(foto credits: Repubblica)
Oggi non mi viene di scrivere, perché non saprei cosa scrivere. Ma lo devo, anche per le informazioni della fase 2 che ci riguardano.
Da lunedì 18 maggio ho ripreso il servizio delle confessioni e ho rivisto visi di altri uomini come me ritornare sereni ricevendo il perdono di Dio e anche il conforto delle mie parole. Domenica 24 maggio celebrerò nuovamente l’eucaristia con la piccola comunità giapponese. E’ gioia, sì, ma non circola aria di gioia. Mi ricorda un’espressione di Giorgio Gaber: “C’è un’aria, un’aria, ma un’aria che manca l’aria”. C’è ripresa, ma manca l’aria di ripresa.
Ci sono stati operatori sanitari e tanti altri che hanno commosso tutti noi. Le loro mani, i loro piedi e il loro volto sono il corpo di Cristo che ha salvato e continua a salvare la nostra vita. Il pane che io sacerdote spezzo con le mie mani dicendo messa è il sacramento che nutre il reale corpo di Cristo che sono le mani, i piedi, il volto di chi si sacrifica per gli altri. Senz’altro anche tra chi svolge una responsabilità politica ci sono persone che si prodigano per chi vive su questa nostra penisola. La ministro per le politiche agrarie si è commossa annunciando la regolarizzazione di giovani stranieri finora sfruttati. Da parte mia: “Ministro, GRAZIE!”. Mi ha commosso ricordandomi mio padre, mezzadro, quando la figlia del padrone gli disse: a voi (mezzadri) spetta un po’ meno della metà perché i vostri bambini – io ero uno di loro e forse il più vorace – mangiano l’uva dalla vite prima di aver fatta la spartizione. Senz’altro persone oneste sono nell’una e nell’altra sponda della politica, perché l’onestà non è data dalla sponda politica, etnica o religiosa. Al contrario sono i movimenti politici e religiosi a essere resi onesti dall’onestà dei loro membri. Ma oggi c’è un aria che manca l’aria. Manca il dirci GRAZIE da una sponda all’altra, superando gli steccati. Manca l’essere umani. Il Grazie è riservato a chi sta dalla propria parte. Il Grazie all’altro lo può dire solo chi è libero anche di fronte al suo gruppo di appartenenza. Gesù con parole più semplici direbbe: ritornando bambini. Lunedì un piccolo incidente mi ha fatto risentire bambino.
Dopo la prima seduta del ripreso servizio delle confessioni nella chiesa di San Babila, ho provveduto ad alcune compere alimentari prima di salire sull’autobus di ritorno. Uscito dal mini-market un signore sdraiato sul marciapiede mi chiese l’elemosina. Staccai una banana dal grappolo che avevo acquistato e gliela allungai. La gradì al punto che come segno di ringraziamento accostò la sua mano alla mia, forse per stringerla. La stretta non riuscì, ma il contatto tra le due mani senza guanti, sì. Mentre il signore del marciapiede si gustava allegramente la banana, io invece sentii venirmi addosso la paura. Erano due mesi che non toccavo la mano di alcuno. Avrei voluto correre a lavarmi le mani con il sapone, ma a casa sarei arrivato solo 20 minuti dopo. L’autobus tardava ad arrivare e, giocoforza, cercai di calmarmi. Quando poi finalmente ebbi lavato le mani con abbondante sapone, mi venne da fare una risata. Sì, perché anche un prete che dice agli altri di non aver paura, lui la prende, eccome! Forse è proprio qui l’origine dell’orgoglio: dare per scontato di essere superiore agli altri. Per questo l’orgoglio è vacuo: infatti non pone la propria convinzione a fondamento del proprio agire, ma l’appartenenza impersonale al gruppo dei forti. Prima di fare il prepotente sugli altri, bisogna averlo fatto sulla propria umanità, che la Bibbia dice assomigliare a Dio.
Trovo straziante che i nostri politici oggi, calpestando le migliaia di vittime del virus pervertano il momento difficile che stiamo vivendo, in cui dovremmo incoraggiarci dicendoci reciprocamente Grazie, nell’attesa occasione per un conflitto partitico. Causa sofferenza l’attaccamento alle poltrone. In certi momenti è nobile la resistenza, in altri la resa.
Noi italiani siamo un popolo meraviglioso, ma con un difetto cronico: il facile vittimismo. Chi ha vissuto in Giappone, quando rientra lo nota subito. Certamente la pandemia ha chiesto a tutti dei sacrifici. I sacrifici sono nobili e fecondi se digeriti, o attraversati. Ma se non li digeriamo, non cresciamo a popolo adulto e potremmo sviluppare quella bassa vigliaccheria di approfittar del disagio di tutti per un profitto personale.
Voglio dire Grazie alla Madonna dei miracoli e a tutti i Santi che fanno miracoli, perché questa volta non hanno fatto i miracoli che piacciono agli sfaticati, ma il vero miracolo che salva. Hanno fatto il miracolo di pregare affinché i medici, le infermiere, i volontari, gli ufficiali di stato, i sacerdoti non si tirassero indietro, disposti perfino a dare la vita per gli altri. Con la loro preghiera hanno consacrato l’energia delle mani, dei piedi, del volto delle donne e degli uomini in mani, piedi, volti che si sacrificano per gli altri. “Questo è il mio corpo dato per voi… fate questo in memoria di me”.
Termino questa lettera elevando la stessa preghiera anche per i politici dell’una e dell’altra sponda. La stessa preghiera per i carcerati che sono dentro e per quelli che sono fuori: lo stesso muro li incarcera alcuni dentro e altri fuori. La stessa preghiera per tutti noi che ci trovano nelle difficoltà economiche, in particolare per coloro che erano costretti nella stessa povertà anche prima che arrivasse il virus, come i braccianti agricoli della proiezione TV “Le iene” di ieri-sera. Ai braccianti sottopagati e in nero, ma anche ai tanti imprenditori onesti. Un giovane impresario di Schio m’ha detto la sua gioia per esser riuscito a pagare i fornitori e gli operai, anche se è da vari mesi che il suo stipendio non ci salta fuori. Un Grazie a tutti. p. Luciano
Sono andato a ripescare questa preghiera di Giorgio Gaber, che vi condivido:
Signore delle domeniche
prova ad esserlo anche dei lunedì
e di tutti quei giorni tristi
che ci capitano sulla terra.
Signore dei ricchi e dei fortunati
prova ad esserlo se puoi
anche di quelli che non hanno niente.
Anche di chi ha paura e soffre
anche di chi pena e soffre
anche di chi lavora e lavora e lavora
e soffre e soffre e soffre.
Signore dei gentili e dei buoni
prova ad esserlo se vuoi
anche di quelli che sono cattivi e violenti
perché non sanno come difendersi
in questo nostro mondo.
Signore delle chiese e dei santi
Signore delle suore e dei preti
prova ad esserlo se credi
anche dei cortili delle fabbriche
delle puttane dei ladri.
Signore Signore dei vincitori
prova ad esserlo se ci sei
anche dei vinti.
Amen.
Chi volesse ascoltare la canzone di G. Gaber: “C’è un’aria, un’aria, ma un’aria che manca l’aria”:
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