è stato un precursore nel dialogo tra cristianesimo e buddismo. Perenne testimonianza per tutti fu la luminositè del suo volto, in cui chi lo accostava poteva intravedere il vigore del Vangelo radicato nella sobria essenzialitè dello Zen. È morto bisbigliando: Abbandono tutto in Dio, Dio è meraviglioso!
Il nome di padre Shigeto Oshida, figura carismatica del dialogo cristiano-buddista, a noi qui in occidente forse dice poco. Troppo lontano il Giappone e troppo poche le fonti di informazione per saperne qualcosa. Non cosè invece per padre Luciano Mazzocchi, missionario saveriano, che per tanti anni ha avuto la grazia di conoscerlo da vicino e del quale, ora che p. Oshida è scomparso, conserva un ricordo carissimo e riconoscente. Ed è lui a darcene testimonianza.
Padre Oshida, scrive p. Luciano, è stato un grande testimone dell’avventura dello Spirito oggi, un pellegrino e un precursore della fecondità della via dello Zen che incontra il Vangelo. Tale incontro avvenne nella sua vita in modo radicalmente semplice, senza complicazioni di sorta, senza raggiri, senza remore, senza strascichi, proprio grazie al fatto che si attuè a livello profondo, dove l’anima è creativa e ancora memore dell’alito divino che l’ha plasmata. Ha accolto il Vangelo nella sua anima giapponese, senza averla prima manipolata di cultura occidentale. Quindi la sua fede cristiana è sempliceè: cosè aveva commentato al sottoscritto un sacerdote giapponese, adducendo il fatto che padre Oshida era giunto all’incontro con il Vangelo in modo molto fortuito, in tempo di guerra, attraverso poche parole udite da un cristiano tedesco e, quindi, era giunto all’ordinazione sacerdotale senza aver dovuto attraversare l’iter seminariale che anche in Giappone ricalca quello occidentale.
Giungeva al sacerdozio e alla vita religiosa nell’ordine domenicano dopo essersi dedicato alla riflessione filosofica e alla pratica dello Zazen. Aveva aperto l’eremo Sōan nel 1964 per accogliere chi si sentiva attratto dalla stessa via da cui egli era attratto. Sō significa erbe, an significa eremo. Dopo un periodo di incomprensioni forse inevitabili, dal concilio Vaticano in poi padre Oshida è ritenuto la figura carismatica del dialogo cristiano – buddista (buddista – cristiano se lo si vede dalla sua storia personale). Anche i vari gruppi buddisti giapponesi, soprattutto lo Zen da cui egli proveniva, vedono in lui il riferimento autentico per un dialogo con il messaggio cristiano sincero.
Le molte testimonianze che ci ha lasciato nei suoi libri zampillano dalla vena profonda della sua anima e hanno la freschezza che disseta l’uomo moderno. Perenne testimonianza per tutti fu la luminosità del suo volto, in cui chi lo accostava poteva intravedere il vigore del Vangelo radicato nella sobria essenzialità dello Zen.
Padre Luciano descrive alcuni incontri avuti con p. Oshida che gli hanno permesso di conoscerlo più a fondo.
Giugno 1992. Una ventina di missionari saveriani erano riuniti nella casa di esercizi spirituali dei padri carmelitani a Uji, Kyoto. Il predicatore era padre Shigeto Oshida. Quello fu il mio ultimo corso di esercizi spirituali in Giappone, dato che un mese
dopo avrei dovuto far ritorno in Italia per nuovi impegni. Avevo trascorso 19 anni di vita missionaria in Giappone, e l’esperienza mi aveva preparato ad afferrare il cuore della testimonianza di padre Oshida e farla mia. Dal mio diario di quei giorni riesumo alcune frasi:
* incontrare Cristo è sperimentare Cristo!
* La missione è Cristo che cammina dall’esperienza viva di chi annuncia all’esperienza viva di chi ascolta.
* Il silenzio è entrare nel ventre di Dio.
* La fede è contemplazione.
* La risurrezione di Cristo è la sequela dei discepoli.
* La vita religiosa è amare l’altro senza sceglierlo.
* Imparare è vivere umilmente.
* La carità è gotaisetsu: ossia è il nobile (go) stimarsi (setsu) dandosi la mano (tai).
Padre Oshida urlava contro le usuali traduzioni giapponesi dei testi biblici, traduzioni banali senza il peso del messaggio. Traduzioni che svendono le parole di Cristo tradendone il profondo contenuto, parole che le parole umane solo possono indicare a patto che pudicamente creino l’atmosfera del silenzioso ascolto. Padre Oshida ci parlò a lungo del suo cammino giovanile nello Zen e come, percorrendo il silenzio dignitoso dello Zen, abbia subito creduto nell’uomo che morì sulla croce perorando il perdono universale. Il perdono è il silenzio del silenzio! Cristo è il cuore dello Zen.
In quei pochi giorni di esercizi spirituali, la mia ricerca religiosa e di conseguenza la mia testimonianza missionaria furono purificate da tante ridondanze e strascichi. Da allora lo Zen, cammino religioso della essenzialità semplice, mi fu caro, come parte intima di me, di me missionario di Cristo.
In Italia lessi alcuni libri di padre Oshida e uno dissodò la mia anima profondamente. Il titolo giapponese è “Harami to oto” ossia “La pregnanza e il suono”. Padre Oshida mi pregò di tradurre i suoi libri in lingua italiana. è un impegno che non ho ancora svolto.
Estate di uno degli ultimi anni dello scorso millennio. Incontrai padre Oshida a Romanella casa generalizia dei missionari saveriani. Il cardinal Pironio, presidente del pontificio dicastero per la vita religiosa, lo aveva convocato a Roma per ascoltarne i consigli circa il rinnovamento della vita religiosa, secondo la volontà del concilio Vaticano II. Il cardinal Pironio è un uomo di Dio, lo si vede nel volto. Ma l’ambiente in cui vive, con quella sontuosità, con quel sovrappiù, con quell’imitazione del mondo anche nella casa dove ha sede il progetto del rinnovamento religioso, tutto ciò quasi azzera la genuina testimonianza della persona. Perchè la persona è anche il suo ambiente. La nostra Chiesa oggi è tante idee, ma non è il suo vero ambiente!
Fine gennaio 1999. Ritornato in Giappone per un mese, mi recai al Tokyo Kokuritsu Byōin (Ospedale nazionale di Tokyo) per fare visita a padre Oshida, ospedalizzato a motivo di disfunzioni cardiache. Ormai i suoi occhi non potevano più vedere chiaramente. Mi raccontò l’incontro con il cristiano che fu l’inizio del suo approccio a Cristo. Come vidi quell’uomo cristiano, io già credevo. Non sapevo ancora i dogmi; ma già credevo. Ho creduto nei dogmi, perchè ho creduto nella testimonianza di un vero cristiano.
L’ANNUNCIO DELLA MORTE
Ecco la lettera giunta dall’eremo Sōan di Takamori con l’annuncio della morte del padre.
“Pace in Dio! Come a molti di voi già è noto, padre Oshida ha fatto ritorno alla casa del Padre la sera del 6 novembre, dopo aver lottato ben otto anni contro l’insufficienza cardiaca. Aveva alternato periodi dentro e fuori l’ospedale, mentre rimaneva impossibilitato di ritornare al suo eremo Sōan di Takamori per la rigidezza del clima. Trascorse quindi gli ultimi tre mesi già nel convento domenicano che sorge nella cittè di Takamori. Da lì, tuttavia, ha potuto gustare la bellezza di cui la natura riveste le montagne in autunno. Benchè ci siano stati dei momenti in cui le pene che dovette sopportare furono oltre il dicibile, partì da questo mondo in uno stato di profonda pace, traghettando all’altra riva mentre riposava in un sonno profondo.
Come il trapasso ebbe purificato ogni residuo di sofferenza, il suo volto si ricompose in una bellezza impressionante che noi che eravamo accorsi al suo capezzale non potremo mai dimenticare.
“Abbandono tutto in Dio, Dio è meraviglioso!”.
Da due giorni prima aveva cominciato a bisbigliare queste preghiere, contemplando dalla finestra della stanza la scena delle foglie che si staccavano dai rami e cadevano a terra. Infine, quel bisbiglio si tramutò in un inno: “Dio è meraviglioso! Dio è meraviglioso! Dio è meraviglioso! Amen! Amen! Amen! Amen!”. Queste furono le ultime parole che sgorgarono dalla profondità del suo essere.
Durante i quattro giorni che seguirono la morte, noi abbiamo riposto la salma nella cappella, dove la gente potè augurargli l’ultimo saluto dal profondo del cuore. La veglia funebre ufficiale ebbe inizio alle ore 16,00 del 10 novembre e fu protratta fino alle ore 10,00 del mattino seguente, quando ebbe inizio la messa funebre. Sia la veglia sia la messa funebre furono celebrate nel bosco sacro (Memorial wood) dedicato alle vittime delle guerre e delle invasioni. Tutti quelli che parteciparono rimasero fino al momento della sepoltura. Questa fu compiuta seguendo alcune volontà che egli aveva espresso: fu sepolto dietro la piccola statua della Vergine con in braccio il Bambino Gesù che sorge davanti alla cappella. Abbiamo ricoperto la nuda terra di foglie autunnali nei loro splendenti colori rosso, giallo, oro. Alcuni chicchi di riso, che erano stati benedetti durante la messa, furono riposti nella bara.
La stessa mattina, prima della messa, abbiamo portato la cassa con la salma presso la fontanella, per l’ultimo saluto. Questi e altri gesti compiuti nella celebrazione hanno rievocato molto bene la figura religiosa di padre Oshida. Erano tanti i convenuti a dare l’ultimo saluto, nonostante la pioggia battente e fredda. Alcuni erano arrivati da molto lontano: dall’Hokkaido, da una piccola isola del Kyushu e anche da Hongkong. Alla seconda commemorazione funebre che si tenne a Tokyo il 18 novembre i convenuti furono molto piè numerosi. Anche allora molti erano giunti da lontano e qualcuno aveva voluto non mancare nonostante il disagio di handicap fisici.
Ora, qui a Takamori, noi dobbiamo affrontare la sfida di continuare il cammino seguendo le orme di padre Oshida, senza indugio. Dobbiamo nutrire un profondo affetto verso l’insegnamento che abbiamo ereditato, e sforzarci. Vi chiediamo di accompagnarci con la vostra preghiera, affinchè possiamo seguire questo sentiero di Dio di cui padre Oshida ci ha indicato l’inizio.