和み地蔵 – Nagomi-jizō
Avrei voluto intitolare questa lettera “Il diritto dell’Io individuale e il cuore di madre natura”, in riferimento alla decisione del parlamento francese a inserire nella costituzione nazionale il diritto della donna all’aborto. Ho scelto un titolo più essenziale perché evoca ad una riflessione più ampia e anche più profonda e, a suggerirmi ciò, appunto è proprio il cuore. Infatti il cuore mi trattiene dal sentenziare, evocandomi le tante donne e anche uomini che si sono rivolti a me missionario in Giappone, donne e uomini anche non battezzati, e a me sacerdote in Italia, chiedendo purificazione e conforto per poter risorgere dalla ferita inflitta al corpo e all’anima dall’interruzione volontaria della gravidanza. Vibra fraterna commozione all’ascolto delle difficoltà che le sorelle e i fratelli attraversano, ma insieme palpita la speranza della vita che sempre può e vuole risorgere.
Per quanto ci è dato conoscere, l’essere umano è il fior fiore dell’evoluzione fisica e biologica, dotato di intelligenza, di volontà, capace di ergersi nel vuoto senza appoggi, e professare in libertà la sua fede e la sua speranza nella vita. L’essere umano può ideare valori e beni che ancora non sono e, tramite la fede e lo sforzo, porli in esistenza nel tempo che scorre. Ogni concepimento umano è novità sacra; eppure la natura stessa disperde molti semi umani già fecondati, gli aborti spontanei. La natura agisce così con tutte le forme di vita: la maggior parte dei fiori del ciliegio sarà portata via dal vento per cospargere di bellezza il terreno che dovrà nutrire la minoritaria porzione di fiori che giungerà a maturazione. In natura la maggior parte della produzione è per abbellire e solo una minoritaria proporzione per produrre frutto. Al contrario dell’attività industriale dell’uomo dove anche l’arte deve chinare il capo al profitto. Anche molti semi dotati della possibilità di generare nuova vita umana, la natura li regala come momenti di conforto e di intimità all’uomo e alla donna che, amandosi, devono sudare la crescita degli alcuni figli che a loro sono dati in dono.
Il concepimento di una nuova vita umana è un atto sublime nell’immenso attività della vita universale, un atto unico. Infatti ogni nuovo soggetto umano apporta nuovo pensiero e nuove scelte di volontà; può creare arte e generare speranza. Ovviamente può anche il loro contrario.
L’attività generativa provveduta dall’attrazione sessuale di cui è pregna la carne e l’anima umana, si dà in equilibrio solo in un rapporto religioso con la natura. Religioso = nel rapporto che lega. Infatti la vita si concepisce soltanto nel rapporto tra maschile e femminile. La vita non germoglia da una sola componente della vita. Il feto è patrimonio della donna e dell’uomo; meglio: è loro dato. Il feto non ha padroni, è una novità con dentro il germe della libertà.
Gli aborti nel mondo d’oggi sono senz’altro più numerosi che le nascite; in alcuni paesi l’aborto è imposto per legge dopo la nascita del primo o secondo figlio. Sul pendio di una montagna a Kamakura, già centro politico del Giappone medioevale, sorge il tempio Hasa-dera del Buddhismo della Terra Pura, il ramo buddhista – a mio parere – il più vicino alla religiosità popolare cattolica. Si inerpica in antri naturali della parete rocciosa dove scorre acqua sorgiva. In questi laghetti naturali sono immerse centinaia e centinaia di statuette di terracotta dette Nagomi-jizō. Nagomi (和み) è voce del verbo lenire, accarezzare; Jizō (地藏) letteralmente significa tesoro di terra. Nagomi-jizō sono i bambini morti di malattia, di fame, oppure non nati, che nel nascosto silenzio dell’aldilà congiungono le mani pregando pace per coloro che hanno avuto la possibilità di crescere ed operare in questo mondo. Le mamme che non hanno potuto far crescere il/la loro figlio/a modellano con terra iI loro Jizō nella fisionomia del bambino o della bambina morto/a o non nato/a, quindi lo ripongono nei laghetti di acque sorgive nel ventre della montagna, oppure in un ansa del ruscello che scorre nei campi. Sotto riporto la foto di un Jizō da me scattata in località Kumamoto, Sud Giappone. Chiamando in Google <Kamakura Hasedera Jizo> e clikkando <immagini>, sullo schermo compaiono varie scene dei Jizō in preghiera. L’immagine piuttosto sbiadita non evidenzia l’acqua sorgiva in cui i Jizō sono immersi. Invece l’acqua è ben visibile nelle immagini ottenute cliccando il lungo indirizzo link riportato a piè pagina dove la scrittura è giapponese, ma le immagini parlano al cuore senza il bisogno di parole.
Il diritto all’aborto sancito alle donne dalla costituzione francese è monotono, è un <a solo> desolato, è freddo senza la compagnia corale in cui la vita sgorga, scorre e versa nell’oceano dell’eternità. E’ un colpo di coda dell’illuminismo della mente sovrana senza il palpito del cuore. Vi manca il calore della coralità: della madre terra, dell’acqua sorgiva, del sudore del padre, e delle tante altre componenti della vita famigliare e sociale. La donna che abortisce come suo diritto individuale non si riconosce madre di un bambino/a non nato/a. L’aborto è maternità ferita, ma è maternità. Quante lacrime da quella ferita! Il riconoscersi madre del bambino o della bambina non nato/a è l’inizio di nuova vita che risorge. E’ “Nagomi”, è “Lenimento”, e le mani lenite forgiano di terra il proprio Jizō da affidare all’acqua sorgiva del ventre della montagna. E il piccolo Jizō di terra congiunge le mani e prega affinché coloro che sono nati e cresciuti in questo mondo abbiano a maturare frutti di giustizia, di pace e di gioia. Il destino di interrompere la gravidanza e quello del non poter nascere lega intimissimamente la maternità recisa e il germe reciso, come la madre e il figlio esanime della Pietà Rondanini. Simbolo della storia umana pregna di innumerevoli sogni recisi. Congiungiamo le mani in preghiera. La miriade di fiori si spande al vento e qualche bocciolo matura.
“In verità vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui” (Mt 11,11).
p. Luciano