale circa il dono e l’economia della vita. A chi è contrario a tutti e quattro i quesiti ricordo una cosa sola ma evidente: tra l’astenersi e l’andare a votare quattro no, passa la distanza fra la dignità di chi sa dire il suo pensiero e chi sa soltanto non dirlo. Certamente non è sulla linea di quel detto di Gesù: “Sia invece il vostro parlare: sì, si; no, no. Il di più viene dal maligno” (Mt 5,37).
Detto ciò, sento l’urgenza di esternare alcune considerazioni e lo faccio con non poca amarezza. Sì, l’amarezza per il riduzionismo mortificante che persone di chiesa e laici (compiacenti forse per altri motivi) stanno mettendo in atto sul vero volto della chiesa che si dice “cattolica”, ossia “universale”, aggettivo al quale io dedico la mia vita. Riducono la chiesa a setta, recintandola nella sicurezza gretta di chi non sa stare davanti alla sfida del vero pensiero, perché questo si estende oltre la competenza della chiesa e le impedisce di presentarsi come chi sa tutto da sola. Uno di questi recinti è l’affermazione apodittica che l’ovulo fecondato sia persona umana, “uno di noi”. Un articolo di Maurizio Mori apparso su Diario (06 maggio 2005) mi facilita la rievocazione di tanti dati storici che testimoniano come la chiesa pensante, fino al recente passato, sia stata più seria e dignitosa. Lo zelo religioso e la devozione non sono sempre un bene; senza l’intelletto e l’onestà sono pericolosi. L’ampiezza mentale aiuta a essere onesti: quindi a essere religiosi.
Nell’essere umano dimora una dote che non è il semplice risultato del processo chimico degli elementi materiali che compongono il corpo. Ogni processo chimico segue la legge inderogabile del determinismo, mentre nell’uomo dimora la punta di diamante della libertà. A questa dote è dato comunemente il nome di anima razionale. Distinta dal corpo, la sua funzione è quella di animare il corpo. Il pensiero tradizionale della teologia cattolica è che l’anima razionale inabiti il corpo umano quando questo è divenuto l’ambiente adatto per le funzioni dell’anima razionale. Tommaso d’Aquino, il grande teologo medioevale, chiama questo ambiente “corpus organisatum” (il corpo organizzato-organico): “Est autem propria materia animae corpus organisatum… Corpus organicum est materiale animae”. Secondo Tommaso il corpo umano nel primo stadio della sua esistenza è vivificato da un’anima vegetativa perché è allo stadio vegetativo, poi da un’anima sensitiva perché è allo stadio sensitivo e infine da un’anima razionale perché il corpo ha l’organicità della funzione razionale. Quando questa verrà meno con la morte fisica, l’anima si separerà dal corpo. L’anima e il corpo sono, per Tommaso, una unità inscindibile che, secondo le categorie aristoteliche, egli chiama forma e materia. Così come ogni cosa è la sua materia e la sua forma. La posizione di Tommaso d’Aquino fu il filone d’oro della chiesa cattolica per secoli. Sulla scia di Tommaso si è espresso J. Maritain, Blandino, Mercier (fondatore dell’Università cattolica di Lovanio), Rosmini, Messenger. Anche Albino Luciani, il futuro papa Giovanni Paolo I, ottenne il dottorato in teologia presentando la tesi “L’origine dell’anima umana secondo Rosmini”, in cui difese la tesi di Tommaso d’Aquino. La tesi di laurea del teologo A. Luciani fu lodata anche dalla Civiltà Cattolica. A riassumere si può citare l’espressione latina in uso fra i teologi: “ad hanc affirmationem, proprie ad philosophiam pertinet” (riguardo questa affermazione (quando nel corpo umano inabiti l’anima razionale e si tratti una persona umana) la risposta è di competenza della filosofia).
Detto quanto sopra, sono ben cosciente che della vita si debba avere cura fin dal concepimento; tuttavia distinguendo. Ugualmente so che il rapporto coniugale fra un uomo e una donna è pienamente santo nel matrimonio; tuttavia l’intelligenza e l’onestà mi fanno ben distinguere l’enorme distanza fra il rapporto perpetrato con la violenza come nello stupro, o anche solo per voluttà, dal rapporto fra due fidanzati che sono maturati ad amarsi perfettamente, ma non possono celebrare il rito perché impediti da motivi economici o culturali. So che nei primi secoli della chiesa non c’era alcun rito e due che maturavano ad amarsi senza riserve erano riconosciuti come già sposati.
Fra i sette doni dello Spirito Santo c’è l’intelletto e non c’è lo zelo per la religione. Oggi, anche dopo la meteora religiosa che fu papa Giovanni Paolo II, si tende a voler cavalcare l’onda populistica presentando la religione come punti fissi, anziché come corpo organico. Di conseguenza anche l’uomo è visto come agglomerato di punti fissi anziché come organicità di aspetti multiformi. I movimenti ecclesiali ne sono l’abbondante raccolto. “Corpus organicum est materiale animae” ammonisce Tommaso d’Aquino.
(Luciano Mazzocchi missionario saveriano)
Nessun tag per questo post.