Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni
* BEATO E SATANA
Nel vangelo ascoltato domenica scorsa Gesù chiamò il discepolo Simone “beato”; nel vangelo di queta domenica, che nel testo di Matteo segue immediatamente l’altro, Gesù chiama Simone “satana”. Simone era beato e satana, insieme. Ciascuno di noi è, insieme, beato e satana. Beato l’uomo quando ascolta la voce del Padre dal fondo della sua anima! Satana l’uomo quando ascolta la voce del mondo che lo alletta!
Simone è il discepolo che Gesù aveva costituito pietra della sua chiesa. Eppure, immediatamente dopo, Gesù lo chiama satana. Equivale a dire che noi possiamo, un momento prima, essere protagonisti di eccellente virtù, di nobile comportamento; e, subito dopo, precipitare nella bassezza dell’egoismo e della dissolutezza. Possiamo partecipare a un incontro di meditazione o di preghiera in cui sperimentiamo di toccare il cielo con il dito, e successivamente rinnegare con il comportamento ciò che prima abbiamo testimoniato. C’è, in noi, un incolmabile divario fra il richiamo alla santità e quello all’egoismo. Non sarà mai colmato attraverso il raggiungimento della virtù. Chi si posizionasse così di fronte alla tentazione che dimora in lui, si irrigidisce e precipita nel male dei mali che è la superbia dovuta al successo di non avere più il peccato dentro di sé. Non c’è che una via: quella del perdono nell’amore. Perdono continuamente ricevuto e continuamente dato. Perdono verso gli altri; ma, anzitutto, verso se stesso!
Perdon o che significa liberarsi dalla presunzione di non aver bisogno di perdono, di essere autosufficienti, di essere migliore dgli altri. Il perdono introduce nell’amore, non con il biglietto del vanto, ma con quello dell’umiltà. Amo, perché sono perdonato!
“Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.
Perdere la propria vita! È soprattutto perdere la presunzione di usare la vita per un guadagno o un successo proprio! È anzitutto accogliere che la vita non è mai stata una propria proprietà, di cui disporre a piacimento. Il silenzio dello zazen è via che introduce in questo messaggio.
Nessun tag per questo post.