E’ vero, come sembrano dimostrare anche le esperienze di morte apparenti o pre – morte ( sulle quali sono stati condotti studi interessanti ), con la morte viene liberato il nostro spirito, questa nostra natura profonda o questa parte migliore di noi, che è divina, (per cui assomigliamo a Dio ) e che perciò ci rende finalmente capaci di cogliere il divino, l’Aldilà, come afferma S. Giovanni: Noi saremo simili a Lui… lo vedremo così come Egli è.Bene, però mi chiedo: – Perché aspettare la morte?
Noi fin d’ora possediamo dentro di noi, nel nostro intimo profondo questo meraviglioso tesoro ( come lo chiama P. Anselm Grun ), che spesso ha difficoltà ad emergere, perché ricoperto o soffocato da tante cose a volte fuorvianti.
Se è così, perché non renderci consapevoli che dentro di noi c’è questa meravigliosa realtà e perchè non coltivarla? Ma come?
Tenterò, come ne sono capace, di rispondere al “come coltivarla”, naturalmente, dal mio punto di vista, in base cioè alla mia esperienza. Oso tentare, perché ci credo…
La si può coltivare e far emergere attraverso momenti di silenzio, di riflessione; magari,( per chi se la sente o ne è capace ) attraverso momenti di preghiera spontanea e personale;cercando, appena è possibile, di fermarci un po’, di “staccare la spina”, in tutto questo correre e agitarsi di oggi, di ritagliarci , cioè, magari ogni giorno, un po’ di tempo per…meditare, per esempio… lasciando che la propria vera natura si manifesti e operi. Questo “ lasciare che…” , “questo sgombrare dolcemente il campo, (lasciando andare i pensieri che vengono) per aprirsi a”…, oltre che distensivo e liberatorio, è molto importante e determinante perché possa emergere la nostra vera natura.
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