«State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. É come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».
* Cominciare dalla fine
In questa domenica, che segna l’inizio di un nuovo anno liturgico, la Chiesa legge il Vangelo che Gesù ha pronunciato alla fine della sua vita terrena. Come mai cominciare dalla fine? Prendendo un esempio dalla vita ci possiamo chiedere: perché i nonni stanno così volentieri con i nipotini e questi con i nonni? Cos’è che lega l’inizio e la fine della vita, al punto che solo guardando dalla fine si capisce l’inizio? Solo dalla morte di una persona si capisce fino in fondo il valore della sua esistenza?
Cominciare dalla fine per la ragione umana è un controsenso. In un cammino religioso, invece, ha un profondo significato. È come guardare l’avvicendarsi del giorno e della notte da un punto alto nel cosmo. Quello che per noi è così assoluto, visto dal cielo è relativo e inconsistente. Chissà come vede Dio il tempo che noi, con tanta precisione, suddividiamo in inizio e fine! Ogni anno la Chiesa comincia il nuovo anno liturgico con il Vangelo che parla della fine: è un koan.
“Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Avvicinandoci alla fine, ritorniamo all’inizio. È come affermare che invecchiando si ringiovanisce. “State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”: questo comando di Gesù ci sembra più una minaccia che una buona novella. Perché il Signore ci nasconde quel momento? Noi ci aspetteremmo che egli venisse ad avvisarci della morte vicina, per darci il tempo di metterci a posto per il paradiso. È così che noi interpretiamo la misericordia divina. Ma è proprio misericordia? Proviamoci a dare un nome inequivocabile alla nostra aspettativa: è devozione oppure presunzione? L’incontro con Dio comincia da dove finiscono le nostre aspettative e calcoli.
È molto importante vegliare praticando il silenzio del corpo e della mente. Quando lo pratichiamo, stiamo davanti a Dio come un albero sta sotto il cielo. Lo Zen propone al mondo la pratica dello Zazen: il silenzio del corpo e dello spirito. È una pratica stupenda, in sintonia col comando di Gesù: vegliate. Lo Zazen educa l’uomo a risiedere nel momento che vive, senza camuffamenti. È l’atteggiamento dell’ Avvento: l’attesa che coinvolge il corpo e lo spirito.
«Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!». Vegliare significa affrontare la realtà senza scomporsi, attenti a scorgere il profondo significato. Esempio di vigilanza è la capanna di Betlemme: povera, disadorna, ma con la porta aperta. Dobbiamo essere aperti alle sollecitazioni e alle critiche che ci vengono dagli altri.
La notte, tempo della vigilanza, è giorno che finisce e giorno che comincia.
padre Luciano
Un antico testo, il Sutra del Nirvana, dice:
“Se aspiri a conoscere la natura autentica nel suo modo giusto, in verità devi osservare il rapporto con il tempo. Quando il tempo arriva, la natura autentica si presenta”.
Aspettare il tempo che viene: credo possa essere una buona descrizione dell’atteggiamento di fondo della persona che non vive solo per ricavare soddisfazioni dalla vita, ma piuttosto per dare pienezza di vita al momento che sta vivendo; credo possa essere una buona descrizione dello stare fermi senza deviare dal centro della propria vita, che è l’aspetto essenziale e concreto della posizione insegnata dal Buddismo Zen Aspettare il tempo che viene significa essere sempre presenti, perché il tempo viene sempre. Non c’è un momento che non sia tempo che viene. Non vuol dire guardare come si guarda la corrente del fiume dal parapetto del ponte; ma essere portati dall’onda stessa che viene.
Vigilare è riconoscere il tempo che viene e riconoscere il tempo che viene è l’unico modo per non farsi travolgere dall’onda. Non è prevedere in anticipo cosa accadrà, ma conoscere i preparativi giusti da fare nel momento presente. L’Avvento comincia con l’annunzio della fine. La certezza della propria morte è il dato universale che tutti accomuna: da quel punto conviene partire per seguire il senso della vita… Prepararsi a morire è vivere la vita fino in fondo.
Jiso
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