Lunedì 29 aprile. Terminato il servizio liturgico del sacramento del perdono in Duomo, mi affretto al tram che mi conduce a casa (Via Palermo 11) per un sobrio pasto e quindi nuovamente alla chiesa di piazza San Babila sempre per il servizio liturgico del sacramento del perdono e dell’eucaristia. Il tram 14 che mi porta al sobrio pasto si blocca a metà della stretta e centralissima Via Broletto. “Oh! Minuti che mi sono sottratti!” esclamo a me stesso avvertendo una certa irritazione. Alla destra della stretta via Broletto sta una lunga fila di automobili parcheggiate sulle righe blue, quindi in perfetta regola; ma sui binari del tram è in sosta un camioncino color verde della nettezza urbana che non ha trovato alcun altro posto ove sostare. Seduto al primo posto del tram, quello riservato agli anziani, mi affretto a investigare chi o cosa fosse a ritardarmi l’arrivo al mio sobrio pranzo. Il giorno precedente Milano era stata tappezzata da volantini inneggianti il trionfo dell’INTER, e da tanto altro: bottigliette, involucri ecc. L’operatore ecologico, così oggi è chiamato il netturbino ossia chi cura la nettezza dell’urbe, con uno scopone continuava a raccogliere rifiuti e rifiuti dalla via, da tra le auto parcheggiate, dai marciapiedi. Riempiva la grossa pattumiera e la svuotava nel cassonetto e riprendeva ad operare nettezza. Come il sacco del cassonetto fu colmo, lo legò con lo spago e lo lanciò sul camioncino e quindi a stendere un nuovo sacco di plastica nel cassonetto, ad aprirlo e distenderlo con le mani, quindi a continuare a portare a termine la nettezza della bella Milano. La mia prima irritazione si era calmata; ero assorto ad ammirare la liturgia del netturbino ed imparavo come dir messa con calma, senza fretta, sfogliare le pagine del messale mentre sto parlando con Dio. Erano passati 7 minuti e il camioncino si mosse verso un centinaio di metri più avanti, ma anzitutto il netturbino offrì un inchino all’autista del tram dandogli la precedenza, ma era la precedenza dopo la precedenza della nettezza urbana. L’autista del tram era un giovane ed aveva atteso senza alcuna clacsonata. Anche le auto ferme dietro il tram, nessun clacson. Anche i passeggeri, nessun lamento. Forse solo il sottoscritto aveva assaporato una certa irritazione, ma subito calmata. Quella scena mi appariva qualcosa ancora in più che il film “Perfect days”. L’autista del tram era giovane e il luogo era Milano! Forse un giapponese avrebbe faticato ad accettare che da qualche altoparlante non ci fossero stati il previo avviso e le scuse per l’inconveniente dell’attesa di 7 minuti.
Quella scena continua parlarmi e anche questa lettera ne è una eco. Come tutto diviene possibile e come si svolge in rispettoso ordine… se si sosta a contemplare, ad osservare, ad ascoltare… anziché aggredire con sentenze e lamenti che esondano dall’orgoglio dei propri attaccamenti e delle proprie idee fisse!
Cos’hanno a che fare un netturbino che pulisce la città, e un giovane autista del tram che attende 7 minuti senza clacsonare, e i passeggeri del tram e gli autisti in coda dietro il tram, e quel sacerdote che sulle prime aveva perso un po’ la pazienza perché alle 14.30 non aveva ancora pranzato e doveva ancora andare a confessare, cos’hanno a che fare con la festa dell’Ascensione del Signore che oggi, 12 maggio, la liturgia celebra?
Il Vangelo secondo Luca, letto per l’Ascensione nelle messe ambrosiane, narra dell’unico (secondo Luca) incontro di Gesù risorto con gli undici apostoli (Giuda si era tolto la vita). Questi, sbalorditi, pensavano di vedere un fantasma. Allora Gesù li invita a toccate le sue mani e il suo costato feriti. Era risorto con le ferite! Se le sarebbe portate con sé per l’eternità. Chiese qualcosa da mangiare e gli fu servito un pesce. Quindi lasciò loro tutta la sua testimonianza riassunta in due parole: la conversione e il perdono che sono gli unici valori che oltrepassano il limite del tempo o, meglio, che travasano il tempo nell’eternità e viceversa. La conversione è girare lo sguardo verso l’altra parte e il perdono è constatare che tutto è per-dono che va e che viene.
“Sconvolti e pieni di paura credevano di vedere un fantasma” (Lc 24,17).
Il libro di turno per la mia lettura in questi giorni è “Il nano e il manichino – il cuore perverso del cristianesimo” di Slavoj Zizek. A parte il sottotitolo provocatorio, vi scopro tante considerazioni che non posso non condividere, in particolare nel capitolo “Dalla legge all’amore… Il ritorno”. Vi leggo: “L’ultima menzogna del cristianesimo è che esso sopporta il proprio messaggio <ufficiale> di pace interiore e di redenzione con una eccitazione patologica, vale a dire, la fissazione per il corpo sofferente e mutilato di Cristo. Il termine stesso passione è qui rivelatore nella sua ambiguità: passione come sofferenza, passione come… se la sola cosa che potesse far sorgere la passione fosse il triste spettacolo della sofferenza passiva” (p. 138-9).
In altre parole, è la devozione degli undici apostoli che ritenevano un fantasma il risorto. In molti cristiani il Signore Gesù che attraversa la loro vita è quello esanime, che implora la loro compassione. Il Signore Gesù risorto: un fantasma! Quindi fantasma la speranza, fantasma il regno di Dio che è giustizia, pace e gioia nello Spirito. Quindi fantasma anche il se stesso risorto, ma piuttosto un se stesso che si gusta il continuare darsi delle colpe.
La devozione cristiana <ufficiale> è patologica, afferma il filosofo sloveno. “Sono stati i miei peccati, Gesù mio, perdon pietà” si canta nella Via Crucis. E se, cambiando la direzione dello sguardo, ossia convertendoci, rivolti a Gesù cantassimo che è stato il suo amore a fargli portare la croce? “Dio è amore” (1 Gv 4,8): quindi ama.
Dopo una tradizione cristiana che è partita dal peccato originale, il peccato che precede la nostra esistenza facendoci nascere già peccatori da commiserare, ci convertissimo alla tradizione cristiana che parte da Dio che è amore, amore che precede i nostri stessi peccati, per cui gli stessi nostri peccati si danno nell’amore di Dio che tutto precede e com-prende? E’ un semplice guardare o partire da un’altra parte. Eppure tutto cambia.
Il netturbino puliva la città calmo e composto… pur consapevole che il giorno dopo sarebbe ritornato a pulire. Proprio perché consapevole che il giorno dopo lui stesso sarebbe ritornato a pulire, puliva la città calmo e composto.
Che il credere che Gesù risorto non è un fantasma sia la stessa cosa che credere che anche se stesso risorto non è un fantasma?
Nell’atmosfera rumorose idee fantasma di pace, ma le città e le campagne sono realmente distrutte.
p. Luciano
Chi vuole, per ulteriore approfondimento, può ascoltare l’omelia offerta dal sottoscritto per la festa dell’Ascensione.
https://drive.google.com/file/d/1MgF-J6wx1xIV2FqZ3MSym5NE4z5mD5zG/view?usp=drivesdk
(possibile iscriversi per l’omelia settimanale comunicandolo a Giulio Brollo <gilobro@gmail.com>
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