La stella del mattino – cammino religioso Vangelo e Zen
Milano, 17 settembre 2022
Qui tutto è distrutto! Tra la gente c’è solo rabbia e rabbia. Con una espressione simile, ricalcando la parola rabbia, la giornalista del telegiornale canale 48 commentava le scene della sciagura che ha colpito l’amena valle del fiume Misa, Ancona.
La casa di Alessandro, giovane padre di Maya e di Iris, da anni compagno di cammino Vangelo e Zen, sorge a pochi metri dal fiume Misa, località Pianello, travolta in pieno dall’alluvione.
Abbiamo perso proprio tutto, tutto; ma alle mie bimbe e a noi, illesa, è rimasta la vita. Con pazienza ricostruiremo. Così Alessandro mi ha telefonato or ora, quasi volendo lenire la mia preoccupazione.
Il popolo marchigiano, tradizionalmente contadino, è un tutt’uno con le sue colline, le sue valli, i suoi fiumi. Terra e popolo contadino, in un solo destino, condividono il bello e il brutto, il buono e il cattivo, che lo scorrere dei giorni riserva. I volti delle persone colpite dalla sciagura che il telegiornale ci ha mostrato erano affrante, ma non erano distrutte. Con la pala tra le mani a
rimuovere fango, erano volti vigorosi. Tuttavia ci è rimasta la vita e con pazienza ricostruiremo.
Ma da dove quel commento: C’è solo tanta rabbia?
Ciò che accade insegna ed evidenzia quanto non è stato fatto e che invece doveva essere fatto.
La mancata costruzione della cassa di espansione del fiume Misa evoca nomi e cognomi di chi era preposto alla sua realizzazione. Li evoca e li interpella e, nell’eventualità di colpa, ne chiede ammenda. Tuttavia a quei nomi e cognomi in calce vanno aggiunti anche i nostri nomi: per anni il ritardo del compimento della cassa d’espansione del Misa e di tante altre opere idrauliche, a protezione della nostra casa che è il territorio, non ci hanno preoccupato al punto da diventare presa di posizione convinta e assurgere a protesta. Ancora un mese prima della sciagura si stava così bene sotto quegli ombrelloni che l’alluvione avrebbe impietosamente divelti. Di vallate come quella del Misa ce ne sono migliaia e migliaia in Italia. L’uragano improvvisamente s’è scagliato contro una piccola e amena valle marchigiana. Alessandro m’ha detto che un quarto d’ora prima
che il fango s’abbattesse sulla sua casa era uscito a dare da mangiare al cane. La bomba d’acqua s’era scagliata contro le colline a 10 chilometri a monte, e a valle nessuno poteva prevedere l’imminente sciagura, come al Longarone. Solo chi vive nell’immaginario ignora che la natura ha una potenza che l’uomo non può dominare, ma con cui deve rispettosamente dialogare. E ciò, tutto a vantaggio nostro, perché da quella incontrollabile potenza ecco la meraviglia del cielo stellato e del colibrì che, vibrando le sue ali a 50 battiti a secondo, in perfetta calma, banchetta il nettare dei fiori.
Quel “Tra la gente c’è solo tanta rabbia!” proprio è fuori posto. Offende la paziente e creativa laboriosità marchigiana. Ora i marchigiani, giovani e adulti, uomini e donne, sono là a spalare fango, a lavare pavimenti, a pregare REQUIEM per le vittime. Nessuno sbraita rabbia, rabbia. Scrivo queste parole, che mi possono procurare critiche, percependo il dovere di chinare il capo
alla dignità di quegli spalatori di fango. La natura ci riserverà sempre prove attraverso cui richiamarci alla dignità umana.
L’uomo d’oggi è persistentemente tentato dal demone della mediocrità, a cui il tutto deve essere apposto – ciò che non va è responsabilità di altri è lo slogan della mente e della bocca. Intanto si continua a buttare il mozzicone della sigaretta sul marciapiede della srada come niente fosse. Con belle eccezioni. L’altra sera in Corso Monforte un uomo dai capelli bianchi aveva
appunto buttato sul lastrico il mozzicone ancora acceso. Glielo feci notare, ed egli si chinò, lo raccolse, lo spense e lo accomodò nel contenitore dei rifiuti, scusandosi.
Il demone della mediocrità, suggestiona l’uomo d’oggi a venerare l’immaginario di se stesso, riversando ostilità e disprezzo al se stesso reale. Così quando dice io dice non quello che è, ma quello che si immagina. Il proprio immaginario assurge a criterio di valutazione e di giudizio. Il se stesso reale è invece occultato. Qual è mai il se stesso reale delle tante persone che incontriamo?
E’ occultato sotto gli abiti smisuratamente ricercati o smisuratamente distrutti che indossano, E’ occultato nella nube dell’apparenza. Oppure è occultato dal velo dei tatuaggi che deturpano il dorso e le braccia avute in dono dalla natura. Oppure è occultato dai fideismi religiosi in cui la devozione sostituisce il sudore della fronte, e le sicurezze di gruppo sostituiscono la fede. Oppure è occultato dal velo della dipendenza verso cani e animali, la cui natura li vorrebbe liberi nell’ambiante consono al loro genere. Lo smarrimento del se stesso reale snatura l’uomo che perde la misura delle cose e dei comportamenti.
Rabbia, rabbia è un’espressione spettacolare a cui un giornalista ricorre per far colpo, mentre i sentimenti reali delle persone colpite dalla sciagura sono semplicemente quelli di chi non sa darsi spiegazione, sentimenti di vuoto, sentimenti di silenzio, sentimenti di compassione, sentimenti di ripresa e di risurrezione. A quei sentimenti ci accostiamo con venerazione, con affetto, con sinceri propositi di solidarietà e, inoltre, chiedendo perdono, perché un po’ anche tutti noi in agosto pensavamo ben ad altro che scavare la cassa di espansione del Misa.
In questi giorni pre-elettorali la distinzione tra reale e immaginario ci è preziosa. Gli spalatori di fango, spalano davvero!
p. Luciano